Maria di Magdala, la fede che vede senza toccare.

Anthony Frederick Sandys

So di cacciarmi in argomenti dibattuti da secoli, nondimeno dirò qualcosa su Maria Maddalena, figura fascinosa e poliedrica che non smette di presentarsi alla nostra attualità in modo accattivante.
Due recenti eventi lo provano: la decisione del Pontefice di ricordare Santa Maria Maddalena nel calendario il 22 di luglio con il titolo di “apostola degli apostoli” e la mostra La Maddalena, tra peccato e penitenza curata da Vittorio Sgarbi a Loreto per il Giubileo.

Maria Maddalena, figura femminile unica e controversa, è stata a lungo accolta con scetticismo dalla Chiesa. Prima prostituta in casa del fariseo, poi in ginocchio dinanzi a Gesù nell’atto di ungergli i piedi, dunque piangente alla Croce e, infine, lieta di annunciare agli apostoli la Resurrezione di Cristo.
Una donna di profonda passione che per la doppia valenza di peccatrice seducente e di penitente dolente e ascetica ha avuto particolare attenzione nell’iconografia.  La mostra di Loreto, attraverso le sue cinquantaquattro opere che percorrono cinque secoli di storia dell’arte, lo conferma, presentando un campionario di artisti provenienti da molte regioni d’Italia, da Simone Martini ad Antonio Canova, dal Trecento all’Ottocento.

Ma chi era costei?

Gesù nell’annunciare il regno di Dio oltre ai dodici apostoli  si accompagnava ad alcune donne fra le quali  Maria di Magdala. L’evangelista Luca aggiunge che Gesù aveva guarito il suo corpo da  “sette demoni”. Giovanni racconta di Maddalena, ovvero, di Maria di Magdala, presente sul Golgota al momento della crocifissione. Marco aggiunge che è testimone oculare della Resurrezione e Giovanni rileva la disperazione di Maria Maddalena nell’apprendere la rimozione del corpo di Gesù. Furono due angeli a chiederle perché piangesse e lei rispose che era a causa del suo Signore.  Poco dopo vide un uomo con abiti da giardiniere che le fece la medesima domanda e lei rispose che il suo pianto era dovuto al corpo trafugato. Null’altro. Avrebbe solo desiderato riavere quel corpo. Gesù giardiniere allora la chiamò per nome e lei lo riconobbe per la voce, rispondendogli in ebraico “Rabbunì!”.

Fin qui le informazioni contenute nei vangeli canonici, tenendo conto dei quali gli artisti hanno ricavato due raffigurazioni cruciali: la Maria Maddalena ai piedi della croce e il Noli me tangere. Tuttavia la storia dell’arte ha incardinato in una sola figura l’identità di tre donne. La prima è la peccatrice che si presenta in casa di Simone con un vasetto di olio profumato, la seconda è Maria di Betania, sorella di Marta e Lazzaro, che asciugò con i capelli i piedi di Cristo, definite entrambe per questo mirrofore, la terza è per l’appunto Maria di Magdala.

La sovrapposizione delle tre donne offre la sintesi in una figura al tempo stesso sacra e profana, penitente e peccatrice, discepola e cortigiana. A ciò vanno aggiunte le considerazioni dei Vangeli Apocrifi e in particolare di quelli Gnostici che raccontano le vicende finali della sua vita.
Donna in ogni caso seducente, ritratta come un’eroina, spesso con il viso in lacrime, con teschio e vasetto fra le mani, pronta ad abbandonare ogni suo avere pur di seguire Cristo. Donna viandante e pellegrina, per gli studi presso gli Esseni, per la predicazione in Palestina, per l’esilio in Francia.
Al di  là dei possibili errori storici, Maria Maddalena ha qualcosa che conquista, attraverso lei ci si avvicina alla dimensione dell’autenticità assoluta che apre lo spazio del sacro.

Ma qual è il senso del suo gesto?

