Sense e Sound. Fluxus Music, Scores e Records in the Luigi Bonotto Collection. Con intervista a Patrizio Peterlini

ph. Martina Buglioni

Suoni ripetitivi e gesti quotidiani, rumori e azioni incomprensibili a coloro che non son prossimi all’ambito artistico contemporaneo. Performance geniali, risalenti alla seconda metà del XX secolo, oggi ri-vissute grazie all’amore e alla passione di chi ha sempre creduto nel fare artistico sperimentale, ma mai scontato, di coloro che diedero vita a Fluxus. Il movimento è sorto grazie alle lezioni impartite da John Cage (Los Angeles, 1912 – New York, 1992) alla New Schoool for Social Research di New York tra il 1956 e il 60 – dove esposte i concetti fondamentali del suo impianto teorico ovvero il caso, l’indeterminatezza ed il silenzio – alle quali erano presenti artisti che non avevano alcuna preparazione a livello musicale in quanto provenienti da una formazione pittorica come Allan Kaprow, George Brecht, Al Hansen, poetica come Jackson Mac Low, e ancora Dick Higgins, Toshi Ichiyanagi, Robert Whitman, Robert Watts ed altri.

Immersa in questa scia di vibrazioni sonore e visive, che ininterrottamente si alternano all’interno dello spazio AuditoriumArte, lascio trasportare la mia mente al ricordo delle loro esibizioni pubbliche presentate come concerti col fine di demolirne la classica nozione, le tradizionali forme e contenuti, le convenzioni d’ascolto e gli obsoleti valori culturali connessi alla musica.

A poco a poco ritorno a oggi, venerdì 6 maggio 2016, e all’inaugurazione della mostra Sense Sound/Sound Sense. Fluxus Music, Scores & Records in the Bonotto Collection, progetto espositivo a cura di Patrizio Peterlini e Walter Rovere con la collaborazione di Giorgio Maffei, visibile presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma fino al 2 luglio 2016.

L’esposizione, nata dalla collaborazione tra la Fondazione Bonotto e la Fondazione Musica per Roma, si prefigge l’obiettivo di proporre una prima riflessione sulle partiture musicali, sui dischi e su la notazione musicale in ambito Fluxus. Sperimentazioni scaturite non solo grazie al citato vate della musica contemporanea John Cage, ma anche a quelle concepite nell’ambito delle prime avanguardie come le poesie onomatopeiche di Filippo Tommaso Marinetti, l’Intonarumori di Luigi Russolo ed i Ready-Made di Marcel Duchamp.

E’ possibile far risalire la nascita di tale corrente attorno al 1962 ovvero quando, dopo le prime manifestazioni presentate da George Maciunas alla Galleria A/G di New York nel 1961 organizzate col nome di Musica Antiqua et Nova, fu ideato l’ambizioso tour mondiale del Festum Floxorum Fluxus partito dallo Städtische Museum di Wiesbaden e a cui parteciparono George Maciunas, Nam June Paik, Emmett Williams, Dick Higgins, Wolf Vostell, Alison Knowles, Ben Patterson, Robert Filliou e Frederic Rzewski, che eseguirono non solo composizioni proprie ma anche di John Cage, Philip Corner, Takehisa Kosugi, Giuseppe Chiari, Sylvano Bussotti, Terry Riley, Yoko Ono, Toshi Ichiyanagi, Robert Watts, George Brecht, Jackson MacLow e La Monte Young.

Annullando sia la distanza tra performance musicale e teatrale sia la separazione tra le differenti categorie dell’arte, Fluxus diede vita a singolari fusioni di vari linguaggi estetici – dalla poesia all’arte concettuale, alla scultura – denominate Intermedia, termine coniato da Dick Higgings. Anche le partiture elaborate dal gruppo seguirono un approccio abbastanza radicale poiché, svincolandosi dalla necessità di rappresentare i suoni mediante simboli specializzati e standard, trascinarono la notazione in settori dove tali figure non erano mai state utilizzate come il campo della grafica, della poesia e delle arti visive fino ad assumerne uno status di opere d’arte autonome e concluse. Le notazioni grafiche così elaborate rispondevano al primario bisogno del movimento di avvicinare il più possibile Arte e Vita, arrivando a de-professionalizzare e democratizzare l’esperienza artistica grazie alla pubblicazione dei loro lavori musicali, come la celebre partitura “Drip Music” di George Brecht o le istruzioni di Ben Patterson sui vari modi di produrre musica con pezzi di carta, in periodici a basso costo, invitando il lettore a “eseguirle” e a scoprire che l’esperienza estetica non necessita di una preparazione specialistica ma può scaturire da qualsiasi banale azione quotidiana. Concetto ribadito durante il vernissage attraverso le varie performance messe in atto da tre semplici ragazzi e che hanno finito per coinvolgere anche il pubblico occasionale che si aggirava nei dintorni.

