Seurat, Van Gogh, Mondrian a Verona con altri sodali per una rivoluzione postimpressionista

V. Van Gogh, Autoritratto in mostra a Verona.

Deve aver gongolato, e a ragione, il Sindaco di Verona Flavio Tosi, alla notizia dell’enorme successo di fruizione e della proroga relativi alla mostra Seurat-Van Gogh-Mondrian che il suo Comune ha promosso. L’esposizione, di quelle che per artisti, opere e tema sono prevedibilmente di facile consenso pubblico, ha il pregio di uscire dalla modalità blockbuster tipica di altre simili zoomate espositive – ovvero: nomi noti, impressionismo a iosa, tanto apprezzato da un pubblico eterogeneo, reperimento dei quadri avvantaggiato dal poterli scegliere da grandi collezioni (in questo caso il patrimonio del Kröller Müller di Otterlo – per dotarsi di uno sguardo critico mirato a restituire e far comprendere non solo la svolta rivoluzionaria e pionieristica dell’arte che si appalesa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ma anche l’atmosfera elettrizzante che permeò tutta quella storia.

In mostra settanta opere, come anteprima europea, raccolte da Helene Kröller-Müller, moglie di un facoltoso industriale olandese e fondatrice del museo tra la sua fitta campagna di non facile accessibilità. A Verona sono state portate, tra le tante, il celebre Autoritratto del 1887 di Vincent van Gogh e il suo altrettanto celeberrimo Il seminatore, 1888, con Paesaggio con fasci di grano e luna che sorge, 1889; Ingresso del porto di Honfleur (1886) di Seurat, del quale abbiamo, tra l’altro, anche la Domenica a Port-en-Bessin (1888) e due rari  disegni preparatori (Ragazza. Studio, e Donna con manicotto, 1884 ca) di Una domenica pomeriggio nell’isola della Grande Jatte, 1884-86 attualmente all’Institute of Chicago Building; si può ammirare l’ariosa quiete de La sala da pranzo (1886-87) di Signac, capace di generare empatia nonostante la ieraticità statica dei personaggi. Troviamo anche Henry Van De Velde con un magnifico Crepuscolo, 1889 ca., il belga Théo Van Rysselberghe con sei tele tra paesaggi, marine, nudi femminili  e scene di quotidianità (agiata) familiare tra le quali In luglio, prima di mezzogiorno-Il frutteto o Famiglia in giardino, 1890; Georges Lemmen con l’urbana panoramica di Fabbriche sul Tamigi, 1892 ca.;  Jean Metzinger, con Tramonto, 1906-07 e opere di H.P. Bremmer, Jan Sluijters, Leo Gestel, Hans Lemmen.

Attraverso tali quadri si ripercorre l’uscita progressiva dal naturalismo per una maggiore attenzione ad altri aspetti del vero.

