Open House. A tre settimane dalla sua chiusura quali ripercussioni positive in città e nel settore. Intervista a Davide Paterna

Le città sono piene di iniziative che sembrano voler (ri)portare l’attenzione sulla creatività, l’imprenditoria, le arti, la cultura e, insomma, su specifiche realtà e discipline e che, ognuna con le proprie caratteristiche, riguardano intere comunità e il pubblico in coinvolgenti full-immersion gradevoli, divertenti, istruttive e gratuite. Per esempio OPEN HOUSE; ebbene: quanto questo e simili accadimenti contribuiscono davvero a dare spinte positive per una rigenerazione del settore su cui si focalizzano?

Open House è giunta alla sua quinta edizione ed è sempre caratterizzato da una resistenza e una resilienza non solo a livello organizzativo ma anche intellettuali, data la fatica che comporta e l’importanza che rivela e per la caratteristica reticolare urbana che se arricchisce il cuore di tutta l’operazione, ne rende anche più complicata il suo svolgimento. Tutto è stato ancora una volta portato avanti da un gruppo di persone riunite in Associazione Open City Roma: sì, Roma, perché nata e cresciuta nella Capitale, seppure in questo 2016 con una declinazione milanese.

Di Open House abbiamo scritto spesso e nel 2015 anche intervistando lungamente Davide Paterna (http://www.artapartofculture.net/2015/05/22/open-house-con-intervista-a-davide-paterna/)patron di questo evento legato strettamente al Design e all’Architettura (ma anche, più fluidamente, alle arti visive che abbiano a che fare con la cultura del progetto) e nell’ottica dell’apertura di luoghi non sempre fruibili al pubblico e talvolta persino inaccessibili. Torniamo  anche quest’anno a fare a lui qualche domanda a freddo, in modo da potere analizzare al meglio la stessa manifestazione e le sue ripercussioni positive sul settore.

Davide, tu e il tuo gruppo di OPEN HOUSE credete che kermesse come la vostra possano, in qualche misura, dare spinte positive per una rigenerazione del settore su cui si focalizza?

“La conoscenza della qualità porta consapevolezza della qualità, e quindi domanda di qualità. L’obiettivo di Open House Roma è quello di costruire questa catena di significati, allargando anno dopo anno la platea di pubblico.

Similmente chiediamo, dato che lo scorso anno avevate aperto alle periferie (San Basilio, per es.), e che quest’anno Pigneto non si può (più) considerare quartiere marginale  fuori dal Centro Storico, quale scelta è stata fatta in quest’ottica? Se puntando sulla qualità dei progetti, dovrebbe partire la rigenerazione delle periferie, Open House credi possa agire fattivamente su questo, inserendo alcuni dei suoi appuntamenti in luoghi di periferia?

“L’attenzione che Open House porta sui quartieri più lontani dal centro storico non basta a generare un’inerzia positiva. Le periferie devono, e in alcuni casi lo sono, i laboratori di trasformazione della città. E in quest’ottica vanno attivate risorse umane ed economiche. Così come insieme alla Direzione Generale Arte Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Mibact stiamo facendo a Decima (Roma), Mazzorbo (Venezia) e Bari (Santa Rita-Carbonara2). www.abitareper.it”

Quest’anno ci è sembrato in aumento la partecipazione più giovane, di studi, laboratori, case e con iniziative legata a situazioni nuove, anche generazionalmente parlano. Come mai meno archi-star ad Open House 2016?

“Nel bene o nel male, Roma non è sicuramente un territorio favorevole ai grandi studi di architettura. C’è una galassia di piccoli studi che lavorano duramente per affermare il proprio lavoro nonostante le numerose difficoltà. è a loro che Open House dedica particolare attenzione.”

A noi è parso che in questo 2016 la partecipazione di pubblico si sia un po’ ridotta a causa del timore-terrorismo, della crisi, del clima altalenante e volubile, della minor presenza di aperture non tanto istituzionali/museali ma private e, forse, anche della vivacità mediatica e comunicativa. Nulla di ciò ha influito sul via vai dei romani? Altro ha pesato? O non concordate su questo nostro rilevamento?

“Stiamo ancora elaborando i dati che ci arrivano dai 250 siti coinvolti. Per quello che ci è parso girando in gran parte dei luoghi la partecipazione c’è stata e come sempre si è contraddistinta per il grande interesse e il rispetto.”

