Edward Hopper racconta di silenzi e solitudini contemporanee. In mostra al Vittoriano

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La nuova grande mostra di Edward Hopper al Vittoriano, che si ripropone, riveduta e corretta, in altro luogo e con diverse curatele, ricordando quella dell’ottobre 2009 fa all’allora Museo del Corso (Fondazione Roma), è una blockbuster. Lo è per stessa ammissione degli organizzatori che hanno affermato, in conferenza stampa capitolina (30 settembre 2016, ore 12.00), di aver seguito – come? Ci sfugge… – le richieste generali di un vasto pubblico che avrebbe apprezzato Hopper tra le esposizioni da rivedere o, nel caso di fruitori più giovani, da vedere in Italia e a Roma. Questa è la risposta alla nostra specifica domanda a cui si è aggiunto un chiarimento sulla sostanziale differenza tra quella mostra e l’attuale, rintracciabile “nella scelta di far vedere qui un’unica collezione” (del Whitney Museum di New York) e in un approfondimento divulgativo, in forma di video e testi in catalogo – interessanti: firmati da Luca Beatrice -, sul rapporto del Cinema con le opere di Hopper. Qualcosa, per la verità, già raccontato in un testo di Goffredo Fofi nel catalogo romano della qui citata antologica del Museo del Corso di anni fa. Stavolta, forse, l’apparato critico è più accattivante e agile, con quel guizzo efficace tipico di Luca Beatrice, che ha sottolineato le analogie tra molte atmosfere e scene di film “di Hitchcock, Wenders, di Antonioni o Dario Argento e alcuni, anzi molti ambienti o panorami di Hopper”. Che non praticava la Fotografia ma è e resta magnificamente fotografico, oltre che cinematografico.

Sia come sia, la proposta – da Bologna, a Palazzo Fava, a Roma, al Vittoriano, appunto – è  qualcosa di visto e rivisto ma è di buona qualità e, trattandosi di uno storico protagonista della Storia dell’Arte, va bene così.

L’allestimento, pulito e con quel tanto di teatrale che l’illuminazione esalta, consta di circa 60 capolavori eseguiti in un arco temporale ampio: tra il 1902 e il 1960. Possiamo, così, ripercorrere con agio la cifra hopperiana. La rileviamo negli acquerelli parigini, nei tanti paesaggi, negli scorci cittadini degli anni ‘50 e ’60 dispiegati per temi che radunano un severo Autoritratto (1903-1906), impostato alla maniera antica, con sfondo nero; e poi: celebri capolavori come South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909), interessantissimi studi come quello per Girlie Show del 1941.

L’artista americano (Nyack, 22 luglio 1882 – New York, 15 maggio 1967), uomo schivo e timido, era un pittore instancabile, che aveva fatto dell’arte la sua voce: “Se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere”.  Egli amava la lentezza e una certa meticolosità: “È all’inizio che bisogna andare lenti, quando si comincia, per tracciare una composizione impeccabile, in modo da non dover aggiungere e sottrarre dopo.” In questa frase di Hopper sembra di rintracciare la certezza di Ezra Pound, secondo il quale “le arti, quando sono sane, sono succinte”; e di Bruno Munari che ripeteva che “Complicare è facile, semplificare è difficile” perché “per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere cosa togliere…”: qualcosa che Hopper sapeva fare da maestro.

