Krishna di Abishek Singh. Il graphic novel si fa viaggio interiore e arte

Ha colori azzurri Krishna, a volte rosso fuoco. Oro come la potenza, viola come la saggezza, verde come l’invidia e la superbia, spesso opachi come se l’inchiostro fosse impastato a polvere di gesso, una finitura che sa rendere anche un Dio un essere tangibile.

Krishna Un viaggio interiore (bao publishing), il graphic novel di Abishek Singh, giovane pittore, illustratore e regista indiano che da New Delhi ha sparso i suoi fumetti (se è dato chiamare così un segno che mescola la tradizione delle miniature, con il contorno del sogno, l’immaginario erotico della grazia divina e la passione) in tutto il  mondo, è un libro magico e, al contempo, un libro di studio.

Se Singh -come recita la sua biografia – è da sempre attratto dalle narrazioni mitologiche, religiose e non, che intessono la cultura del suo immenso Paese, questo omaggio a Krishna va oltre la devozione ad uno degli dei più amati della mitologia induista. Diventa un percorso nell’anima, un invito a vivere secondo le leggi della natura, la saggezza e l’amore per gli esseri viventi. Uomini, donne, animali o piante che siano.

Krishna, il dio dalla pelle azzurra nato di stirpe regale, ma allevato da una coppia di pastori, affinché si possa compiere la profezia del ritorno dei re spodestati e della fine dell’usurpatore; Krishna, il dio bambino che ruba il burro alle  gopī e sconfigge Kalia il grande serpente velenoso; Krishna, dalla bellezza risplendente che fa innamorare di sé le ragazze e s’innamora delle pastorella Radha con la quale rende incarnato l’amore nei suoi molteplici aspetti: passionale, romantico, divino. L’amore di Krishna e Radha è la metafora più vicina all’umano che sappia narrare il divino. Krishna, l’auriga di Arjuna nella riconquista del regno dei Pandavas narrato dal Mahābhārata, il poema epico nel quale per la prima volta si palesa come la penultima incarnazione di Vishnu. Krishna, che nella sua storia, nei suoi attributi, nella sua morte e nella sua ascesa, tanto ha in comune con divinità a noi più familiari o anche solo con quegli eroi che hanno costellato le mitologie occidentali più recenti.

Nelle sue tavole Abishek Singh riesce a raccontare tutto questo scuotendo l’immaginario del lettore, offrendogli laghi quieti; piante che crescono come spirali sante verso il cielo; notti stellate;  città dalle infinite cupole, stanze affollate di guerrieri, soffici cuscini, ornate di lampade e festoni di fiori; campi di battaglia intrisi dal sangue di vincitori e vinti; vortici d’amore e di passione, unità di spirito e di corpi, donne dagli occhi grandi e dai seni morbidi; uomini dai lunghi capelli che seguono i soffi del vento, ma anche sguardi di bambini stupiti o vivaci, voli d’uccelli dalle ali immense, ruote di pavoni, zanne di tigre, salti di cerbiatti, fiori acquatici e il flauto, strumento magico nelle mani del dio.

In decine di tavole dal taglio sempre diverso, che privilegiano il montaggio cinematografico e l’inquadratura a campo medio, la storia del Mahābhārata viene mostrata nella sua essenza, privilegiandone i concetti filosofici e gli indizi per poter vivere in armonia.
Il tratto si evolve da linee quasi geometriche che contengono volumi e colori a tracciati, ombreggiature e graffi sinuosi, morbidi, decorati che rendono l’immagine di un oriente contemporaneo che non vuole scindersi dalla sua cultura germinale, ma che sa di poter allacciare strettamente a questa le visioni, i dubbi, le speranze o le disillusioni odierne.  E il risultato è magnifico e sorprendente.

E mentre Krishna si rarefà nella notte stellata sopra il bosco di Vrindavan, promettendo il ritorno, a noi lettori  è riservata una sorpresa. Una serie di alcune tavole aggiuntive: disegni, bozzetti, movimenti, intrecci di segni, storyboard, prime colorazioni, che ci portano dentro il lavoro dell’autore, ci fanno scoprire quanto è lungo, meditato e lavorato il processo dell’illustrazione quando, come dice Abishek Singh:  “è una testimonianza del mistero della vita, un viaggio verso il nucleo della fantasia”.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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