Colors. La Festa del Colore tributo alla storia di Editalia e dell’arte

L’algido bugnato del Palazzetto Cenci nulla lascia trapelare delle festose vibrazioni cromatiche che salutano i primi cinquant’anni di vita della galleria Edieuropa – da qualche tempo insediatasi nella cinquecentesca dimora gentilizia – con le opere degli artisti che ne hanno segnato la  lunga storia. Una  storia che  misura  la vitalità creativa del nostro paese a partire dal dopoguerra e che merita pertanto di essere tratteggiata.

In nuce, tutto ha inizio quando il giornalista Lidio Bozzini decide di fondare, nell’anno 1952, la casa editrice Editalia (oggi azienda del Gruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato) specializzandola in pubblicazioni d’arte e collaborando fin dall’inizio con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna (ne editò, per circa un lustro, i cataloghi delle mostre). Dall’attività di Editalia nacque, nel ’66, la rivista QUI arte contemporanea che, nel suo decennio di vita, agì anch’essa in sintonia con le attività della Gnam avvalendosi di prestigiosi collaboratori come Giulio Carlo Argan, Giovanni Carandente, Marisa Volpi, Lorenza Trucchi, Mario Verdone, Nello Ponente, Cesare Brandi, Maurizio Calvesi e  l’allora soprintendente della GNAM (oggi Galleria Nazionale) Palma Bucarelli.

La sede della rivista, in Via del Corso 525- a un passo da Piazza del Popolo- divenne punto di incontro e di confronto di artisti che sarebbero stati di lì a poco tra i protagonisti del panorama artistico italiano nella seconda metà del novecento. Tra questi: Capogrossi, Fontana, Pascali, Burri, Turcato, Colla, Afro, Accardi, Sadun.  Tanto che, nel giro di pochi mesi, la sede editoriale si trasformò in un importante e appassionato luogo espositivo che prese, successivamente, il nome di Galleria Editalia, fino  all’attuale Edieuropa QUI arte contemporanea. In adesione alla “tradizione del nuovo” – il conio del suggestivo ossimoro, citato nel primo numero della rivista, si deve al critico americano Harold Rosenberg- se da un lato si tentava un recupero delle avanguardie storiche, segnatamente del movimento futurista (furono dedicate mostre a Balla, a Prampolini e a Dottori), apparve subito prevalente l’attrazione verso le correnti di provenienza statunitense: dall’espressionismo astratto, al new dada e al pop.

Ma il seducente mondo dei colori con la sua forza attrattiva e ammaliatrice ci richiama irresistibilmente nella festosa galleria di piazza dei Cenci dove le bianche calligrafie di Carla Accardi si divincolano su una graticola di cinabro e gli arpeggi tonali di Antonio Sanfilippo animano geometrie eccentriche ritagliate su un fondo monocorde. Più in là tra un Afro e un Prampolini, un’intricata composizione di Dorazio si lascia placidamente percuotere da un artificio di luce, mentre una tela futurista di Rotella trattiene a stento  il dinamico subbuglio dei pennelli.

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