Poco più tardi, nel 1964, sempre prendendo le mosse dalla lezione di John Cage, nasce a Madrid il Gruppo Zaj, formato da Jose Luis Castillejo, Ramires Cortés, Esther Ferrer, Juan Hidalgo, Walter Marchetti, Tomás Marco ed Eugenio de Vicente. Un raggruppamento di artisti affini alle esigenze esposte da Fluxus poiché anche per loro la pubblicazione delle partiture, siano esse musicali o performative, era una questione centrale e programmatica.

Punto di partenza di Sense Sound/Sound Sense è Notations (pubblicato dalla Something Else Press di New York, casa editrice fondata da Dick Higgings), un poderoso compendio sulle innovazioni apportate dalla musica sperimentale internazionale alle funzioni e ai metodi della notazione (costituito da una grande collezione di partiture grafiche di 269 autori provenienti dalla Foundation for Contemporary Performance Art), pubblicato nel 1969 da John Cage in collaborazione con Alison Knowles. Una mostra che si contraddistingue per via del suo carattere tecnologico ed interattivo. Nello spazio AuditoriumArte vi sono, infatti, molteplici postazioni sonore e video da cui è possibile ascoltare registrazioni audio e guardare le testimonianze raccolte dalla Collezione Luigi Bonotto fin dagli anni Settanta. A contorno altri materiali guidano lo spettatore all’interno delle due sale: dalle singolari e storiche partiture musicali ai dischi d’artista, dai poster alle sculture sonore e concettuali. Occorre evidenziare che questa particolare attenzione alla musica e al suono condusse molti artisti Fluxus ad orientarsi verso la produzione di dischi contribuendo così a dar vita a una serie di esperienze connesse alla documentazione delle performance e degli happening. Oltretutto, il supporto vinilico e la custodia furono impiegati come oggetti sui quali agire per creare nuove sperimentazioni che si congiungono alle evoluzioni apportate nel campo del medium libro ovvero alla procreazione di dischi d’artista. Il fenomeno destò l’interesse di alcune case discografiche che realizzarono una serie di collane appositamente dedicate alla musica contemporanea, alla poesia sonora e alle registrazioni prodotte dal movimento. Esemplare fu l’italiana Cramps Record che, grazie alla sensibilità di Gainni Sassi e di Gianni-Emilio Simonetti, ha documentato molteplici opere sperimentali nazionali ed internazionali come le incisioni di opere di Juan Hidalgo, Walter Marchetti e John Cage. Di quest’ultimo occorre ricordare che la prima registrazione al mondo di 4’33’ ebbe luogo per merito di Juan Hidalgo, Walter Marchetti, Gianni-Emilio Simonetti e Demetrio Stratos.

Tra i lavori presenti è impossibile non citare Water Yam di George Brecht, una delle opere Fluxus più influenti nonché anticipatrice dell’arte concettuale. Si tratta di una scatola progettata da George Maciunas e composta da Schmit, pubblicata per la prima volta nel 1963, contenente piccole schede stampate su cui sono riportate le event-score o fluxscores ovvero le istruzioni per l’esecuzione di un evento. Partiture che possono essere eseguite in pubblico, privatamente o solo immaginate lasciando ampio spazio al caso, all’indeterminatezza e all’apporto interpretativo dell’esecutore/performer. La prima edizione di Water Yam raccoglie circa settanta event-scores creati tra il 1959 e il 1963, mentre nelle successive, pubblicate in vari paesi, se ne aggiunsero altre fino ad arrivare ad un insieme di cento elementi.

