Pompei si dota del più grande itinerario facilitato di visita ad un’area archeologica in Italia

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“A Pompei non sono più i muri a crollare ma le barriere architettoniche.”

Questo, che suona come un bello slogan del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, è di fatto, stavolta, corrispondente a una realtà. Prosegue a spiegarla il Ministro:

“Questa è la giornata più bella da quando sono Ministro e rappresenta il coronamento ideale di un anno che con oltre tre milioni di ingressi ha visto il record assoluto di visitatori per il sito degli scavi”.

Tale dichiarazione ha accompagnato l’inaugurazione – 2 dicembre – del percorso di oltre 3 km che dall’ingresso di Piazza Anfiteatro conduce a Porta Marina passeggiando lungo le arterie principali della città archeologica con accesso ai più significativi edifici e domus.

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Cosa c’è di così nuovo e importante in questa apertura ad hoc? Che questo camminamento consentirà a chiunque –  persone con difficoltà motorie, genitori con passeggino ma anche a tutti i visitatori che prediligono un itinerario più confortevole – di visitare l’area archeologica nella maniera più completa ma soprattutto più agevole possibile. Sempre che tutto funzioni a dovere. Tale itinerario, realizzato nell’ambito del Grande Progetto Pompei, risponde alle esigenze, tante volte sollecitate da una grande parte di utenti del sito e addetti-ai-lavori, che hanno chiesto che si mettessero tutti nella condizione di godere di questo patrimonio universale unico in modo ampio, non limitando la visita alle sole aree prossime agli ingressi.

Questa necessità ed urgenza riguarda, per la verità, moltissimo del nostro Patrimonio archeologico e artistisco e, ovviamente, le nostre stesse città nelle quali non si è mai concretizzata l’utopia dell’abbattimento delle barriere architettoniche. Non solo fatte di scale, strettoie, dissesto del manto stradale o dei marciapiedi, ma anche dell’inciviltà collettiva di chi parcheggia dove non dovrebbe auto e moto, o lascia rifiuti ingombranti ad ostruire il passaggio dei pedoni, carrozzine e carrozzelle…; o degli ambulanti o i ristoratori che allargano a dismisura e abusivamente lo spazio loro assegnato per posizionarwe i propri banchi commerciali o i tavolini; per tacere dei lavori stradali che spesso o talvolta le ditte non seguono a dovere, lasciando buche non ben coperte e livellate e transennamenti mal fatti o, peggio, abbandonati. In una deriva tanto incivile e poco empatica verso le persone, sia abili sia portatori di disabilità (o altre abilità…), stupisce che nemmeno le istituzioni connesse alla Cultura si siano troppo preoccupate di evitare, almeno loro, i patimenti ai loro cittadini, soprattutto a quelli più svantaggiati. Applaudiamo, pertanto, quando qualcosa cambia in questa direzione. A Pompei, finalmente, questo è avvenuto. Vigileremo per capire se davvero tutto funzionerà come nelle finalità di questo enorme progetto.

Grazie a una squadra di esperti di settore, tra archeologi, architetti, restauratori, ingegneri, sono state individuate le soluzioni tecniche ritenute più idonee a migliorare i livelli di fruibilità del sito e a salvaguardare, ovviamente,  le caratteristiche del patrimonio. Gli interventi di integrazione in alcuni tratti rispondono, infatti, a esigenze funzionali di fruizione eseguite nel pieno rispetto dei principi di restauro in aree archeologiche: sono stati usati materiali moderni e compatibili come pavimentazioni a base di calce idraulica esente da cementi e passerelle ed attraversamenti metallici removibili. Come ci confermano dal Ministero, tutto è stato rispettato, compresa la produzione di necessarie certificazioni alle operazioni, e il procedere è stato complesso ma è giunto a buon fine: ogni azione a Pompei può “facilmente essere oggetto di attenzione e spesso di giudizi improvvidi da parte di chi osserva dall’esterno un contesto così particolare. Nello specifico, sulla resa cromatica, materica ed estetica nonché sulla resistenza meccanica e allo sfregamento sono stati realizzati tra luglio e settembre 2015 tredici campioni di pavimentazione. Successivamente, sono state eseguite prove del campione scelto presso un laboratorio universitario per certificare le caratteristiche dell’impasto. Nella maggior parte della pavimentazione dei nuovi percorsi, è stata inserita una rete di fibra di vetro in luogo di quella elettrosaldata per garantire resistenza e, contestualmente, evitare rischi al patrimonio archeologico legati all’ossidazione dei metalli. Lungo i percorsi, inoltre, sono state installate rampe di accesso agli edifici più significativi del sito completamente removibili. Infine, a partire da settembre è stato avviato un intervento conservativo su 12 fontane pubbliche lungo il percorso, secondo un approccio metodologico definito di concerto con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che ha concluso a luglio una delicata ed interessante fase di analisi di tali manufatti, dando indicazioni circa le più accorte tecniche di intervento da porre in essere.”

A una prima passeggiata il camminamento sembra efficiente ma ci riserviamo di monitorarlo a lungo e di raccontarvi ulteriormente. A breve un nuovo articolo che lo testimonierà.

Altre info: www.beniculturali.it

Contatti: Ufficio Stampa MiBACT ufficiostampa@beniculturali.it

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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