Gita al Faro. Gli autori e l’Isola. Nicola Lagioia

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Nicola Lagioia

Anche quest’anno riprendiamo le nostre chiacchierate con gli autori invitati a partecipare al Festival Gita al Faro da Loredana Lipperini che ne cura la direzione artistica.
Assieme a loro vogliamo scoprire con quale immaginario e con che spirito soggiorneranno a Ventotene pronti a scrivere una storia nuova per un’Isola antica.
Oggi è la volta di Nicola Lagioia.

È sempre più difficile riuscire ad ascoltare una narrazione diversa da quella che ci viene suggerita dai media e dal timore diffuso. La sensazione è che si sia perso un linguaggio comune partendo proprio dai significati delle parole. Qual è un possibile suggerimento per tornare ad ascoltare storie coinvolgenti?

Non ho questa sensazione. La lingua letteraria non è oggi più lontana da quella mainstream di quanto succedesse trenta o quarant’anni fa. E di buone storie c’è sempre bisogno. Non ho un suggerimento per “tornare” ad ascoltare storie coinvolgenti perché vorrebbe dire che non ce ne sono più. Mi manca una visione così pessimista della situazione, credo di non averla perché sono un buon lettore. Per fare pochi esempi basta leggere Marilynne Robinson, Stephen King, José Saramago, Michele Mari, Elena Ferrante, Alice Munro, Roberto Bolaño per avere la conferma che negli ultimi anni, come è sempre successo nel mondo, si sono continuate a scrivere grandi storie.

Da dove nascono le tue storie?

Dall’esperienza e dall’immaginazione.

Di cosa parli con maggior coinvolgimento quando vuoi raccontare la vita reale? Famiglia, amore, crescita personale, oppure hai un tuo percorso meraviglioso?

Dipende dal romanzo con cui sono impegnato.

Che faccia hanno i tuoi lettori? Cosa credi li affascini della tua scrittura?

Davvero non lo so, bisognerebbe chiederlo a loro. Se devo limitarmi ai lettori che vengono alle mie presentazioni e ai miei incontri pubblici, posso dire che hanno facce spesso molto diverse le une dalle altre, il che mi fa davvero piacere.

Perché hai deciso di partecipare a Gita al Faro? Cosa ti ha convinto a dire sì? Ti era già stato chiesto?

Mi era già stato chiesto, ma nelle scorse edizioni durante i giorni di Gita al Faro lavoravo, e così non sono potuto venire. Ho deciso di partecipare perché mi è stato detto che è un festival molto stimolante, e anche perché non sono mai stato prima a Ventotene.

È la prima volta che sei “costretto” a un eremitaggio letterario?

Qualche giorno in hotel su un’isola dell’Europa occidentale non credo si possa definire un eremitaggio. Eremitaggio letterario è stare cinque anni a lavorare su un romanzo sacrificando tutto il resto. Ecco, eremitaggi di questo secondo tipo ne ho fatti un po’ nella mia vita.

Cosa cerchi nell’Isola?

Cerco di non arrivarci con delle aspettative preconfezionate. Quindi non cerco niente, sperando di trovare qualcosa di interessante.

Ventotene sta tornando a simboleggiare la nascita dell’Europa, ora che l’Europa si è trovata di fronte ai suoi limiti e a tutto quello che ha disatteso rispetto ai “padri fondatori”. Pensi che ripartire da qui, dunque raccontare l’Europa in un modo sconosciuto ai più possa portare a qualcosa? Ma soprattutto ha ancora senso parlare di Europa quando il mondo più vicino bussa forte?

Ventotene è un luogo simbolo, e io dei luoghi simbolo ho un po’ paura perché si circondano naturalmente di retorica. Ecco, speriamo di non contribuire alla retorica in questi giorni. Ha molto senso parlare d’Europa, ma l’Unione Europea in questi ultimi anni si è impegnata in modo eccezionale per fallire. L’Europa come laboratorio e crocevia politico, filosofico, religioso, artistico, culturale è uno dei più affascinanti esperimenti umani di sempre. L’Unione Europea – per come funziona, per il modo in cui cerca di tesaurizzare questo patrimonio – uno dei meno affascinanti.

Cosa chiederesti ai presidenti dei Parlamenti d’Europa che saranno a Ventotene assieme a te quest’anno?

Dubito che degli uomini politici siano davvero interessati alle richieste o alle idee di uno scrittore. Da quando scrivo e lavoro, l’esperienza mi dice che di solito gli uomini politici hanno altre urgenze.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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