Cesare Ligini Architetto

“Ambientare un edificio è una operazione fatta di coraggio culturale ma anche di rinuncia ad una assoluta libertà formale e di umiltà”: queste le parole di Cesare Ligini, architetto romano che ha lavorato a partire dal dopoguerra, ovvero dal 1946 al 1983. Di lui si possono ricordare numerosi impianti sportivi realizzati lungo la penisola a Massa, Arezzo, Anagni, Fabriano, Foligno, Perugia; i più noti progetti dl Velodromo Olimpico a Roma e dell’Istituto di Medicina Sportiva dell’Acqua Cetosa, gli insediamenti residenziali delle case IACP do Alessandria e di Lecce, la sede del Ministero delle Finanze dell’Eur, la scuola media di Ronciglione, il progetto per l’ospedale di Jesi, l’insediamento del Borgo di servizio Molin d’Era presso Volterra per l’Ente Maremma, la nuova sede del CNEN Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare alla Casaccia a Roma, il Monumento ai Caduti sul Lavoro dell’Anas a Roma.

La combinazione di sperimentalismo e professionalità di Ligini era volta a creare un colloquio con il contesto reinterpretandolo in chiave dinamica: l’analisi razionale del luogo predisposto ad accogliere il suo intervento, fosse esso la natura o la città, lo portava a prefigurare una regola geometrica da sovrapporre all’irregolarità del sito, regola che diventava tracciato ordinatore, maglia distributiva, gerarchia del costruito, e risolveva efficacemente i problemi funzionali posti dal tema. Era un grande conoscitore dell’architettura romana con cui si poneva in una soluzione di continuità pur senza diventare un architetto monumentale. Il suo interesse si rivolgeva al rapporto fra forma e funzione dove la forma accoglieva la risoluzione di un problema funzionale. L’organicità cui mirava faceva sì che i suoi edifici fossero macchine perfette e allo stesso tempo organismi vivi, spazi umani e attenti alle necessità dell’uomo nella società. Era importante sia il volere del committente che la strutturazione nel luogo prescelto nelle problematiche che mettevano in luce le contraddizioni, nella volontà di creare un insieme coerente. Gli elementi connettivi potevano essere uno spazio aperto od un percorso, ma erano sempre messi in rilievo.  Nella ricerca formale in cui si esprimeva spesso con reiterazioni di segni, scansioni ritmiche, rapporti plastici fra concavità e convessità, modanature, rivelava sia uno stretto rapporto con l’industrializzazione sia la volontà di coniugare arte e architettura. Ligini è conosciuto soprattutto per la costruzione di impianti sportivi per la cui realizzazione aveva creato uno studio in via Leccosa 3 a Roma con Silvano Ricci, con cui darà vita a numerosi progetti.

La figura di Ligini architetto è stata ingiustamente trascurata dopo la sua morte, ma grazie ad una Borsa di studio della Sovraintendenza del Lazio, vinta da Valeria Lupo, la situazione si è modificata un po’. La Lupo è riuscita a studiare il vastissimo archivio dell’architetto e a sistematizzarlo. Tutto ciò rientra in un progetto della Direzione Generale per gli Archivi che si prodiga dal 1993 per mettere in luce materiali inediti di varie figure dell’architettura italiana, in particolare la Soprintendenza Archivistica per il Lazio ha cooperato in collaborazione con la Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma e l’Ordine degli Architetti, ed ha pubblicato la Guida agli archivi di architettura a Roma e nel Lazio, a cura di Margherita Guccione, Daniela Pesce ed Elisabetta Reale. Dalla ricerca di Valeria Lupo è nato il libro monografico Cesare Ligini Architetto edito da Prospettive Edizioni nel 2015 e curato dalla stessa Lupo. All’interno vi sono saggi della curatrice, di Orazio Carpenzano, Antonella Greco, Gaia Remiddi, Vanna Fraticelli, Renato Nicolini, Antonella Bonavita, Valentina Donà, Maria Teresa Cutri, Maria Paola Pagliari e due interventi della famiglia di Ligni: i racconti della figlia Flavia e delle nipoti, e il ricordo di Renato Nicolini, nipote di Cesare, che tanto ha fatto per riabilitare la figura dello zio.