Il Pointillisme, nato intorno al 1884-86 in Francia, e poi in Belgio e in Olanda, parte dagli studi sul colore di Chevreul già applicati dall’Impressionismo, secondo cui ogni colore che noi vediamo nasce dall’influenza del suo vicino e scopritori che giustapponendo due colori primari si riusciva a fare emergere i complementari generando sulla retina quella continua vibrazione cromatico-luminosa che è in tutte le cose ed è percepibile al meglio en plein air. Ebbene: il Pointillisme andò più avanti. Fatta salva quella tecnica, che scopriva un’inedita indagine sulla luce che doveva potere avvolgere anche lo spettatore, come se egli fosse lì, con i pittori, davanti ai loro cavalletti portatili – una recentissima invenzione dell’epoca subito adottata dai nostri –, immerso nella natura, nelle rifrazioni, nel pulviscolo atmosferico, adottò maggiore scientificità. Avviò, così, una più moderna trasfigurazione della realtà. Come? Partendo da quella degli impressionisti, orientò la sua investigazione verso il principio del melange optique. Questo nasceva dall’accostamento di piccoli puntini distinti di colori primari e ciò faceva emergere, come ancora fa, nell’occhio che guarda, da una certa distanza, un terzo colore (il complementare, appunto) di brillantezza maggiore. La retina, insomma, assolve quasi alla funzione della tavolozza mescolando le tinte, così postate sulla superficie pittorica, che saranno, però, in perenne oscillazione, nell’impossibilità di una messa a fuoco fissa, uniforme. Questo, già presente nelle opere degli impressionisti, qui diventa strutturazione analitica, tenta di dare un ordine razionale assente nelle opere impressioniste, cerca un recupero del valore artistico di forme e volumi, una maggior solidità dell’immagine e della sicurezza del contorno (che i Divisionisti italiani, per esempio, rendono flou, sfilacciano) e giunge a una nuova divisione del colore. Per questo Paul Signac (Parigi, 1863 – 1935) avrebbe preferito, a Puntinismo, la denominazione Divisionismo; lui e il sodale Georges Seurat (Parigi, i859 – 1891), che avevano partorito questi studi e il linguaggio visivo che li dimostrava, diedero vita a un vero e proprio movimento che fu detto Neoimpressionismo; anche se “la denominazione più appropriata sarebbe quella di cromo-luminaristi“, la decisione di richiamare nel nome gli Impressionisti non fu certo “per ricercare il successo”, dato che “gli impressionisti erano ancora tutt’altro che affermati”, ma “per rendere omaggio allo sforzo dei precursori di mettere in evidenza, sia pure nella diversità dei procedimenti, il fine comune: la luce e il colore.” (P. Signac, 1899).

Che tale rigore non fosse un impedimento alla libertà creativa si vede chiaramente dalle opere e lo confermò anche il teorico (pittore anch’egli) seguito da Seurat: David Sutter. Egli era convinto: “la scienza libera da tutte le incertezze e permette di muoversi in assoluta libertà”, quindi le regole, insite nelle leggi stesse della natura, “non ostacolano la spontaneità della creazione”. [in: Phénomènes de lade la vision (I fenomeni della visione) in: “L’Art”1880].

Di fatto, si era avviata una lettura dell’esterno tangibile che guardava e cercava di rimandare anche la realtà interna, su cui l’esterno poggiava – scienza, fisica, percezione –, allontanandosi sempre di più dalla raffigurazione, alla mimesi –e anche grazie all’affacciarsi della fotografia, dal 1839 sempre più autonoma dalla pittura –, aprendosi all’invisibile e all’evocativo con il Simbolismo (del nabis Maurice Denis con I vespri all’ospedale, del 1890; di Henri Edmond Cross con la veduta veneziana Ponte San Trovaso del 1903-05; dell’olandese Johan Thorn Prikker, allievo di Henry van de Veldee celebre per le vetrate, di cui abbiamo gli spirituali Cristo in croce, 1891-92, e Presso la croce-Madonna dei tulipani, 1892, e la magnifica, floreale La sposa, 1892-93); poi, proponendo la via dell’astrazione, che un artista come Mondrian (in mostra con Composizione n. II, 1913, Composizione a colori B, 1917, Composizione con griglia 5: losanga, composizione con colori, 1919 e Composizione con rosso, giallo e blu, 1927) portò a consapevole compimento, la storia diventerà un’altra. Sempre avventurosa, sulle ali della libertà espressiva…

Info mostra

  • Seurat-Van Gogh-Mondrian.
  • A cura di Liz Kreijn e Stefano Zuffi
  • Proroga fino al 28 marzo 2016
  • Orari: tutti i giorni 9.30 – 19.30. Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
  • Promossa dal Comune di Verona e con il supporto della Fondazione Arena,
  • prodotta e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con il Kröller Müller Museum
  • Palazzo della Gran Guardia
  • piazza Bra, Verona
  • www.ilpostimpressionismoineuropa.it/la-mostra
+ ARTICOLI

Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.