La bellezza di Soriano nel Cimino, del Palazzo Chigi Albani del Vignola e delle Dissimilitudini di Dino Ignani Maria Pizzi Maria Grazia Tata

Ritratto diLuigi Ontani, opera fotografica di Dino Ignani in mostra

Soriano nel Cimino è uno splendido borgo in Provincia di Viterbo che sorge all’ombra dolce di Monte Cimino (o Faggeta), vetta di origine vulcanica che sembra proteggere la città arroccata sotto quella che in antichità i Romani consideravano una foresta impenetrabile. Il sole filtra e accende di colori morbidi le case, i palazzi gentilizi, il caratteristico ristorante Rottezia – aperto su poggioli e vista panoramica e sviluppato anche in sorta di grotte fresche e sotterranei -, le chiese, i monumenti, le fontane, il Duomo: tutti intorno al castello Orsini eretto nel ‘200 da papa Niccolò III.

Camminando tra i vicoli di Soriano – che profumano di castagne e di nocciole anche fuori stagione, nonché di finocchio e di rosmarino: la cucina locale ne abbonda – si percepisce la sua storia importante che si associa agli etruschi se non addirittura ai fenici ma ha poi accolto un più visibile carattere medioevale. Legato al Papato, tra ascese, cadute e alterne vicende, passò a Giulio della Rovere, poi al Cardinal Carafa sino a che la Santa Sede non lo cedette agli Altemps, che lo tennero per più di un secolo, poi sostituiti dagli Albani e, nell’800, dagli ultimi feudatari di Soriano: i Chigi. Questa nobile, potente famiglia vi tenne terre e altri possedimenti – tra i quali il bellissimo palazzo  fortificato dal Vignola, voluto dai Madruzzo del Trentino – e poi restituì il borgo alla Santa Sede. Le vicende storico-politiche del nuovo Regno d’Italia vedono Soriano nel Cimino farsi autonomo e italiano il 12 settembre 1870.

Il meraviglioso palazzo del Vignola, detto Chigi-Albani è tra i più magnifici edifici rinascimentali non solo del territorio. Di proprietà dei Madruzzo, che ebbero Soriano nel 1560 da papa Pio IV, grato per l’ospitalità che la famiglia diede in Trentino al Concilio di Trento, passò agli Albani e ai Chigi seguendo la storia di Soriano che abbiamo raccontato. A questo edificio, che doveva competere con Caprarola di Alessandro Farnese e di Bomarzo di Vicino Orsini, si accedeva e si accede tutt’oggi da una porta fortificata che immette in una sorta di terrazzamento panoramico contornato da giardini e abbellito da giochi d’acqua e cascatella sottostanti. E’ strutturato con due complessi distinti collegati dalla lunga Fonte Papacqua con cannelle e una fantasmagoria scultorea mitico-simbolica del Bene, del Male e del potere delle Acque: non a caso, campeggia centrale l’immensa Regina delle Acque.

In questo luogo che non t’aspetti si può vedere, con la calma di un tempo che pare piacevolmente rallentato, la mostra Dissimilitudini: per la verità, tre personali (a cura di Salvatore Enrico Anselmi) molto diverse, “atti distintivi e nel contempo convergenti, separazioni per gradi, per tre gradi ravvicinati, nell’intento di raccordare tre luoghi dell’espressione” (cit. S. E. Anselmi, dal catalogo editato) e accorpate dall’abbraccio del Palazzo.

Nella parte delle scuderie troviamo le fotografie di Dino Ignani che ha proposto una selezione di immagini di artisti visivi nei loro studi. Ma l’autore, scegliendo il piano americano, quando non il primissimo piano, punta a restituire la persona piuttosto che l’artista: mai dimenticando, però, il suo mondo a colori, ovvero l’opera), che infatti si fa sfondo – nobile e protagonista ugualmente! – in Jannis Kounellis, Ruggero Savinio, Giovanni Albanese, Giulia Napoleone; talvolta giocosa figura dall’alto – in Luigi Ontani – o trasversale presenza che si affianca in scena – nel compianto Pinuccio Sciola – mentre altre volte pittoricamente esplode – in Gianfranco d’Alonzo, in Sidival Fila -, racconta in sintesi – Esteban Villalta Marzi – o in surreale percorso visivo – Giuseppe Modica – oppure riassume: è il caso del ritratto nascosto e quasi teatrino di Maria Pizzi o appena celato tra intrecci di fili rossi di Maria Grazia Tata. Sono queste anche le due artiste che hanno la mostra al Palazzo.

Maria Pizzi, pasionaria ricercatrice di una verità intima e di genere, usa video e fotografia mescolando temi quali Vita, Morte, Corpo femminile in rapporto con il passare del tempo e la malattia, perfezione anche ideale (l’androgino), comunicazione spuria e abusata di questo corpo che si fa sociale e talvolta glorioso tra citazioni sur/reali(ste)… Tutto ciò è dato con dissacrante, liberatoria ironia attraverso installazioni molto lavorate e piene – se una pecca dobbiamo trovarla – e video, invece, essenziali, brevi, fatti di collagismi e pienamente riusciti, che molto poggiano su un movimento che è anche esterno (dello schermo velato e mosso dall’aria di un ventilatore) e che crea spaesamento e vertigine… in cui perdersi per trovare profondità e pensieri…

Maria Grazia Tata recupera materiali come fossero memorie ataviche; li accosta e li plasma in installazioni, composizioni sculturee e a parete, anch’essi molto pieni, assai stratificati anche poeticamente parlando, che necessitano di un maggior coraggio riassuntivo che però già si intravede in alcune opere (che ci fanno ben sperare prospettandoci un nuovo corso assai prossimo). Tutto trasuda di forza meticcia come se l’artista fosse alla ricerca di quell’originario in cui la Cultura pare tendere a ritornare Natura (forse) con il riguardo che le persone di buon senso dovrebbero avere nell’allontanare lo spreco, la rovinosa caduta, la perdita, in virtù di nuove modalità del riuso e della cura rigenerante.

Info mostra

  • Dissimilitudini | Dino Ignani – fotografie Ritratti di artisti; Maria Pizzi – videoarte Teatro in fumo ovvero a fumetto; Maria Grazia Tata – installazioni Le ombre dei sogni
  • A cura di Salvatore Enrico Anselmi
  • fino al 30 luglio – protratta sino a domenica 7 agosto
  • Scuderie di Palazzo Chigi Albani, Soriano nel Cimino (Vt)
  • Orari: sabato e domenica h 10-13 / 16-19; altri giorni su appuntamento
  • tel.: +39 349 8774548
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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