Molto attraente per il pubblico non di settore è Bomb Cello: strumento edito nel 1984 dalla Karl Solway Gallery di New York per Charlotte Moormann e da lei utilizzato per l’esecuzione di 26’1.1499 di John Cage insieme ad altri oggetti e azioni di scena (una sirena da nebbia, una pistola, un piatto di funghi e una telefonata al Presidente Nixon). Una delle opere più note della violoncellista americana che nel corso della sua attività produsse numerose variazioni sul tema del violoncello utilizzando molteplici e inconsueti materiali come il ghiaccio, la tv o il neon.

Tuttavia, l’ambizioso progetto Sense Sound/Sound Sense si estende ben oltre i muri dell’esiguo spazio Arte coinvolgendo anche il Foyer della Sala Petrassi dell’Auditorium, luogo in cui trovano alloggio le sette grandi tele dell’installazione Sette quadretti. L’oublie de Métamorphoses (2009) di Gianni Emilio Simonetti, esempio di come dietro la musica il silenzio è la sua realizzazione attraverso altri mezzi. Questi Sette quadretti sono, inoltre, la dimostrazione di come la notazione musicale possa cambiare di segno quando incontra il mecenatismo di un collezionista e di un’impresa come la Bonotto Spa di Molvena che ha realizzato le partiture tramite una tecnica di stampa su tessuto realizzata attraverso un know-how estremamente avanzato. L’opera è stata esposta per la prima volta presso il Museo Della Carale Accattino di Ivrea nell’ambito di un Concerto Fluxus, in occasione del quale è stata eseguita una prose score di John Cage, Variation IV, del 1963.

Per approfondire, abbiamo intervistato Patrizio Peterlini, uno dei curatori della mostra.

Chiediamo: come e quando nasce l’idea dell’articolato progetto espositivo Sense Sound/Sound Sense () ovvero la collaborazione tra la Fondazione Bonotto e la Fondazione Musica per Roma?

“Il progetto nasce dal comune interesse ad approfondire le relazioni tra musica e arte che si sono sviluppate in particolare nel corso del XX secolo”

La mostra  è dedicata alle partiture musicali, ai dischi e al rapporto con la musica del movimento Fluxus ovvero s’incentra su alcune delle numerosissime testimonianze artistiche raccolte fin dall’inizio degli anni Settanta dalla Collezione Bonotto. E’ un’esposizione che intende proporre una riflessione sulle partiture e sulla questione della notazione della nuova metodologia performativa e della nuova musica che, mossa dalla lezione di Cage, si è espansa coinvolgendo non solo Fluxus ma gran parte della realtà artistica del Novecento. Quali sono i criteri secondo cui è stata progettata la mostra?

“Il nostro punto di partenza è stato Notations, la storica antologia di partiture curata da John Cage nel 1969, che è stato il primo compendio di nuove metodologie di notazione. In Notations le partiture erano presentate solo visivamente, e la predominanza dell’aspetto visivo o concettuale degli scores fa dimenticare che si tratta di musica. In Sense Sound / Sound Sense cerchiamo di fare un percorso inverso. In mostra sono presenti circa venticinque postazioni sonore, dove il “visivo” si riallaccia al sonoro.

L’esposizione in questione si sviluppa in uno o più ambienti dell’Auditorium? E come si articola il percorso?

“Il corpo principale della mostra si sviluppa nello spazio dell’AuditoriumArte. Nell’adiacente libreria, grazie alla disponibilità dei gestori, un’intera vetrina ospita una selezione di libri storici. La mostra si estende, inoltre, al Foyer della Sala Petrassi dove sono esposti i Sette quartetti. L’oublie de Métamorphoses (2009) di Gianni Emilio Simonetti, sette grandi tele realizzate in collaborazione con Bonotto spa.

Per la Fondazione Bonotto, da sempre istituzione volta a raccogliere testimonianze e sperimentazioni elaborate dal movimento Fluxus, allestire una mostra come “Sense Sound/Sound Sense” negli spazi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, luogo dove la musica è la protagonista assoluta, è una vittoria importante..

“Fluxus e ZAJ presentarono tutte le proprie manifestazioni pubbliche come concerti, concerti che, però, demolivano sistematicamente ogni nozione accettata di forma e contenuto in musica, prendendo di mira le convenzioni d’ascolto e i valori culturali ormai obsoleti della musica classica, ma anche le pretese scientifiche e intellettualistiche delle più avanzate coeve esperienze classico-contemporanee europee. Lo spazio dell’Auditorium è quindi il luogo naturale per una mostra del genere. Più che una vittoria è un ritorno a casa.”

