Lucilla Candeloro. Wildnis. L’esperienza del bosco. contributo di Marco Trulli

La ricerca di Lucilla Candeloro (Lanciano, 1978; vive e lavora tra Casoli, CH, e Roma) è incentrata sulla relazione con il bosco come luogo di astrazione, territorio in cui condurre una indagine sulle forme naturali e in cui mettere in moto processi di selezione, smembramento e ricostruzione di un universo selvatico. Le cortecce sono mappe sensibili, epidermidi inquiete, frammenti di un paesaggio interiorizzato. Le trame delle cortecce, in questo caso, confondono le proprie geometrie naturali con le texture metalliche del centro aquilano in ricostruzione. Ma le fratture, gli squarci e le rugosità del legno sono impossibili da definire in maniera didascalica. Sono intagli del gesto istintivo che disegna trame e incidenti del segno senza tregua.

La mostra di Lucilla Candeloro è una mappa mentale del bosco, disseminata negli spazi della galleria come esperienza possibile di smarrimento in una selva, o meglio, in un moltitudine di frammenti selvatici che si compone di resti simbolici.

Questa escursione perigliosa si snoda attraverso l’esposizione di una selezione di forme ricorrenti del paesaggio visivo boschivo: cortecce, radici, tronchi. In realtà le immagini sono trasfigurate dall’esperienza, dalla memoria e dal gesto dell’artista. Le trame vive dei carboncini di Lucilla Candeloro sono calchi, impressioni mentali sedimentate durante le sue frequentazioni selvatiche. Piuttosto che rappresentare, l’intento è quello di definire il proprio stato di perdita di sé e immedesimazione nel bosco. In questo senso, la linea di ricerca dell’artista, precedentemente incentrata sui ritratti, ora si concentra su cortecce e radici, senza perdere la capacità di trasmettere la personalità o gli umori dell’immagine disegnata.

Sulla superficie il segno frana, si disfa secondo una gestualità sismografica, oppure si dissolve (come  Paesaggio senza titolo) creando una nebbia cromatica che trasforma il paesaggio in una proiezione mentale. Le radici sospese, invece, alludono direttamente al  sovvertimento dei piani e delle convenzioni che si verificano nella selva, intesa appunto come universo rovesciato. Il sentimento panico della natura è una vertigine che alimenta la trasfigurazione del bosco come luogo allo stesso tempo familiare ed estraneo, ovvero perturbante (Unheimlich).

Questa fascinazione e reinvenzione del bosco di fatto non è altro che la ricostruzione di un mondo in cui le forme naturali diventano personaggi, protagonisti ricorrenti di un paesaggio percepito come teatro (Iconemi direbbe EugenioTurri).

Wildnis (dal tedesco Selvaggio) è un’immersione nel selvatico, un passaggio al bosco, atto radicale teorizzato da Jünger nel Trattato del ribelle, itinerario di conoscenza e appropriazione di un alfabeto visivo di trame, intrecci e nodi che diventano la lingua con cui esprimersi, le ombre in cui nascondersi.

Info mostra

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Marco Trulli è operatore culturale presso Arci Viterbo e curatore di progetti d'arte contemporanea tra i quali: Cantieri d’Arte, piattaforma di arte pubblica attiva a Viterbo, Disorder, progetto internazionale tenutosi a Nottingham e Milano nel 2012; Mediterranea 16. Young Artists Biennial, Ancona 2013. Collabora attivamente con il Giardino di scultura La Serpara di Paul Wiedmer e coordina il programma internazionale di arte pubblica promosso La Ville Ouverte. Cura inoltre Librimmaginari, festival di illustrazione e disegno, e la residenza d'artista Fuoco project.

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