L’Antagonista di Edoardo Zambelli. Il lettore protagonista e la magica realtà quotidiana

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L’antagonista, di Edoardo Zambelli  (Laurana editore, 2016) è un libro piccolo, dal linguaggio curato ma semplice, che si legge con facilità. Lo sottolineo perché non amo molto quel tipo di sperimentazione linguistica che porta il lettore ad inciampare sulle parole e sulle frasi. Mi innervosisco e mi passa la voglia.

La chiarezza della scrittura però non deve trarre in inganno il lettore che potrebbe pensare di trovarsi tra le mani un romanzo classico, il racconto di una storia. Edoardo Zambelli una storia la racconta anche, qualcosa di volutamente semplice: un uomo in crisi, lasciato dalla moglie, decide di trascorrere un po’ di tempo in una località di mare pugliese, in inverno, per ritrovarsi e provare a scrivere finalmente il libro che ha in mente. Leggendo il quotidiano locale viene a sapere che una ragazza da lui molto amata in gioventù è morta. Si reca a visitarne la tomba e scopre un particolare che mette in moto tutta la sua ricerca a ritroso. In questa ricerca incontrerà persone, visiterà luoghi, prenderà il treno, alloggerà in albergo, farà l’amore, mangerà, ricorderà, parlerà.  Una storia, questa, come un’altra, una tra le centinaia che l’autore avrebbe potuto inventare, senza che cambiasse il contenuto del romanzo.

Non c’è niente di normale in questo romanzo.

Fino dalle prime righe l’autore dissemina il testo di piccoli indizi, microfratture percettive che,  singolarmente sono di poco o nessun significato ma che, accumulandosi, evocano una realtà parallela a quella fisica.

Ad esempio il tempo.

Nelle prime pagine il protagonista racconta che da tre mesi, cioè da quando la moglie lo ha lasciato, ha iniziato a smarrirsi, anzi aveva iniziato a perdersi anche da prima, anzi, addirittura, confessa che in lui “c’era sempre stata una propensione allo smarrimento, alla chiusura”.

Ad esempio lo spazio. Il protagonista parte per raggiungere la località di mare dove soggiornerà almeno un mese. Il viaggio è breve, ( “ci vollero poco più di due ore per arrivare a destinazione” ) eppure a lui sembra di “aver viaggiato per ore, anzi, era lontano da tutto, più di quanto lo fosse mai stato in vita sua”.

Dov’è questo luogo lontano da tutto? Non è la Puglia fisica, regione del meridione d’Italia. “Torre dell’ Orso appare come la visione di un sogno”, la spiaggia ha una risacca “eterna” ( che ci ricorda le uova “preistoriche” di Cent’anni di solitudine) e lui ha varcato quella che gli è apparsa come “una terra di confine, dai limiti incerti e brumosi”. No, non è la Puglia che conosciamo è un altrove, è un oltre a cui si accede attraversando confini non definiti.

Il tempo e il luogo ( i luoghi) di questo romanzo appaiono dunque più come dimensioni personali, individuali che come i parametri oggettivi di cui facciamo esperienza sensoriale in ogni momento della nostra esistenza. Eppure sono luoghi comuni, segnati sulle mappe e sugli stradari cittadini: Lecce, Torre dell’Orso, Mantova, Gonzaga. E il tempo del protagonista è scandito dalle abitudini quotidiane del dormire, lavarsi, fare colazione, leggere e mangiare qualcosa. E scrivere il suo libro.

Volevo che la storia, fin da subito, si presentasse permeata da un’atmosfera onirica. Volevo che alludesse al segreto rapporto che può esserci tra uno scrittore (…) e i suoi personaggi.” Così deve essere il libro che il protagonista sente l’urgenza di scrivere e così è il romanzo che il lettore ha fisicamente in mano, quello scritto da Edoardo Zambelli.

Come sarà evidente a questo punto, il gioco di specchi e di rimandi tra autore, narratore e protagonista, è ampio e stordisce il lettore che avverte come magica una realtà descritta in maniera normale, quotidiana. A differenza, in questo, del realismo magico latinoamericano che vive come quotidiani avvenimenti eccezionali.

Con questo romanzo il lettore compie un viaggio metanarrativo, in un certo senso metafisico, parte alla ricerca di qualcosa che non sa neppure che esiste, che forse intuisce e magari teme sia nascosta da qualche parte dentro o fuori di sé, qualcosa di brutto, malvagio, sporco. Una intuizione impossibile da tacitare, una volta innescata, da cui farsi trasportare fino a conseguenze impossibili da prevedere. Un viaggio che il lettore compie da protagonista per trovarsi, finalmente, con un senso di rivelazione e liberazione, faccia a faccia con l’antagonista che, come ognuno, porta dentro.

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Mi chiamo Melania Ceccarelli, sono nata e vivo a Pisa. Per fortuna ho viaggiato e vissuto anche all’ estero e così ho imparato a non avere certezze assolute su me stessa e sulla mia cultura d’origine. Lavoro da sempre in ambito sociale, per molti anni ho fatto politica e volontariato in maniera attiva. Attualmente la cosa che mi interessa di più è la lettura e la scrittura.

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