Le Streghe di Lenzavacche. Le streghe, la cultura, la solidarietà nel romanzo di Simona Lo Iacono

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Le streghe di Lenzavacche, cover

È un romanzo bellissimo, una storia che ti cattura con la sua intrigata e sapiente leggerezza, una narrazione che ti porta con sé in un viaggio immaginifico fino agli inferi (che poi tali non sono) per risalire fino al cielo di ciascuna esistenza, anche la più provata.

È un testo di una scorrevolezza narrativa vivificante, frutto di una scrittura  colta che, quasi in punta di piedi,  attraversa le pagine  e con esse i secoli in cui si snoda la vicenda.

Le streghe di Lenzavacche (edizioni e/o) è il nuovo lavoro letterario di Simona Lo Iacono ed è già un conclamato successo letterario.

Nativa di Siracusa, magistrato nel Tribunale di Catania, ha al suo attivo numerose pubblicazioni premiate sia dalla critica che dal pubblico.

E tale consenso  l’autrice lo riconferma con una storia intrisa di originalità e piacevolezza,  ambientata in due periodi storici  controversi e luttuosi, segnati dall’Inquisizione il primo e dal regime fascista, il secondo.

Dotata di una forte sensibilità e di una forte comunicabilità, Lo Iacono con il suo romanzo racconta, usando appositamente due cifre linguistiche differenti e valide, una vicenda straordinaria e appassionante, in bilico tra realtà e fantasia,  che viaggia nell’arco di tre secoli, fino a trovare  il suo punto di snodo in un regio decreto del 1925 che tra le varie disposizioni consente ai disabili di accedere all’istruzione pubblica in classi differenziate.

Proprio grazie a questa norma sfuggita alle leggi fasciste, ricevono  dovuta giustizia le esistenze dei protagonisti come il piccolo Felice, la saggia Tilde, l’affascinante Rosalba, il giovane Alfredo, il farmacista Mussumeli, l’arrotino detto il  Santo.

Ma soprattutto si acquietano, in danze liberatorie, le anime innocenti delle streghe di quel lembo di territorio siciliano, donne sfortunate ma libere e buone di spirito che  in tempi remoti,   avevano patito ingiuste pene, persino la morte, per  una sorte beffarda resa forte da un’ ignorante presunzione umana.

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Rita Caramma è giornalista e scrittrice. Per poesia ha pubblicato: “Nella mia ricca solitudine” (Il Filo – Roma – 2005), “Retrospettive dell’inquietudine” (Zona - Arezzo – 2008), “Ti parlerò d’amor” (Drepanum – Trapani – 2016), “Parole di carta, parole di cartone” (Youcanprint – 2018). Per la narrativa il racconto lungo “Tecla” (Youcanprint – 2019). Per il teatro: “Una vestale di nome Ginevra” (Zona – 2010) e “Respiri migranti” (CR – Acireale – 2018), di quest’ultimo ha curato anche la regia. Ha scritto le favole in rima “Il ragno” (Arteincircolo 2007) e “Gelsomina” (Youcanprint – 2018). Ha curato diverse antologie di poesie e racconti. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, fra questi nel 2010 le è stato conferito il premio “Ercole Patti” per il suo impegno culturale.

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