Open House si è duplicata anche a Milano: come è andata? Come mai vi siete inseriti nel cuore del Design, dell’Architettura italiana, dell’abitare? Milano, che è già strapiena di kermesse e di tour-de-force del settore…

“Non è per competere con il Salone del mobile che è nata Open House Milano, frutto dell’energia di nostri colleghi e amici milanesi. L’intenzione resta quella di far conoscere l’architettura attraverso il racconto di progettisti e appassionati. Perché anche in una città così ricca di buoni progetti, esistono territori lasciati al degrado perché poco attraenti per il mercato immobiliare.”

In generale ci dite come è andata, e la differenze con gli anni precedenti? Le Istituzioni come (se) hanno aiutato, risposto?

“Come accennavo, siamo molto soddisfatti. Abbiamo lavorato per fare un ulteriore salto in avanti nell’offerta, sia in termini di programmazione che di comunicazione. Sono stati rinnovati più del 50% dei siti aperti puntando su alcuni di grande livello come Palazzo Koch, il Ministero degli Affari Esteri, la Chiocciola di Ville Medici, il Castello idraulico della Fontana di Trevi, l’Agenzia Spaziale Italiana e il cantiere della nuova sede BNL a Tiburtina. Abbiamo raddoppiato il materiale di comunicazione con una mappa cartacea stampata in 70.000 copie e distribuita in 600 luoghi, e per i più esigenti con la Guida di 160 pagine distribuita in 3 info point. Infine abbiamo avviata la campagna di associazione OHR 365 che ci ha permesso di porre le basi per un’attività continuativa tra un Open House e il successivo. Infine, e ne siamo molto orgogliosi, siamo stati i promotori di un’operazione di promozione del lavoro di AIL e della Fondazione Gimema contro le leucemie, che ha visto la realizzazione di un murales intitolato Il futuro passa da qui, opera dell’artista Gregorio Pampinella e inaugurato proprio durante Open House Roma 2016!”

Proseguirete? Come?

“Abbiamo costruito relazioni con importanti soggetti istituzionali e non che lavorano per migliorare la qualità della cultura a Roma. Dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma, ad Altaroma, dalla Fondazione Roma Europa ad Outdoor, dal Consorzio Stress Scarl alla Fondazione Terzo Pilastro. Ci aspettiamo possano nascere nuovi progetti, ma soprattutto desideriamo condividere la mappatura fatta in questi anni per favorire azioni di promozione e sviluppo del sistema culturale di questo territorio, con particolare riguardo a quello dell’architettura e del design.”.

 

Ancora una volta, se è vero che il nostro Paese è travolto in una delicatissima fase di cambiamento, in bilico tra una crisi più che stagnante, tensioni sociali e il desiderio di voltare pagina e di riemergere, ebbene: sta a noi interpretare tutto virtuosamente e correttamente cercando di far di necessità virtù e opportunità. Più facile a dirsi che a farsi, ma qualcuno ci sta provando e pare riuscirci…

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Paolo Di Pasquale si forma studiando prima Architettura poi Disegno Industriale a Roma, specializzandosi in Lighting design. Nel 2004 è co-fondatore dello STUDIOILLUMINA, dove si occupa principalmente di Architectural Lighting Design e Luce per la Comunicazione: lo Studio progetta e realizza allestimenti espositivi e museali, ideazione della luce, corpi illuminanti, scenografia notturna - nel settore della riqualificazione urbana e in progettazione di arredi (porti turistici, parchi, giardini, piazze etc.)-, piani della luce per alcuni Comuni italiani e spettacoli di luce. Nel 2007 fonda lo Studio BLACKSHEEP per la progettazione di architettura di interni e di supporto alla pianificazione di eventi, meeting e fiere. E' interessato alla divulgazione della cultura della luce e del progetto attraverso corsi, workshop, convegni e articoli. Ha insegnato allo IED e in strutture istituzionali. E’ docente di Illuminotecnica presso l’Istituto Quasar - Design University Roma di nel corso di Habitat Design e in quello di Architettura dei Giardini. E' Redattore di art a part of cult(ure) per cui segue la sezione Architettura, Design e Grafica con incursioni nell'Arte contemporanea. Dal 2011 aderisce a FEED Trasforma Roma, collettivo di architetti romani che si interroga sul valore contemporaneo dello spazio pubblico esistente, suggerendone una nuova lettura e uso con incursioni e azioni dimostrative sul territorio metropolitano.

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