Letterature Festival #3. Ti racconto una donna (e qualcosa di più)

Festival Letterature di Roma, 4 luglio. Il tema della manifestazione, Memorie, per questa serata è declinato in chiave tutta femminile. Titolo: Ti racconto una donna. A rigore, se si considerano solo le autrici di cui vengono letti brani per circa un paio d’ore al riparo della Basilica di Massenzio, le donne sarebbero due: Clara Sánchez, la pluripremiata scrittrice spagnola che si è fatta conoscere in Italia e nel mondo con il best-seller Il profumo delle foglie di limone; e l’americana Lucia Berlin, scomparsa dodici anni fa, di cui Bollati Boringhieri ha recentemente pubblicato la raccolta La donna che scriveva racconti. Le donne che si avvicendano sul palco sono però un po’ di più: l’attrice Iaia Forte, che introduce Clara Sánchez leggendone qualche pagina da La meraviglia degli anni imperfetti; la cantante Cristina Zavalloni, al cui gruppo Special Dish è affidato l’accompagnamento musicale della serata; e poi le scrittrici Caterina Bonvicini, Teresa Ciabatti, Concita De Gregorio, Valeria Parrella e Simona Vinci, ciascuna con il compito di dare vita, attraverso la voce e la lettura, a un racconto di Lucia Berlin. Forse però le parole di questa serata parlano di tutte le donne. Forse. O forse non solo.

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Clara Sánchez, con il suo inedito autobiografico La ragazza di ieri – in spagnolo La chica de ayer, canzone di Antonio Vega dell’inizio degli anni 80 – ci parla dei sensi – proprio quei cinque: gusto, olfatto, tatto, udito e vista – e di come lascino che il mondo entri in noi attraverso di loro. O attraverso quelli che funzionano: come per la Hellen Keller di Anna dei miracoli, la storia che, in un certo senso, ha segnato l’immaginario della Clara bambina. Se una giovane sordo-cieca non riesce a parcepire la realtà attraverso l’udito e la vista, questa entra in lei utilizzando le porte che il corpo ha lasciato aperte: il tatto e l’olfatto. Ed è attraverso i sensi, tutti o solo alcuni, che il mondo che penetra in noi si sedimenta e si fa memoria. Anche se, Clara Sánchez deve ammetterlo, è l’udito che più caratterizza i suoi ricordi: quell’udito finissimo e troppo sviluppato che ogni tanto le riporta alla mente una canzone o le parole sussurrate da genitori e zii che parlavano a letto, rivelando segreti che lei non desiderava conoscere. Sa troppo, ha saputo troppo, ha sentito troppo: tutta colpa di quell’udito da supereroina. E questo troppo va riversato da qualche parte: nella scrittura, per esempio; e quindi nei suoi romanzi. Romanzi in cui le giovani protagoniste tentano di fare quello che alla loro creatrice non riesce: farla tornare a essere La ragazza di ieri, che ascoltava canzoni e guardava campi di papaveri estendersi dalla finestra di casa propria, recuperando quel tempo che, nella sua fugacità, è l’amante più infedele.

Foto1Quello stesso tempo che è raccontato così diversamente nei cinque racconti di Lucia Berlin che salgono sul palco uno dopo l’altro. I protagonisti si muovono in un microcosmo di lavanderie a gettoni e periferie americane, di rapporti familiari e sogni di una Hollywood che non arriva a dare ciò che promette. Sono tutte brevi storie di donne, che si giocano in un tempo che scorre a diverse velocità, che si dilata e si restringe in base a ciò che accade: lento e rumoroso se si aggrava una sorella malata di cancro; mai abbastanza quando le persone scompaiono; cadenzato se lo si guarda vorticare nell’oblò di una lavatrice automatica, mentre scandisce i lavaggi, gli anni che scorrono e la vecchiaia.

C’è una velata ironia nel parlare di tempo che passa e di memorie da recuperare in un luogo come la Basilica di Massenzio, dove in fondo il miracolo di fermare il tempo sembra essere riuscito – più o meno nella misura di una navata. Ma un festival di letteratura non può non far riflettere sul fatto che il potere della parola – soprattutto scritta – non è poi così diverso da quello della pietra, se i racconti di Lucia Berlin sono così letti e così vivi anche anni dopo la sua morte. La serata ha raccontato una (la?) donna? Certo che sì. Ma ha anche detto di più, e altro, e di tutti. Imprimendosi nella memoria e mettendo un po’ alla prova quell’amante infedele del tempo.

 

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Lorenzo Moltedo nasce a Roma nel 1991. Laureato (triennale) in Lettere Moderne presso “Sapienza” Università di Roma con una tesi sull’Orlando Furioso, è davvero curioso di conoscere cosa gli riserva il futuro. Non saprebbe immaginare una vita senza libri (e lo scrive con il rischio di sembrare retorico). Tra gli altri suoi interessi: viaggi, corsa, cinema e, in generale, ogni forma di manifestazione artistica. Quella con artapartofcult(ure) è la sua prima esperienza “ufficiale” di scrittura.

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