Nella sua storia (autentica o meno) non è importante l’umile condizione cui la prostituta (vera o presunta) appartenga, quanto l’autenticità del suo gesto. Grazie a questo Cristo le affiderebbe il suo messaggio più importante: l’insegnamento esoterico per alcuni, la Resurrezione per altri.
Qui si profila il decisivo incontro con il Risorto.
Dinanzi alla scena del sepolcro “profanato” la sua reazione non sarebbe solo di riconoscimento ma di un vero e proprio atto di fede. Lo spiega bene Carlo Maria Martini quando dice che Gesù poteva utilizzare diversi modi per presentarsi, sceglie invece quello più immediato: l’appellazione per nome. “Maria” può pronunciarlo chiunque e non spiega la Resurrezione, e ancor meno che sia Cristo a chiamarla.  Eppure quell’appellazione, con quel tono, con quella voce è il modo più personale di rivelazione che Gesù sceglie nel suo rapporto con lei.  In altri termini, Egli si sarebbe rivelato come colui che lei cerca.
Si apre così il tema centrale del riconoscimento che per Maria Maddalena avrà un andamento contrario rispetto a quello di Tommaso: se Gesù inviterà il discepolo incredulo a toccarlo, vieterà espressamente alla donna di fare altrettanto.
Si tratta di un ordine difficile da spiegare. Alcuni lo hanno interpretato come un imperativo presente, traducendolo in un “non continuare a toccarmi” ovvero “non mi trattenere”, o ancora, non provare a riallacciare con me un rapporto simile a quello precedente la morte. Ciò non è possibile, Gesù tornerebbe al Padre e Maria al suo futuro.

Eppure la Resurrezione si presenta come già avvenuta: gli evangelisti la raccontano non come un accadere ma come un accaduto. Lo scrittore Paolo di Paolo, a riguardo, nel suo libro, Perché non sono ancora, fa notare che all’evento nessuno sguardo umano vi assiste, occorre credere senza aver visto.
Se Matteo invita le donne a non aver paura, Marco parla di tremore e di stupore, Luca di meraviglia, solo Giovanni si manifesta dinanzi a Maddalena: racconta dei due angeli, di Gesù non riconosciuto.
Nel racconto entra in gioco a questo punto una finezza psicologica, viene presentato cioè il limite del nostro potere di pensare: siamo in presenza dell’ impensabile: l’amato è morto, ci si chiede se sarà ancora lui e nel tal caso come riconoscerlo. Eppure sarà Gesù a chiamarla per nome.

Qui un nuovo snodo decisivo.

Il riconoscimento avviene non per via di sguardo ma di voce. È la voce a rappresentare la nostra unicità, la nostra intimità, esistono voci simili ma non uguali. Italo Calvino nel suo racconto sull’udito, Un re in ascolto, dice che la voce è l’irripetibile vibrazione di una gola di carne, l’equivalente di quanto si ha di più nascosto e di più vero. Esistono, a suo dire, toraci e sentimenti che danno vita a una voce diversa da tutte le altre.
Maria è dunque “toccata” dalla voce che proviene da un’esistenza che vorrebbe di nuovo “toccare”, in verità quando sentiamo la voce vorremmo anche il corpo, desidereremmo stringere la sua mano. E invece Gesù bruscamente dice : “Non toccarmi”.

Ma perché tanta indisponibilità?

Nelle pieghe di questo tema trova spazio l’intelligenza del più grande filosofo francese vivente, Jean-Luc Nancy, convinto che l’espressione pronunciata da Cristo condensi la verità sulla Resurrezione.
Il corpo del Risorto non sarebbe disponibile al tatto in quanto è in partenza verso il Padre, perché è esso stesso la “partenza” e quindi richiede  un gesto d’amore che non trattenga, che non possegga.
Come dire: “Ama ciò che ti sfugge, ama colui che se ne va” e ancora “Ama che se ne vada”, in definitiva “Resta fedele alla mia partenza”.  E Maria accetta di amare questa partenza a differenza di Tommaso.
La fede consiste in fondo nell’intendere là dove non c’è niente di eccezionale per l’occhio e per l’orecchio. Essa vede “senza toccare”. Noli me tangere  compone per questo la scena più raffinata e discreta, la trama delicata tra il visibile e l’invisibile, dove ciascuno richiama e respinge l’altro, dove ognuno prova a “toccare” l’altro e lo distanzia da sé.

Il corpo risuscitato non deve essere toccato: la sua verità è in questa sottrazione, in questo arretrare.
Il Cristo non vuole essere trattenuto, non vuole mancare la partenza.
La Resurrezione trova cosi il suo senso.
E ciò che per la religione è l’immortalità, per una visione laica è la partenza che ha in sé una verità.
La questione quindi non consisterebbe nel sapere se vado da qualche parte, ma nel sapere che, se io vado, non sono altro che questo andare.

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Scrittore e psicologo, ha pubblicato per Guida, “La trilogia dei capperi “ (2005) e Passodincanto (2008). Dirige la collana “Solare” dell’ A.S.M.V. è ideatore e direttore del Festival dell’Erranza.​

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