Fra tanti Oscar brillanti, a quando quello per gli stunts?

Anche quest’anno la kermesse degli Oscar è conclusa con i giusti (o ingiusti) vincitori e vinti. La notte sfolgorante cede il passo ai gossip del giorno dopo mentre ancora una volta nessuno ha parlato di quello che è successo il pomeriggio del 24 febbraio scorso e a Beverly Hills, Los Angeles.

Il sole splende sul palazzo dell’Accademia del cinema; di fronte ad esso una folla si è da poco radunata, fra di loro scorre eccitazione e speranza, ma non sono gli imminenti Oscar 2016 a rendere elettrica la gente: quell’attesa fremente è per la categoria che più di ogni altra è stata esclusa, in tutta la storia del cinema, da qualunque riconoscimento per il suo lavoro, gli stunts e stuntsdouble, detti da noi “cascatori” o controfigure.

Questa protesta, a pochi giorni dal grandioso red carpet, si è espressa pacificamente da parte di quei lavoratori dello spettacolo, interpreti di prestazioni mirabolanti, che non hanno mai ricevuto alcun riconoscimento da parte della Film Academy.

Ogni giorno, infatti, una schiera di attori rischia la vita per offrire emozioni agli spettatori, dimostrando doti di audacia e performance eclatanti.
Sono quelli che si schiantano su di un parapetto a folle velocità, si buttano col paracadute o si danno fuoco in incredibili giochi pirotecnici e che sono quasi ignorati dall’industria cinematografica, ma nei confronti dei quali, a tutt’oggi, l’Academy of Motion Picture of Arts and Science ancora non si pronuncia a favore dell’istituzione di una categoria specifica a loro nome.

Ma l’aspettiva degli stunts di veder riconosciuto il proprio talento all’interno di una categoria istituita ad hoc, è cresciuta negli anni, mentre si manifestava già l’impazienza nel 2005, quando cinque fra le più importanti associazioni USA di rappresentanza di questi artisti, promossero un comitato ufficiale: Stunts unlimited, Brand X, The Stuntmen Association of Motion Picture e l’International Stunt Association, Stuntwomen Association e presentarono una mozione all’Accademia del Cinema.

Perchè non si tratta di differenze di colore di pelle o di genere, ma è un’intera classe di lavoratori dello spettacolo ad essere esclusa immotivatamente da un suo diritto” – ribadisce Jeff Wolfe, presidente di una di queste associazioni e lui stesso in prima linea per denunciare l’insensibilità di cui è fatto oggetto questo settore artistico.
E Conrad Palmisano, membro dell’Academy e stuntman veterano, incalza: “È un’insulto alla nostra professione!”

Nel 2011, le speranze si erano riaccese, ma ancora una volta la mozione era stata bocciata dalla Film Academy, forse perché a rappresentare questa categoria di artisti dello spettacolo, tra i membri dell’Academy, erano solo 20 professionisti cascatori: troppo pochi per poter rappresentare una categoria “e senza una categoria riconosciuta, non si possono ricevere nominations”, conclude tristemente Palmisano.

E l’attesa perdura immotivatamente da troppo tempo, perché tra gli stuntmen non serpeggi l’idea che l’Accademia del cinema desideri evitare di oscurare la fama di tante famose stars di Hollywood, che si servono di controfigure in moltissime sequenze cinematografiche.

Gli organizzatori dell’Academy ribattono che “il tempo a disposizione per istituire una specifica categoria, in grado di concorrere quest’anno, era davvero troppo poco” e, se da un lato questa appare un’assai debole giustificazione, dall’altra accende la speranza che sussista finalmente una volontà di provvedere ad un nuovo ordinamento che includa la neocategoria.

La presidentessa dell’Academy, recentemente eletta, sembra volersi fare carico del problema, anche se per ora appare più preoccupata delle mancate nominations per gli afroamericani nei recenti Oscars… e questo appare davvero sorprendente visto che, nella vastissima categoria degli stunts, milita gente d’ogni razza e di ogni genere, senza che questo abbia mai destato alcuna preoccupazione.

Solo poche ore fa Hilary Clinton twittava a proposito delle polemiche razziali sugli Oscars : “Troppo talento viene tenuto in disparte. In ogni industria possiamo fare ed aver bisogno di fare del nostro meglio”.
Ci auguriamo che per estensione possa essere applicato anche alla categoria degli stunts.

Chi ha assistito alla manifestazione pacifica degli stunts, che indossavano abiti di colore azzurro ed agitavano altrettanti cartelli azzurri, è apparso favorevolmente impressionato dalle loro rivendicazioni, come pure il popolo del web, che ha potuto partecipare guardando alcuni filmati amatoriali.

Purtroppo l’assenza in loco di una raccolta di firme a sostegno della petizione on line “Stand up for stunts”, presentata dalle maggiori organizzazioni, è stata un’occasione perduta, ma dimostra anche come la protesta si sia manifestata in forma spontanea.

La rivendicazione degli stunts è apparsa veemente anche nel discorso del Presidente dell’Associazione Stuntmen (lui stesso stuntcoordinator di professione, vincitore del premio Emmy per il lavoro nella serie tv “Revolution”) che, in piedi a fianco i suoi colleghi, sulle scale dell’Accademia, ha ribadito come da oltre novant’anni agli stunts non sia stato tributato alcun tipo di riconoscimento; lo ascoltiamo parlare mentre i visi degli astanti, un popolo eterogeneo, animato dalla stessa voglia di lavorare ad un buon cinema, si accendono di una speranza nuova:

 “Da quasi 90 anni l’Accademia del Cinema ha disconosciuto intenzionalmente gli stunts ed i loro contributi al mezzo cinematografico e televisivo, che tutti noi amiamo e per cui letteralmente diamo il sangue. Qui non si tratta di colore di pelle o differenze di genere. Stuntmen e stuntwomen di qualsiasi classe sociale, sono stati oggetto di questa mancanza di riguardo per il significante contributo ai film che vediamo. Dopo tutto cosa sarebbero stati i film senza azione?”

Forse questa sarà la volta buona, per questi magnifici artisti sinora dimenticati, di varcare i gradini dell’Academy!

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Fulminata sulla via della recitazione a 9 anni, volevo fare la filmmaker a 14 e sognavo la trasposizione cinematografica dei miei romanzi a 17. Solo a 18 anni ho iniziato a flirtare col cinema d'autore ed a scrivere per La Gazzetta di Casalpalocco e per il Messaggero, sotto lo sguardo attento del mio​ indimenticato​ maestro, il giornalista ​Fabrizio Schneide​r​. Alla fine degli anni 90, durante gli studi di Filosofia prima e di Psicologia poi, ho dato vita ad un progetto di ricettività ecologica: un rifugio d'autore, dove gli artisti potessero concentrare la loro vena creativa, premiato dalla Comunità Europea. Attualmente sono autrice della rubrica "Polvere di stelle" sul magazine art a part of cult(ure) e collaboro con altre testate giornalistiche; la mia passione è sempre la sceneggiatura, con due progetti nel cassetto, che spero di poter realizzare a breve.

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