Gita al Faro. Gli autori e l’Isola. Eraldo Affinati

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Eraldo Affinati

Il nostro ospite di oggi è Eraldo Affinati anche lui invitato a partecipare al Festival Gita al Faro da Loredana Lipperini che ne cura la direzione artistica.

È un momento particolarmente difficile. Molte cose passano in secondo piano, ma noi crediamo che, anche nei momenti più tragici, bisogna continuare a raccontare storie.

 

È sempre più difficile riuscire ad ascoltare una narrazione diversa da quella che ci viene suggerita dai media e dal timore diffuso. La sensazione è che si sia perso un linguaggio comune partendo proprio dai significati delle parole. Qual è un possibile suggerimento per tornare ad ascoltare storie coinvolgenti?

Credo che oggi, come ieri, la letteratura possa dare senso all’esistenza, intensificandola. Questo può avvenire soltanto sottraendo il linguaggio ai clichés che la politica gli impone. La rivoluzione informatica rischia di bruciare l’esperienza che invece dovrebbe essere sempre alla base dell’espressione umana, per evitare il rischio che la parola risulti gratuita.

Da dove nascono le tue storie?

All’inizio c’è sempre un’ossessione conoscitiva: per una persona, per un luogo, per un’emozione, per un’idea. Poi cerco di toccare con mano le fonti, interrogando i testimoni. Infine scrivo nel tentativo di caricarmi sulle spalle la tradizione che mi precede.

Di cosa parli con maggior coinvolgimento quando vuoi raccontare la vita reale? Famiglia, amore, crescita personale, oppure hai un tuo percorso meraviglioso?

Molti miei libri sono nati a partire dalla mia esperienza di insegnante a ragazzi difficili, oppure a immigrati. Il che si trascina dietro la riflessione sull’origine oscura dei miei genitori entrambi orfani scampati agli orrori della Seconda guerra mondiale. In me la dimensione pedagogica è intrecciata a quella letteraria. Non a caso il libro con cui esordii, ventiquattro anni fa, “Veglia d’armi”, era dedicato a Lev Tolstoj, forse il più grande scrittore-insegnante dell’epoca moderna. L’ultima opera, “L’uomo del futuro”, è incentrata su Don Lorenzo Milani.

Che faccia hanno i tuoi lettori? Cosa credi li affascini della tua scrittura?

Ogni lettore è un mondo a sé. Con la sua sensibilità, la sua cultura, il suo carattere. I miei lettori non so chi siano, li vedo solo alle presentazioni: riconosco in molti di loro la mia stessa inquietudine conoscitiva e credo che possano essere attratti dall’energia vitale che riconoscono in me.

Perché hai deciso di partecipare a Gita al Faro? Cosa ti ha convinto a dire sì? Ti era già stato chiesto?

E’ la prima volta che vengo invitato a Gita al Faro. Ho accettato a scatola chiusa per la simpatia istintiva che nutro nei confronti di Loredana Lipperini, poi quando mi sono reso conto che quest’anno avremmo avuto uno scenario europeo, la decisione di partecipare si è rafforzata.

È la prima volta che sei “costretto” a un eremitaggio letterario?

Sì, vedremo quel che succederà.

Cosa cerchi nell’Isola?

Il calore umano. Questo perché io ho avuto una giovinezza molto solitaria. E’ come se fossi cresciuto in un’isola (interiore).

 Ventotene sta tornando a simboleggiare la nascita dell’Europa, ora che l’Europa si è trovata di fronte ai suoi limiti e a tutto quello che ha disatteso rispetto ai “padri fondatori”. Pensi che ripartire da qui, dunque raccontare l’Europa in un modo sconosciuto ai più possa portare a qualcosa? Ma soprattutto ha ancora senso parlare di Europa quando il mondo più vicino bussa forte?

Io e mia moglie, Anna Luce Lenzi, lavoriamo con i minorenni non accompagnati e i rifugiati politici, ai quali insegniamo gratis l’italiano nella scuola Penny Wirton da noi fondata. I nuovi muri li vediamo ogni giorno negli occhi di Mohamed e Khaliq, insieme ai fili spinati e a tutti i rischi che ne conseguono. Abbiamo una responsabilità storica nei confronti dei migranti troppo spesso disattesa. Ventotene dovrebbe rappresentare una spina nel fianco dell’Europa. Un richiamo severo ai principi di fratellanza universale che vennero elaborati proprio nel Vecchio Continente e che quindi non possono essere traditi.

Cosa chiederesti ai presidenti dei Parlamenti d’Europa che saranno a Ventotene assieme a te quest’anno?

Non basta scrivere i regolamenti. C’è un lavoro umano da compiere. Bisogna trovare azioni comuni in cui impegnarci, senza sventolare la nostra bandierina.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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