Più Libri Più Liberi #25. Il Vatileaks e i giornalisti-giornalisti. Incontro con Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi

Quelli di Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi avrebbero potuto essere nomi come tanti, nomi che ci si perde nel vasto panorama di firme giornalistiche in Italia. Ma non è così e paradossalmente i motivi, in un certo senso, non sono gloriosi. I loro nomi sono esplosi nelle televisioni e nei media italiani poco più di un anno fa, quando il Vaticano decise di processarli per “diffusione di notizie e documenti riservati” dopo la pubblicazione dei libri “Avarizia” e “Via Crucis”. Dopo dieci mesi entrambi sono stati assolti.

Inevitabile dunque, quando i due entrano nella Sala Diamante del Palazzo dei Congressi, non ripensare all’assurdità della vicenda della quale si sono trovati protagonisti soltanto per aver svolto il proprio lavoro. In effetti la loro storia ha aperto una discussione – di certo non ex novo – sulla libertà di stampa in Italia. Nell’annuale classifica di Reporters sans frontières l’Italia del 2016 è al 77° posto, perdendo qualche posizione rispetto l’anno precedente.

La libertà di stampa nel nostro paese c’è” dice Nuzzi “quello che manca è il coraggio”. Ecco perché le inchieste sono sempre più esigue, ecco perché i giornalisti d’inchiesta sono sempre di meno. Ma l’inchiesta è uno strumento di democrazia, forse lo strumento più potente ed efficace che il giornalista ha per manifestare il suo amore tanto per la professione che svolge quanto verso i lettori. A tal proposito Nuzzi sostiene che si facciano meno inchieste anche perché l’opinione pubblica non è più abituata a leggerne. E ormai, inutile dirlo, la stampa deve ragionare in termini di domanda-offerta come un’azienda che produce una merce qualsiasi. Il rischio è che la necessità di audience e di numeri sotterri la necessità d’informazione, andando a colpire non solo chi scrive ma anche chi legge.

Senza dimenticare un problema che in Italia assume un peso scoraggiante: “C’è una sottomissione culturale, politica ed economica al potere di turno che determina un’autocensura del giornale stesso” dice Fittipaldi. Ecco perché nel nostro paese, un paese dove il potere come sistema si alimenta principalmente di segreti e trattative con tutte le forme di delinquenza, la maggior parte dei giornalisti si guarda bene dall’investigare il sottoscala del potere. “L’Italia è il paese del ricatto” sentenzia Nuzzi.

Fittipaldi spiega quanto sia stato difficile difendersi dalle accuse che gli sono state mosse: “Lo abbiamo fatto per un principio democratico e per la libertà di stampa”. E per rendere inequivocabile la serietà con la quale prende il suo lavoro, cita uno spezzone di Fortapàsc di Marco Risi, il film che racconta la storia di Giancarlo Siani – il cronista del Mattino ucciso dalla camorra – in cui il protagonista scopre la differenza tra il “giornalista impiegato” e il “giornalista giornalista” quello che porta le notizie, soprattutto le notizie scomode. “Questo non è un paese per i giornalisti giornalisti. Questo è un paese per i giornalisti impiegati” viene detto a Siani.
Io, se posso dire la mia” conclude Fittipaldi “vi consiglio di fidarvi più di quello che vi dicono i giornalisti giornalisti”.

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Nata e cresciuta a Roma dove si è laureata in Lettere alla Sapienza per poi specializzarsi in Editoria e Scrittura con una tesi sul giornalismo corsaro di Pier Paolo Pasolini. Appassionata di letteratura e giornalismo, di cinema e moda, sogna di scrivere per vivere. Per ora si accontenta di vivere per scrivere.

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