Il libro è stato presentato al Maxxi di Roma con interventi di Alessandra Capuano, ordinario di progettazione architettonica e urbana all’Università di Roma La Sapienza; Giovanni Caudo, associato di urbanistica all’Università degli Studi Roma Tre; Amedeo Fago, architetto e regista; Angela Marino, ordinario di storia dell’architettura all’Università degli Studi de L’Aquila; moderatore Luigi Prestinenza Puglisi, critico di architettura. Durante il convegno ha preso la parola per prima Angela Marino che ha dato un panorama delle riflessioni presenti nel libro. Per prima cosa ha ricordato i due edifici di maggior rilievo di Ligini: il Velodromo Olimpico e il Ministero delle Finanze, entrambi all’EUR. Ha iniziato mostrando il filmato della distruzione del Velodromo, creato nel 1960 per i giochi olimpici, e fatto esplodere nel 2008 nonostante le manifestazioni degli addetti ai lavori e degli abitanti del quartiere. Inoltre nel Velodromo c’era una grossa quantità di amianto che si è dispersa nell’aria. La particolarità di questa costruzione, a parte la raffinatezza formale e nell’uso dei materiali, era che lo spettatore poteva avere una visione globale da qualsiasi punto della struttura, una concezione all’avanguardia per l’epoca. Mentre le torri del Ministero delle Finanze, creato fra il 1957 e il 1962, ora sono ridotte a scheletri nel ricordo di un edificio che rappresenta una struttura organica fra le più riuscite dell’architetto. “Questi due edifici simboleggiavano il riscatto democratico dell’EUR da sempre considerato di derivazione fascista” ha detto la storica. Marino ha poi lodato il lavoro archivistico realizzato nel libro che mostra tutto il percorso di Ligini, non solo le parti più interessanti, ma anche quelle più in ombra. Infine ha parlato dell’ultima parte della monografia, dove vi sono i ricordi dei familiari, che dimostrano l’affetto indiscusso dei suoi discendenti fra cui Renato Nicolini. Alessandra Capuano si è soffermata soprattutto nel sottolineare la professionalità di Ligini che non era né un accademico, né un palazzinaro, come in tanti a Roma, ma faceva interventi di qualità attraverso il rapporto fra forma e funzione, nell’intento di portare la città nella modernità. Con un lirismo di fondo, nell’esaltazione del vuoto e nella sensibilità di inserire l’edificio in un contesto urbano o paesaggistico dove si prediligevano forme aperte. Capuano ha parlato del progetto per la Camera dei Deputati dove Ligini aveva pensato un giardino pensile, oggi elemento ricorrente nelle architetture contemporanee, ma poco praticato all’epoca. Amedeo Fago, da regista, ha raccontato il suo incontro ideale con Ligini. Alla fine degli anni 60 è cambiato completamente il mestiere di scenografo nella realizzazione dei film perché si è passati dall’ambientazione negli studios all’ambientazione cinematografica negli spazi aperti e nelle città. A questo proposito ha ricordato la visione del film di Elio Petri La decima vittima del 1965, che era ambientato nel Velodromo di Ligini e raccontava la storia fantascientifica di un futuro Ministero della Caccia dove, attraverso un gioco, si potevano uccidere le persone e tutto ciò per sedare l’aggressività. Il fatto che il film fosse ambientato proprio lì, fa sì che noi oggi abbiamo una testimonianza oggettiva di quell’edificio, oramai distrutto (può accadere anche questo nel Cinema!).

Giovanni Caudo, che è stato Assessore all’Urbanistica al comune di Roma ha concluso gli interventi. Ha raccontato come il Velodromo sia stato distrutto per bilanciare la mastodontica costruzione della Nuvola di Fuksas. Ha raccontato poi della sua battaglia, da assessore, per salvare le torri del Ministero delle Finanze. L’edificio ha avuto una storia di progressivo degrado, per un periodo da costruzione per uffici doveva diventare un luogo di residenze, ma la crisi finanziaria ha bloccato il progetto di demolizione. Ora il Ministero delle Finanze è stato acquistato dalla Telecom che vi riunirà le sue sedi con 3 500 dipendenti. Questo potrebbe dare l’avvio ad una riqualificazione dell’EUR nel recupero di questo edificio e della sua valenza urbanistica. Il progetto presentato dalla Telecom dovrebbe rispettare dei canoni precisi di conoscenza dell’opera di Ligini nella tutela e nel recupero del complesso delle torri, come da accordi con l’amministrazione pubblica romana. Ma i dirigenti Telecom sono tutti cambiati ed è cambiata l’amministrazione cittadina, quindi, ad oggi, non si conoscono ancora le sorti del Ministero. A questo proposito sono inerenti le parole di Gaia Remiddi che, parlando del recupero delle costruzioni di Ligini, ha dichiarato in convegno: “Come in altre epoche si sono create delle superfetazioni che hanno valorizzato edifici preesistenti, ne abbiamo tanti esempi anche in Italia, così potrebbe accadere per le torri di Ligini senza, quindi, snaturarle.” Ha concluso la giornata lavorativa Massimo Federici, nipote di Ligni, che ha ringraziato ed ha ricordato che fino al 15 settembre sarà visibile la mostra Visionaria sulle opere di disegno e pittura dell’architetto, che rappresentano un lato affascinante della sua personalità. La mostra è curata da Paola Valori che, insieme all’Associazione Michele Valori, si propone nella riscoperta di autori ed opere inedite e preziose dal 2012. Visionaria è in corso al Micro Arti Visive ed i ricavati delle vendite andranno in beneficienza. La figura di Ligini artista ha un’ampia componente surreale e, appunto, visionaria, dove si combinano miti e simboli appartenenti alla cultura occidentale, mitologica ed ecclesiastica, archetipi stravolti, geometrie reinventate, che creano percorsi immaginifici. Quasi sempre vige il monocromo, mentre altre volte si presentano colori tenui che creano un contrappunto. Dalle parole di Romeo Lucchese, critico d’arte, presenti nel testo in catalogo della mostra: “Il disegno di Cesare Ligini, a forti contrasti di chiaroscuro, possiede uno stile molto caratteristico, arricchito dalle estreme propaggini, tragiche ed imponenti, dello spirito delle Carceri di Piranesi, miste a quelle, amare e sarcastiche, del Giuseppe Gioacchino Belli dei Sonetti.” A conclusione una dichiarazione del critico di architettura Luigi Prestinenza: “Ligini è un architetto dal tratto veloce ed aerodinamico, mentre nella sua pittura ha caratteristiche surreali, ma, in alcuni casi queste due anime convivono nei suoi progetti architettonici. La sua firma è quella di non avere una vera firma creando edifici sempre diversi, ma coerenti, qui sta la sua forza.”

Fino al 15 settembre MICRO Arti Visive Spazio Porta Mazzini viale Mazzini 1, Roma. Info: www.microartivisive.it; 3470900625

 

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Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

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