Più Libri Più Liberi 2016 #14. Si parla del mercato del selfpublishing. Un’altra editoria?

Sembra un po’ di assistere a quella faccenda della montagna e di Maometto: prima o poi si dovranno pur incontrare! E così capita che in una magnifica giornata di dicembre, a.d. 2016, in quel di Roma al Palazzo dei Congressi, il Selfpublishing incontri la piccola e media editoria in qualità di partecipante e non più come mero spettatore di serie B. Esatto, proprio così. L’incontro è stato curato dall’AIE in fondo, quindi delle due una: o hanno promosso il selfpublishing o lo temono.

Giovanni Peresson (AIE) ci ha intrattenuti con una lunga e interessante analisi di cosa rappresenta il mercato dei libri auto pubblicati in Italia, ma soprattutto ha analizzato il fenomeno dal 2010 e dintorni al 2015. I numeri sono impressionanti, specie considerando che sono stati considerati solo i libri pubblicati con ISBN dalle varie piattaforme. Manca quindi all’appello tutto ciò che è stato pubblicato senza questo codice identificativo che è in grado di mappare ogni titolo in circolazione. Ciò che maggiormente mi ha impressionata è la crescita esponenziale degli ebook: da 146 titoli pubblicati nel 2010 si passa ad oltre 25.000 nel 2015. Per i libri di carta la crescita è stata decisamente inferiore, segno evidente che è stato proprio l’avvento del mezzo digitale a rompere le barriere della libera editoria auto prodotta. Ma questo si sapeva.

Ma cosa “smuove” dunque questo mercato del selfpublishing? C’è tutta una filiera dietro, un mondo di professionisti, di agenzie di servizi, di piattaforme dedicate, che aiutano e supportano gli autori che decidono di avvalersi di questo metodo di pubblicazione. Sì, il selfpublishing è cambiato dai suoi esordi ad oggi. In principio è stato visto come un’opportunità per chiunque di veder pubblicato il famoso libro nel cassetto, qualcosa di simile al vanity press senza il “filtro” delle EAP. Dal marasma di testi prodotti era quindi difficile emergere per quegli scrittori che della scrittura volevano fare il proprio onesto mestiere. Con l’arrivo in Italia di Amazon KDP poi (all’inizio del 2012), è nata intorno al selfpublishing una maggiore curiosità (l’avvento dei primi Kindle, cui sono seguiti i Kobo e gli altri e-reader) da parte dei lettori che volevano sperimentare questo ancora nuovo strumento di lettura.

La lettura digitale in Italia è ancora qualcosa di nuovo, ma nel 2012 era quasi fantascienza. Ce lo racconta bene Rita Carla Francesca Monticelli, scrittrice self con all’attivo ben 11 romanzi pubblicati in Italia, di cui 5 anche nel mercato USA e che può vantare, proprio all’estero, oltre 170.000 copie vendute. Lei ci spiega come questo lavoro, essere editori di sé stessi, deve essere fatto con professionalità, avvalendosi di un team (grafici, editor, esperti di marketing) e studiando il mercato. Lo studio del mercato è stato ciò che ha fatto per due anni, mentre scriveva il primo romanzo, e nel 2012, quando Amazon KDP è sbarcato in Italia, lei era pronta e ha cominciato a sperimentare da pioniera. Ovviamente la qualità dei romanzi è fondamentale, ma essere al posto giusto al momento giusto rappresenta certo quella spinta motivazionale per andare avanti e sperimentare ancora, sempre cose nuove, perché è molto facile cadere nel dimenticatoio.

Ecco cos’hanno in più i selfpublisher: la creatività senza vincoli. Ma consideriamo alcuni punti fondamentali dell’auto pubblicazione. Diamo per assunto il dato che l’autore self professionale è un editore a tutti gli effetti, anche quando si avvale dei servizi di agenzie specializzate (come Il mio libro, del gruppo L’Espresso o StreetLib). Il metodo self può anche essere visto come un nuovo modello di approccio alla scrittura e alla lettura, e la scrittura diffusa attraverso i social, il web, le piattaforme di fanfiction ne è un esempio. Poi c’è il rapporto diretto coi lettori, che si sviluppa prevalentemente attraverso il web ma che in seguito, dopo aver consolidato il cosiddetto zoccolo duro attraverso l’interazione, genera il passaparola che è vitale per qualunque prodotto si voglia vendere. E qui si parla di libri… Infine c’è la selezione. Questo tema lo si è affrontato anche durante l’incontro sullo “stato dell’arte” dei piccoli editori, ed è proprio questo il punto: come si può emergere? Come si fa a convincere i lettori della bontà di ciò che si scrive? E se questo è complicato per gli editori tradizionali, quanto lo può essere per un self? Il fatto è che, mentre gli editori fungono da filtro “a monte”, cercando di offrire un prodotto già vagliato dal loro giudizio e facendosi garanti davanti ai lettori per la loro selezione, con il selfpublishing il filtro non c’è, quindi la selezione avviene a valle. Un lettore può acquistare un libro self per qualunque ragione (campagna promozionale social, suggerimenti di Amazon e simili, sentito dire, recensioni), ma se poi il libro non merita quell’autore è destinato a scomparire dal panorama editoriale. Ecco perché non si può aver paura del selfpublishing, perché una selezione naturale c’è sempre. Anzi, sono ormai molte le case editrici che sorvegliano questo mercato per fare scouting, e può anche capitare che qualche autore rifiuti contratti editoriali perché poco convenienti.

Ecco, ci sarebbe molto altro da dire, sulle strategie di marketing, sulla necessità di disciplinare questa nuova forma di editoria, – che però una sua disciplina ce l’ha già, – su come si possa collaborare… il fatto è che quei numeri fanno davvero gola a molti.

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Cetta De Luca, scrittrice, editor e blogger vive a Roma. Ha al suo attivo sei pubblicazioni tra romanzi e raccolte poetiche. Lavora nel campo dell'editing come free lance per la narrativa e collabora alla revisione di pubblicazioni di didattica nell'ambito letterario. Cura un blog personale http://www.cettadeluca.wordpress.com e spesso è ospite dei blog Inoltre e Svolgimento.
Nel poco tempo libero che le rimane tra lavoro e figli si impegna nell'organizzazione di eventi per il mondo letterario e, nello specifico, per gli scrittori.

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