Fluxus, corrente artistica anticipatrice di molte delle tendenze sviluppate nei decenni successivi, ebbe il merito di demolire molti dei concetti tradizionali della produzione sonora come la nozione classica di concerto, le convenzioni d’ascolto e i valori culturali obsoleti della musica ma anche le pretese scientifiche e intellettualistiche delle più avanzate coeve esperienze classico-contemporanee europee. Fu così coniato il termine Intermedia per definire l’aggressione alle categorie separate dell’arte, le singolari fusioni tra poesia, arte concettuale e scultura e l’annullamento della distanza tra performance musicale e teatrale rappresentate dagli Eventi-Fluxus. Ecco, in quest’esposizione vi preme sottolineare il carattere estremamente aggressivo, sperimentale e innovativo del movimento Fluxus o altro?

“L’aspetto che vorrei emergesse è quello innovativo. Noi siamo ora abituati ad ascoltare musica prodotta con tecniche come lo skratching, o che sono il risultato di campionature di suoni o rumori, o ancora apprezziamo la musica prodotta da un gruppo come gli Einstürzende Neubauten che suonano lastre metalliche, martelli pneumatici e seghe circolari. Ebbene, solo le sperimentazioni agite in ambito Fluxus e ZAJ, seguendo la lezione Cage ma anche recuperando la tradizione rumorista delle avanguardie storiche, hanno aperto l’orecchio a questi nuovi suoni. In pratica hanno svelato al mondo nuove possibilità sonore che sono state ampiamente sfruttate, specialmente in ambito rock e pop.”

Tra le varie opere esposte, oltre alle sculture (sonore e concettuali) e alle varie testimonianze visive, il visitatore avrà il piacere di ascoltare brani noti del movimento e/o guardare performance musicali filmate all’epoca?

“Sì,, la mostra è stata pensata espressamente per offrire al pubblico la possibilità di vedere ed ascoltare il risultato delle partiture visuali o concettuali esposte. In mostra non sarà possibile per tutte ma sul sito della Fondazione Bonotto (www.fondazionebonotto.org) questo invece è possibile. Spero che la mostra serva a far conoscere ad un vasto pubblico di appassionati l’enorme sforzo compiuto dalla Fondazione per rendere disponibile tutto il materiale sonoro e video conservato nella Collezione di Luigi Bonotto.”

E’ stato o è, inoltre, possibile assistere, ascoltare o vedere performance ideate allora?

“Durante la serata d’inaugurazione del 6 maggio è stata eseguita Natura morta di Walter Marchetti (grazie alla disponibilità del maestro Lucio Perotti); sempre durante l’inaugurazione, eseguite – da un’Orchestra Fluxus organizzata per l’evento – alcune partiture storiche come Drip music di George Brecht, Paper Piece di Ben Patterson o Rainbow Music di Ay-O.”

Cosa vi aspettate da quest’esposizione? Come pensate che reagirà il pubblico di massa che vedrà una mostra così alternativa?

“Spero che il pubblico sia incuriosito e, soprattutto, che si diverta.”

Info mostra

  • Sense Sound / Sound Sense: Fluxus Scores & Records in the Luigi Bonotto Collection
  • fino al 2 luglio 2016
  • Auditorium Parco della Musica
  • via Pietro De Coubertin, 30 – 00196 – Roma
  • ingresso libero – orario: martedì-venerdì 17:00-21:00  sabato e domenica 11:00-21:00
  • info: tel. +39 06.80241281 – info@musicaperroma.it
  • http://www.auditorium.com
  • Link del video di lancio della mostra: https://vimeo.com/163693453

 

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Buglioni Maila è storico dell’arte e curatore di mostre. Fin da piccola ha manifestato un innato interesse verso ogni forma d’arte: dalle arti visive alla danza, dal teatro all’architettura. Dopo il diploma presso l’Istituto d’Arte Sacra Roma II, ha proseguito gli studi all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, dove ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’arte contemporanea. Ha collaborato con l’associazione turistica Genti&Paesi in qualità di guida turistica nella città di Roma. Collabora attivamente con altre riviste specializzate del settore artistico. Nel 2013 ha collaborato alla realizzazione di Memorie Urbane - Street Art Festival a Gaeta e Terracina.

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