Movie # 9 – La realtà e la poesia: il film Paterson e la mostra Hopper.

Paterson
Paterson

In un momento in cui l’informazione e la conoscenza sono cariche di tutto e di più (vero o falso) ho incontrato due autori che tolgono concettualità (vera o falsa) alle loro opere. Nella loro ricerca di una realtà minimale, così rarefatta da far pensare al nulla.

Così Jim Jarmusch nel suo “vuoto” Paterson, storia di una settimana di vita normale senza scosse ed avvenimenti di un conducente di autobus, con la vita privata di un uomo una donna ed un cane fuori dal nevrotico mondo attuale. Con i rapporti dovuti con gli altri, gestiti nella maniera più corretta e funzionale, privilegiando sempre i propri passi. In una oggettività fredda ma pur comprensiva della follia che gli altri travolge. Frutto di un bellissimo rapporto con se stessi nel vedere in ogni cosa (perfino una scatola di fiammiferi) una ispirazione lirica da trascrivere in poesia per trovare un equilibrio  privato e sociale, fatto di realtà e sogno (come era una volta). Con tante scene di vita quotidiana reale e serena con i discorsi più semplici e banali. In una vita familiare e pubblica, scandita dal sonno, dal lavoro, dai pasti, dal pub e dai vaghi sogni di un futuro di successo, come per tutti. Nel dire questo Jarmusch mette nel film una melanconia ed una nostalgia di un certo tipo di vita perduto, per andare dietro alle disgrazie del mondo ed al virtuale che avanza. E quando l’unica àncora di salvezza dell’individuo Paterson, che vive a Paterson nel New Jersey (il suo taccuino di poesie) viene per caso distrutta, un altro poeta asiatico regalerà un nuovo block notes di pagine bianche che contengono tante possibilità, fatte di poesie e di sogni.

Edward Hopper

Per dire che la bellezza si trova spesso nelle piccole cose, nella routine di un ordinary man dentro una ordinary life, quando tutto però è ispirato da un leggero, fresco ed impercettibile soffio di poesia, libero da ogni dramma interno od esterno. Come Edward Hopper con la sua mostra a Roma, nel vuoto rarefatto degli ambienti esterni ed interni e la serenità e la poesia delle persone ferme in un momento ordinario della loro vita quotidiana. Il fermo immagine poetico di donne e uomini in un sogno di vita e di natura, quando ancora si vedevano i dettagli insignificanti ma importanti di una casa, di un bosco, di un campo, di una strada e di un mare. Quando ancora si catturava il momento oggettivo (la realtà) con una soggettività, fatta di sogno e di poesia. Di nuovo dentro Hopper quella melanconia e nostalgia di scene di vita quotidiana, di  scorci di realtà minimali, descritti in quella forma poetica, che solo pochi ormai sanno usare.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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