Libri Come #12 Roma (e le altre città). Tutte le frontiere di cui siamo capaci

Libri Come - foto Milvia Comastri

Domenica sera sono tornata a casa con la febbre. Era l’ultimo giorno di Libri Come – Festa del libro e della lettura dedicata quest’anno a Roma (e le altre città). Adesso è già martedì: sono fiacca ma in ripresa, e sto qui che fisso un foglio bianco di Word. Ho letto su Facebook che la mia migliore amica è al sicuro. Anche altri amici e conoscenti che vivono a Bruxelles stanno bene.

Se proprio qualcosa bisogna raccontarla – e dopotutto sì, bisogna – provo a farlo attraverso la parola che penso possa essere la miglior guida: frontiera. Che si è manifestata come segue.

Sabato 19, alle 12, è stato ospite di Libri Come lo scrittore e sociologo francese Frédéric Martel, autore di Smart. Inchiesta sulle reti (Feltrinelli, 2015). A condurre l’incontro, intitolato Le città virtuali, la giornalista Loredana Lipperini. Il lavoro di Martel è consistito nell’andare a vedere come internet, dalla Cina all’Africa alle Americhe, viene usato. E ci dice: “Dalla Silicon Valley ci vogliono far credere che siamo immersi in una conversazione globale, che le lingue sono sempre meno importanti (retropensiero: perché tanto l’unica che conta è l’inglese) e che non esistono più frontiere. Ma non è così, anzi. Quello che ho visto, durante la mia inchiesta sul campo, è che internet è frammentario, online gli utenti parlano nella loro lingua madre e le frontiere seppur simboliche rimangono”.

Sempre sabato, alle 17, c’è stato l’appuntamento Come Roma: dalla TV a Twitter con Diego “Zoro” Bianchi e tutta la banda di Gazebo, programma in onda su Rai Tre nella seconda serata di giovedì e domenica (“domedì” per gli habitués). Sullo schermo sono scorse le immagini dello scandalo di Mafia Capitale (“ma ve la ricordate Mafia Capitale?” dice Zoro, ironico, prima di lanciare il video con lui nei panni di “er Ciaspola” e Vinicio “il Freddo” Marchioni), di certi errori grammaticali e dello scambio di tweet tra Atac e i cittadini romani. Non sono mancate le battute sulle elezioni capitoline (“quanti candidati Sindaco ci sono in sala?”, chiede Zoro), tanto più che in platea c’era anche Roberto Giachetti (il siparietto, che dalla galleria mi era parso solo divertente in modo divertente, c’è chi l’ha raccontato in modo strano). Ci sono state anche, perché Gazebo le ha sempre raccontate, le frontiere. Quelle fisiche, fatte di recinzioni, militari, persone in fuga, fango, scarpe, binari del treno, tende; e speranza, pure, in fondo al vaso.

E alla fine una cosa che è successa all’inizio. Il 18 marzo, alle 20, è stato presentato fuoribordo, l’inserto curato da Alessandro Leogrande del settimanale Pagina99 che da novembre 2015 è tornato in edicola, tutti i week-end. A scuola ci hanno insegnato a non andare fuori dai margini, scrivendo. In fuoribordo succede che le parole e le storie abbiano più spazio di quello consueto per un giornale, per un articolo; il tempo per l’approfondimento si dilata e pure il linguaggio cambia in qualcosa. Trattasi, in termini tecnici, di long-form journalism, una terra di mezzo tra articolo e racconto. Anche le parole hanno le loro frontiere, ma quelle non lo sanno, scavalcano e fioriscono chissà dove, altrove.

Mentre finisco di scrivere, intanto è mercoledì, un mercoledì ventoso, e stamattina mi ha punta una vespa. Ho gridato perché mi sono spaventata. La puntura mi ha presa alla sprovvista, così come il dolore, e poi non vedevo bene, non capivo. Potrei leggerci un’epifania, ma non è che veda bene, che capisca.

Una preghiera per il Belgio, e per chiunque abbia provato, stia provando e proverà paura. Coraggio.

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Giornalista pubblicista dal 2012, scrive da quando, bambina, le è stato regalato il suo primo diario. Ha scritto a lungo su InStoria.it e ha aiutato manoscritti a diventare libri lavorando in una casa editrice romana, esperienza che ha definito i contorni dei suoi interessi influendo, inevitabilmente, sul suo percorso nel giornalismo. Nel 2013 ha collaborato con il mensile Leggere:tutti ma è scrivendo per art a part of cult(ure) che ha potuto trovare il suo posto fra libri, festival e arti. Essere nata nel 1989 le ha sempre dato la strana sensazione di essere “in tempo”, chissà poi per cosa...

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