Drawing after digital a Parigi, ipotesi di un effetto numerico

Claude Closky, 10 tentatives de tracer un trait droit au milieu de la page [10 tentativi di tracciare una linea dritta al centro della pagina], 1993, ballpoint pen on paper, cm 30 x 24. Courtesyi XPO, Paris

Si può continuare a disegnare come in passato o il digitale ha comunque trasformato il modo di lavorare degli artisti, sia che essi usino o meno uno strumento informatico? Il modo di percepire un’opera analogica è cambiato? Il fotoritocco è esso stesso una nuova pratica di disegno? Passandolo sotto la lente del web e dei social network, un disegno perde o mantiene la propria identità? In definitiva, in un’epoca in cui stiamo digitalizzando tutto, una tecnica antica come il disegno ha ancora una sua autonomia concettuale ed estetica?

Per avere qualche risposta a queste, e a molte altre domande, possiamo andare a vedere fino al 18 giugno la mostra Drawing after digital curata da Klaus Speidel presso la XPO Gallery di Parigi.

È ormai indubitabile che le tecnologie digitali hanno fatto sorgere nuovi approcci teorici e pratici nei confronti dell’arte. Il nostro modo di osservare il mondo, sia che usiamo o meno strumenti digitali, ha comunque subìto una grande variazione che apre a scenari ontologici e fenomenologici completamente nuovi.  Drawing after digital cerca proprio di mettere in luce questi nuovi scenari facendo il punto della situazione, grazie ad un impianto filosofico profondo, chiaro, coerente e ben espresso visivamente da un’accurata selezione di opere, sul modo in cui il disegno e l’arte digitale dialogano tra loro e si interfacciano fino ad influenzarsi reciprocamente.

L’esposizione ci offre una posizione privilegiata per comprendere come alcuni artisti analogici del calibro di Hanne Darboven, che usa griglie numeriche comparabili alle basi di dati che sono al cuore delle informazioni computerizzate, oppure Sol LeWitt con i suoi wall drawing, composizioni di righe e linee in cui possiamo vedere stringhe di informazioni, possono essere considerati artisti digitali anche se non utilizzano tali strumenti per le loro creazioni. Le loro percezioni visive sembrano da una parte precorrere il numerico e, valutandoli concettualmente, essere allo stesso tempo il risultato di operazioni algoritmiche analogiche. Artisti quindi avvicinabili al lavoro di Manfred Mohr, pioniere dell’arte digitale, che dal 1969 produce opere nate esclusivamente dalla programmazione di computer. L’opposto di quelle di artisti che invece operano all’inverso, ricercando tramite il computer un recupero ed un’integrazione con il passato analogico: è il caso dei disegni su carta di Vincent Broquaire. Ci chiediamo se potrebbero avere una propria autonomia estetica e concettuale anche se non visti attraverso un computer. Forse sì, ma grazie all’animazione i suoi disegni prendono vita espandendosi verso un universo più ampio di significato. Lo stesso universo di cui si appropria Claude Closky, artista multimediale tra i più contaminati, che riduce i linguaggi del contemporaneo fino al paradosso: i suoi 10 tentativi di tracciare una linea dritta al centro della pagina suscitano sì un sorriso ma diventano anche pretesto per una seria riflessione su estetica e concetto di disegno.

La sensazione che rimane alla fine della visita di questa mostra corposa — sono oltre 20 gli artisti scelti — è che realmente il digitale sia molto di più di un semplice strumento. È entrato prepotentemente nelle nostre vite modificando profondamente non solo i nostri gesti quotidiani, ma anche il nostro modo di percepire il mondo circostante e, probabilmente, noi stessi e le nostre identità. Reali (forse) ma di sicuro immerse in un universo composto da una quantità innumerevole di reti, griglie, cifre ed algoritmi. Una visione non molto lontana da quella che ci hanno offerto già da tempo Larry e Andy Wachowski con il loro Matrix e che sembra ormai essersi ben integrata nel nostro modo di vivere il quotidiano.

Info mostra

  • Drawing After Digital | A cura di Klaus Speidel
  • fino al 18 giugno 2016
  • XPO Gallery
  • 17, rue Notre-Dame de Nazareth, Paris
  • www.xpogallery.com

 

 

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Massimo Rosa è curatore d’arte ed ha diretto alcune gallerie italiane. Ama l’arte contemporanea e la filosofia. Attualmente vive a Parigi.

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