A confronto coi grandi modelli. Una giornata particolare.

«Ti costringono a vergognarti di te stesso, a nasconderti». Una frase che è ancora fin troppo abituale sentire da un attivista, piuttosto che da Gabriele, radio annunciatore, in una cupa giornata del 1939. O nella pellicola di un film molto noto datato 1977, a firma Ettore Scola.
Una giornata particolare parla quindi anche all’oggi. Il Teatro Franco Parenti ospita la trasposizione teatrale di un classico, che getta lo sguardo alla Storia quando si insinua nella storia degli individui.

Nel giorno della visita di Hitler in Italia, nei casermoni della Roma popolare, fuori dagli inquadramenti marziali del regime, rimane Antonietta, casalinga ignorante che vive nel mito del duce.

Ma nel suo quotidiano, improvvisamente e per caso irrompe Gabriele, radio annunciatore licenziato. Disfattista, dicono. Contrario al regime.
Due sconfitti, che nell’incontro si scoprono. Due solitudini che per qualche ora – prima che gli altri tornino dalla grande adunata – trovano chi è disposto ad ascoltare, e a rompere il silenzio sotto cui si nascondono i segreti.
La famiglia di Antonietta non è altro che un concentrato di patetica virilità da cui la donna viene umiliata senza sosta, trattata come una serva.

Gabriele invece è in procinto di partire per il confino. Allontanato come elemento indesiderabile. Perchè per il regime non è un uomo, ma solo un “depravato”.
Due disperazioni per qualche ora si sostengono, si scoprono. Si tengono in vita. Fino a che la Storia irrompe inesorabile, per continuare il priorio corso. Ma a chi osserva è concesso immaginare la conclusione che meglio crede, fuori dalla scena.

Una storia diventata un classico perchè aiuta a fare memoria delle pieghe di un’epoca che siamo troppo spesso portati a negare, o ad ammantare di retorica.
La sceneggiatura di Scola riesce invece a raccontare la vita, con onestà. Scegliendo un punto di vista originale, quello dell’omosessuale, dandogli parole ancor oggi sorprendenti, smontando l’iconografia in auge anche negli anni 70: è un uomo che rivendica sé stesso, che grida, ricordando che è «il fascismo che è anti-inquilino del terzo piano». Gabriele si concede a un amplesso come ad un lungo abbraccio, senza l’ombra di una possibile “redenzione”

Un’architettura curatissima, che non ha bisogno di cambiamenti, tanto che in teatro viene riportata esattamente. Parola per parola, in una traduzione più che fedele che sfida la memoria di chi conosce il film. L’adattamento è curato da Gigliola Fantoni, che di Scola è la moglie.
Fedeli le battute come la messa in scena, studiata per essere il più riconoscibile possibile, trasponendo i cambi di location su un impalcatura su due livelli, di volta in volta trasformati: ora gli appartamenti, ora gli esterni. Fedelissime sono anche le interpretazioni dei personaggi secondari, portati in scena da Giulio F. Janni,  Anna Ferraioli, Matteo Cirillo, Paolo Minnielli, Federica Zacchia. Anche le cadenze di questi ultimi sono costruite per dare l’impressione di stare riascoltando il film, senza per questo rendersi macchiette: una scelta rischiosa, che però appare riuscita.
Se fin qui ci si è improntati alla massima mimesi, gli aspetti più originali si manifestano quando si è costretti a confrontarsi con i protagonisti, con l’ingombrante paragone con due dei più grandi interpreti del cinema italiano, Sophia Loren e Marcello Mastroianni.
La regia di Nora Venturini sceglie questa volta di puntare sulla più decisa distanza, ai limiti del contrasto. Il personaggio di Antonietta è sulle spalle di Valeria Solarino, che ne fa una popolana siciliana trapiantata nella Capitale, che parla un dialetto a tratti volutamente poco intellegibile. Una scelta interessante  e vincente: La Solarino si dimostra decisamente all’altezza e regge il ruolo con un’ottima interpretazione, capace di restituire alla sciatta casalinga quel carattere schiettamente popolare che le espressioni quasi altere della Loren scolorano in favore del suo fascino personale.
Diverso il discorso per Giuliano Scarpati. Sicuramente un buon attore padrone dei propri mezzi, e tuttavia la distanza da Mastroianni si sente in maniera diversa.

Una delle scelte rivoluzionarie che fecero del film di Scola una pellicola moderna – indulgendo per un attimo sulla banalità fuorviante di suggerire il collegamento tra omosessualità e padre assente – è proprio la descrizione di Gabriele. Ha un che di coraggioso scegliere di affidare il ruolo di un omosesussuale – allora rappresentato solo da film popolari che ne facevano solo viscide macchiette da risata crassa, quando non disgustose – da quello che era il più affascinante degli attori italiani, amatissimo dalle donne. Persone rappresentate come invariabilmente effeminate acquisivano invece un volto fatto di lineamenti forti e fisico massiccio. Una virilità concreta che contrastava con quella inutilmente forzata e ridicola di chi la cerca indossando le camice nere.
Scarpati – che manca di quel tipo di fisicità – cede troppo spesso ad atteggiamenti talora quasi ammiccanti, con una certa mollezza. Una scelta che taluni potrebbero ritenere più credibile per un ipotetico Gabriele realmente vissuto, ma che fa perdere quasi del tutto questo aspetto della figura del personaggio. Una colpa forse da imputarsi più che altro alla scelta dell’interprete.

Nel complesso comunque una resa meritevole di una storia che dimostra di non aver subito le ingiurie del tempo e di contenere messaggi che, con l’allargarsi del diaframma temporale tra la nostra quotidianità e quella di allora, sarà sempre più importante ricordare.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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