Getulio Alviani e Giuseppe Gallo. Due sole opere ed è già S.U.P.E.R. Da Bibo’s Place di Todi

Giuseppe Gallo, Torno al disordine, 2014

S.U.P.E.R., acronimo di SALVIFICHE UNICITA’ PER EMPATIE RAPACI, è l’originale titolazione della mostra alla Bibo’s Place di Todi. Essa rivela una collettiva che pare a metà strada tra selezione di (ampio) magazzino e scelta curatoriale esuberante, fatta di lavori di maestri storicizzati in dialogo con quelli di artisti più giovani, nel segno distintivo della galleria e atta a predisporre una disinvolta panoramica sulla bellezza e il senso di molta ricerca contemporanea.

Così, e come sempre l’arte fa, si producono empatie (talvolta antipatie: può accadere): nel caso dell’opera tridimensionale (e museale!) di Getulio Alviani, allestita al centro della sala grande del luogo espositivo, pure sinestesia. Sembra, infatti, di percepire il vento sibilare dalle superfici speculari curve della grande scultura installativa del maestro dell’Arte Programmata e Gestaltica.

La brezza, entrata dalle finestre aperte sulla vallata ai piedi della città umbra, via via quasi si fa suono accarezzando le alte lamine concave e convesse di questo totem d’acciaio. La sua staticità appare dinamismo e su questo dispositivo optical – perché tale è questa struttura – ci si può specchiare: ci si intravede allungati o spezzettati, parvenze o più realistiche figurazioni. E’ un invito al gioco: con il riflesso si sé e dell’estensione intorno, e partecipazione all’opera aperta (Umberto Eco docet). E’ Lo spazio dell’immagine (1964: stesso anno dell’invito di Alviani alla Biennale di Venezia) che prevede occhio reattivo / the Responsive Eye (ha tale titolo l’ormai mitica mostra al MoMa di New York del 1965), in accordo con la mente; è condensamento della luce, misura del tempo, invito al viaggio in un ambiente concreto e immaginifico allo stesso modo… Questo e altro ancora sono riassunti in un qui e ora che muta perennemente, si perpetua e conferma la grandezza di un artista, di una sua creazione, di una ricerca che ancora tanto dice in assenza di parole.

Calabrese di stanza a Roma dal 1976, Giuseppe Gallo si stabilisce all’ex pastificio Cerere  nel quartiere San Lorenzo. In questo luogo, dove c’erano alcune abitazioni e gli studi di artisti, che divenne una sorta di esperienza laboratoriale per molti giovani autori, Gallo si incontra  con Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Nunzio (di Stefano), Piero Pizzi Cannella, Marco Tirelli: sodali con affinità elettive e di ricerca visiva tanto da essere riuniti in un cosiddetto gruppo o una scuola – che scuola non fu mai – con nome derivato dal quartiere in cui si riuniva (appunto, San Lorenzo).

Personalità autonoma e artista originale, deve la sua puntuta attenzione alla natura probabilmente alla famiglia: al padre apicoltore, ma anche architetto, restauratore e artista, e alla madre che aveva il pollice verde e un orto; anche la connessa aderenza alla materia (encausto, cera, olio,  bronzo…; pigmenti… tinte…) e la sensibilità per  la struttura delle cose derivano forse da quella prima formazione paterna che è poi decantata, si è fatta indipendente ed è infine maturata nel territorio dell’arte. Materiali, segno, colore si fondono in un peculiare linguaggio in cui forma e contenuto coincidono (come sempre dovrebbero) in composizioni di forte impatto visivo. Seduttivo. Vivaddio.

Nella sua vastissima produzione un’opera in particolare è motivo di analisi. Un quadro che (ci) fa galleggiare nel rosa carnicino e circonda di simbolico blu, dicendoci di una scelta: quella del ritorno al disordine (Torno al disordine è il suo titolo; anno 2014). Abitualmente, prevale l’idea – rintracciabile in molte discipline  e scienze, e nella Filosofia classica – che l’ordine abbia valenza positiva, di Bene, e il disordine negativa di Male, o di non Bene; all’uno si dà accezione di prevedibilità, all’altro di imprevedibilità. Una visione dualistica rivoluzionata dalla Fisica quantistica e dalla Teoria del caos e una certezza di legame ordine-prevedibilità messa in discussione dal Principio di indeterminazione. Insomma: possiamo tranquillamente tornare al disordine se rifugiarsi nell’ordine non assicura regole fisse, principi assodati, conta precisa dei fatti e relazione indubitabile di causa ed effetto. Esiste un disordine nell’ordine e un ordine nel disordine. L’uno non può, proprio non può esistere senza l’altro; e viceversa. (come sembrava suggere anche Alighiero Boetti con Ordine e disordine). Ciò perché tutto ciò che è tangibile, uomini compresi, ha bisogno del disordine per organizzarsi, per diventare sistema (da Edgar Morin, La méthode / il  Metodo – I tomo, 1977, II tomo, 1980, Paris). Affidarsi al disordine è accettare di vivere tutte le variabili che la vita ci apre, che la Natura complessa contiene in sé; è scegliere una strada aperta, avventurosa, ma comunque solida, che punta a tante direzioni possibili in ognuna delle quali lo stato primordiale e la materia pulsante e dinamica si spalancano a noi in tutta la loro bellezza e ricchezza strutturale.

“Torno al disordine” è, come tutta l’arte di Giuseppe Gallo,  pittura impastata di lirica sensibilità e dal fortissimo abbraccio con la materia che non è solo tramite di una forma-pensiero ma di trasformazione, con rimandi – inevitabilmente alchemici – al ciclo della natura e alla sua estensione cosmica: che è disordine ordinato.

Info

  • S.U.P.E.R. – SALVIFICHE UNICITA’ PER EMPATIE RAPACI
  • Alviani, Arman, Basilé, Biasi, Braque, Camporesi, Canevari, César, D’Elia, Dorazio, Fontana, Gallo, Hartung, Indiana, LeWitt, Mansurov, Mastrovito, Morandi, Novello, Ontani, Piccolo, Pistoletto, Pizzi Cannella, Sanfilippo, Sorokina, Vautier
  • fino al 10 luglio 2016
  • BIBO’S PLACE
  • Piazza Garibaldi, 7 – Todi
  • Orari: sabato 10,30-19,30 – Gli altri giorni su appuntamento contattando il 335.8420442 o scrivendo a info@bibosplace.it
  • Contatti: tel. 075.3721507
  • www.bibosplace.it

 

 

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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