Jacopo di Cera. Fino alla fine del mare. I migranti e un viaggio nel viaggio dal reportage all’astrazione

Jacopo di Cera. Fino alla fine del mare

Viaggio come spinta all’ispirazione, come fonte energetica di creatività. Prendere una macchina, un aereo, una barca ed esplorare diventa motivo scatenante di un percorso che si dirige verso la narratività: il voler raccontare attraverso immagini fotografiche. Il lavoro di Jacopo Di Cera nasce quindici anni fa. Riguardo allo spostarsi per il mondo alla scoperta di una creatività che si rinnova dichiara:

“andare alla ricerca della novità è sicuramente qualcosa che mi stimola fortemente.”

Inizialmente lo stile era quello del reportage, poi c’è stato un processo di evoluzione che lo ha portato fino ad oggi, fino all’astrazione.

Nell’astrazione nasce il progetto Fino alla fine del mare che è stato presentato al Mia Art Fair di Milano, a Palazzo Velli Expò a Roma, presso la Mamo Temporary Gallery nell’ambito del circuito off de LesRecontres d’Arles in Francia, e ora a Carrara: fino al 25 agosto alla galleria Il Borgo nell’ambito del festival Parkour, e dal 26 agosto al 10 settembre alla galleria Nove nell’ambito del festival Con- vivere. A ottobre, infine, sarà al Pan di Napoli. La mostra è dunque itinerante: come un viaggio nel viaggio perché la tematica sono i migranti, in particolare l’attenzione si concentra su Lampedusa. Da viaggiatore l’artista ha saputo ascoltare le storie e le tragedie delle persone che attraversano i nostri mari, storie che sono visibili a tutti, così in Fino alla fine del mare gli sbarchi dei migranti che arrivano in Europa dopo viaggi della speranza sono trattati in maniera innovativa. Il tema mitologico del viaggio nasce agli albori della nostra civiltà, si pensi ad Ulisse, ed è una metafora della continua ricerca del nuovo da parte dell’uomo. È proprio rifacendosi al mito che Di Cera ha trovato i temi di questo progetto, come ci racconta:

 “ le parti del lavoro totale sono ascrivibili a sei parole chiave cui mi sono ispirato a partire dall’Odissea e cioè: il viaggio, l’isola, la lotta, la speranza, il ritorno, il legame.”

L’uomo da secoli è andato sempre incontro alla volontà di cercare altro migrando, da ciò si sono sempre generati dei sentimenti: una specie di lotta intestina nel rapporto con la propria patria, la nostalgia anche effimera nel pensiero di voler tornare, la speranza di trovare ciò che si cerca, la speranza negli approdi temporanei, la sfrontatezza del nuovo. Tutti elementi essenziali nell’idea di viaggio che si possono ritrovare anche oggi accanto alle tragedie.  Di Cera commenta:

“ Attualmente i viaggi dei migranti che vanno alla ricerca di un qualcosa d’altro nascono da un forte dramma sociale che crea circuiti di movimento che ci sono sempre stati nel mondo, ma che ora sono esasperati e ci toccano in primis come tragedie perché è un periodo storico in cui chi vive in certe zone del mondo si vuole spostare per non morire e spesso queste persone trovano la morte in mare nel tentativo di salvarsi.”

Proprio per tale motivo Di Cera sviluppa il suo discorso da un altro punto di vista. Al contrario delle immagini di orrore che tante volte affollano le mostre di fotografia quando si affronta questo tema, egli fa un discorso astratto per lasciare libero chi vede di dare anche un’interpretazione positiva nel senso di una speranza che ha il migrante, reale o anche solo immaginata, come un sogno che si può realizzare. Tutto è nato quando avvicinandosi ai barconi di Lampedusa, in uno dei suoi viaggi, l’artista ha scoperto che le campiture cromatiche dei relitti potevano assomigliare a quelle di pittori astratti: dal dramma si poteva generare la bellezza. Quindi il discorso astratto calzava per manifestare anche qualcosa di positivo, per dare una libertà interpretativa che potesse anche essere estetica e andare verso un sentimento speranzoso. Di Cera stesso lo conferma nelle sue parole:

“guardando attentamente gli scafi delle barche che mi facevano pensare a pittori astratti come Rothko e Mirò ho trovato un’ispirazione che poteva volgere al bello: da un qualcosa che da lontano sembra tragico ed è tragico, avvicinandoti puoi vedere anche qualcosa di diverso: questa diversità sono immagini artistiche legate anche al positivo e alla speranza. Così ho fotografato particolari degli scafi con le loro parti cromatiche in un discorso astratto che mi permetteva di aprire a un nuovo approccio.”

Insomma, libertà di pensiero, libertà interpretativa, elementi polivalenti: non solo tragedia, ma anche bellezza e speranza. Inoltre le fotografie sono stampate direttamente sui legni delle barche di Lampedusa e poi trattate con la resina per contestualizzare ancora di più il fatto che sono immagini provenienti da quel luogo e nate per quel luogo, che gireranno altri siti per portare avanti un discorso universale. Il lavoro di gestazione di questo progetto è stato lungo e si è giocato su due fronti: da una parte le fotografie e dall’altra le sei tematiche. Per questo ci sono voluti vari sopralluoghi nell’isola di Lampedusa per un tempo di due anni con continui raffronti fra tematica e scatto.

Per comprendere meglio ogni cosa serve anche il pensiero, il tempo per meditare, per lasciarsi coinvolgere e ponderare… A tal riguardo, concludiamo con le parole dell’artista che descrive un esperimento che per questa mostra itinerante è stato realizzato solo per Palazzo Velli a Roma:

“Avevamo creato una sala multisensoriale con un video mapping che lavorava su barche di carta sospese nell’aria su cui venivano proiettate immagini che riconducevano al tema della mostra in una stanza separata e con sottofondo musicale. Tutto ciò permetteva di estraniarsi e meditare.”

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Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

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