Fabio Pistillo. Fine del paesaggio

La mostra Fine del Paesaggio presenta un nuovo nucleo di lavori di Fabio Pistillo (Roma, 1973), quindici in tutto, realizzati tra 2015 e 2016.

Esemplari di una poetica sempre in divenire ma nitida e rigorosa, imperniata sui termini di ricerca, osservazione, distillazione del pensiero e dell’immagine, i lavori sviluppano una narrazione minima che progressivamente si percepisce, procedendo dai cinque dipinti posti vicino all’ingresso della galleria (AOC F58  di Roma) fino ad arrivare ai dittici della parete opposta che dicono, per piccoli segni e sopravvissute tracce iconiche, di un paesaggio lontano e appena accennato, fatto di colline, pendii, silenzi.

Fine del paesaggio è titolo suggestivo, a siglare non ipotesi definitive circa l’impossibilità di far pittura di natura né, tantomeno, un distacco dalla pittura a favore di pratiche collagistiche. È, semmai, accenno poetico a una visione rarefatta, liminare, intrisa di echi di sospensione metafisica, del ricordo della spazialità paesaggistica morandiana, della poesia dei luoghi o dei frammenti d’Atlante di Luigi Ghirri.

Come nota la curatrice della mostra Francesca Gallo nel testo d’introduzione, in questi lavori di Fabio Pistillo il dipingere risulta quale “citazione, scrittura, cancellazione, mascheramento di figure preesistenti”; la pagina stampata, ancora, laddove appare come elemento di contraltare alle campiture di colore opaco, è “supporto dialogante con la composizione sfruttando le trasparenze del medium”.

Nelle tavole che aprono l’esposizione, una pittura di fondo quasi impercettibile – dai toni smorzati, mirante alla campitura pura – dialoga con piccole stampe (talora ritoccate a china o operate con ritagli ovoidali) o elementi evocativi quali una piccola busta celeste, barrata da un incongruo segno nero che apre ad associazioni d’idee, nessi poetici. È questo il caso di S.T. (cavallino), del 2016, in cui l’elemento che identifica la composizione, pur mantenuta nel limbo del senza titolo, è l’immagine stampata di un cavallino bianco, ruotato, che introduce alla suggestione quasi rodariana del S.T.(mano), 2016, suo possibile pendant incentrato sulla tensione tra figura e sfondo o, meglio, sulla negazione di quella tensione stessa, grazie alla banda nera che segna in alto la tavola attivando il fondo rispetto all’asimmetrico accostamento delle immagini in primo piano e non relegando la campitura al ruolo, statico, di background.

L’immagine è così partecipe di una dialettica diradata che può rammentare la semplice – eppure, a suo modo, regolata – disposizione di certi ex voto, nei quali l’elemento iconografico pare fluttuare su campiture neutre, senza ricercare alcuna particolare evidenza segnica o semantica.

All’angolo della parete un altro senza titolo esplicita un movimento di copertura, di stesura pittorica fluida che lascia emergere, al modo di impreviste finestre sovrapposte, porzioni di paesaggio identiche, fronde d’alberi. È quella “schermatura alla vista” alla quale fa cenno la curatrice o forse, ancora, una velatura che isola e protegge lasciando apparire il frammento, l’elemento sospeso senza tempo né spazio. Quest’aspetto si coglie anche nei tre neri, di piccolo formato (ciascuno 30 x 40 cm.) allineati su una piccola parete di fronte: la stesura a tempera qui agisce in modo opposto eppur complementare a quanto osservato nelle tavole fin qui ricordate, giacché attiva la dialettica tra campitura e figura preservando dalla fissità del campo cromatico solo piccole preziose porzioni di ciò che indoviniamo essere, ancora una volta, un paesaggio.

La mostra risulta dunque raffinata, equilibrata nella partitura e negli accenti; testimone di una “pittura come fatto mentale” dalle solide radici ma dalle leggere, aeree, diramazioni.

Sarà possibile visitarla fino al 20 maggio, ogni pomeriggio dalle h.17 alle 19 (il sabato su appuntamento; domenica chiuso) in via Flaminia n. 58.

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Storica dell’arte, curatrice e critica freelance, dopo la Laurea Magistrale in Storia dell’arte contemporanea al DAMS di Palermo si è diplomata alla Scuola di Specializzazione di Siena con Enrico Crispolti, con un lavoro monografico sull’artista Francesco Simeti. Attualmente è cultrice di materia e dottoranda all’Università della Tuscia. Dal 2008 al 2012 ha assistito Sergio Troisi alla direzione artistica dell’Ente Mostra di Pittura Contemporanea “Città di Marsala”; ha collaborato con Riso – Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, con la GAM di Palermo e altre realtà pubbliche e private.

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