Ormai è divenuto – forse suo malgrado: chissà?! – un… topos espositivo, una garanzia di successo pop(olare), a conferma – semmai ce ne fosse bisogno – della sua grandezza: non certo nella mimesi, nella perfezione della raffigurazione pittorica, perché sappiamo e vediamo che quella, la buona resa, non era il suo forte (nel disegno, al contrario, era eccezionale). Ma va bene così perché se è vero che “Le idee banali non possono essere riscattate da una bella esecuzione” (da Sol Lewitt, Paragraphs on Conceptual Art, in “Art-forum”, giugno 1967), la citazione vale anche se così interpretata: un’esecuzione forse non bellissima né ineccepibile può nascondere e anzi esaltare un’idea eccezionale. Che Hopper ha avuto e palesato, da artista di razza quale è: non solo in veste di pionieristico cantore della solitudine e dell’incomunicabilità dell’individuo (di allora come di oggi!) nel logorìo della (nuova) vita moderna, quella della neo-urbanizzazione e anche del paesaggio e della desolata (e assai chiusa) realtà della provincia, ma è il pittore della luce. Quella particolare luce che, quasi fosse un efficace accompagnamento cinematografico, ci restituisce un Timelessness e allo stesso tempo una radicalizzazione nel proprio tempo e spazio, sanando, dunque, qualsiasi aporìa; e ci introduce in una visione impietosa e insieme poetica, persino incantata, di un mondo – metà fisico, metà interiore – alla fine e di uno appena all’inizio…

Ps.: immancabile, l’hastagh: #HopperRoma; così come il gradevole spazio-bimbi che recupera il valore della manualità e della fantasia con la tecnologia al minimo e, accanto, tanta carta, molte matite e i colori per disegnare!

 

Info mostra

Edward Hopper 

  • A cura di Barbara Haskell in collaborazione con Luca Beatrice
  • Organizzata e prodotta da Arthemisia Group con il Whitney Museum of American Art di New York,
  • Dall’1 ottobre 2016 al 12 febbraio 2017
  • Complesso del Vittoriano
  • www.ilvittoriano.com/mostra-hopper-roma.html
  • UFFICIO STAMPA Arthemisia Group: Adele Della Sala – ads@arthemisia.it; Anastasia Marsella -am@arthemisia.it; Salvatore Macaluso – press@arthemisia.it; T. +39 06 69380306
  • BIGLIETTI
    Intero € 14,00 (audioguida inclusa)
  • Ridotto € 12,00 (audioguida inclusa) – 65 anni compiuti (con documento); ragazzi da 11 a 18 anni non compiuti; studenti fino a 26 anni non compiuti (con documento); militari di leva e appartenenti alle forze dell’ordine; diversamente abili; giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti); dipendenti e agenti (muniti di badge) e clienti (muniti di dem nominale) Generali Italia
  • Ridotto Gruppi € 10,00
 – prenotazione obbligatoria, min 15 max 25 pax
 microfonaggio obbligatorio
  • Ridotto speciale € 10,00  – Guide con tesserino se non accompagnano un gruppo
  • Universitari € 6,00 ogni martedì escluso i festivi
  • Ridotto scuole € 5,00 con prenotazione obbligatoria, min 15 max 25 pax microfonaggio obbligatorio per le scuole secondarie di 1° e 2° grado
  • Ridotto bambini € 6,00 
(audioguida inclusa): bambini da 4 a 11 anni non compiuti. Ridotto Scuola del’infanzia € 3,00 prenotazione obbligatoria, min 15 max 25 pax
  • Biglietto Open € 16 + € 1,50 di prevendita -Consente l’ingresso alla mostra senza necessità di bloccare la data e la fascia oraria.
  • 
Omaggio
: bambini fino a 4 anni non compiuti; accompagnatori di gruppi (1 ogni gruppo); insegnanti in visita con alunni/studenti (2 ogni gruppo); soci ICOM (con tessera); un accompagnatore per disabile; possessori di coupon di invito; possessori di Vip Card Arthemisia Group; giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti) in servizio previa richiesta di accredito da parte della Redazione all’indirizzo press@arthemisia.it)
  • SPECIALE 2×1 FRECCE TRENITALIA: I possessori di Cartafreccia muniti di biglietto, in formato digitale o cartaceo, con cui si è raggiunta Roma (in una data antecedente al massimo tre giorni da quella della visita) pagando un ingresso intero, avranno diritto a un omaggio per un accompagnatore, valido per l’ingresso immediato in mostra. La stessa agevolazione è valida per i viaggiatori del trasporto regionale, dietro presentazione dell’abbonamento Trenitalia e di documento d’identità.
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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