Moonlight, i luoghi comuni e i Premi Oscar 2017

Poster

“Dall’infanzia all’età adulta, i dolori e le gioie di un giovane omosessuale che combatte per vivere in libertà la sua sessualità. Ritratto introspettivo e sociologico di un ragazzino nero gay nella Miami povera machista e criminale.”

Così mymovies.it presenta Moonlight, scritto e diretto da Barry Jenkins (e basato sull’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney), il film che ha appena trionfato alla notte degli Oscar, aggiudicandosi la statuetta come miglior film smentendo i pronostici, che davano come vincitore La La Land, scritto e diretto da Damien Chazelle. Con una declamazione che ha visto Warren Beatty protagonista di un siparietto (a lui è stata consegnata, e da lui è stata quindi letta, la busta sbagliata che indicava per errore vincitore quel La La Land delle già 14 nomination) ormai scolpito a fuoco negli annali degli Oscar, il gradino più alto del podio di Moonlight lascia perplessi e solletica molta malizia, viste la situazione politica attuale degli USA e le polemiche che da anni accompagnano le premiazioni riguardo ai grandi esclusi.

Sì, nella storia raccontata da Jenkins c’è anche la difficoltà del vivere liberamente la sessualità del protagonista, ma una narrazione esposta attraverso tanti cliché e tanti luoghi comuni (ragazza madre drogata che si intrattiene con diversi amici per racimolare i soldi per comprarsi la dose quotidiana; il ravvedimento in tarda età della stessa che chiede perdono al figlio; l’ingresso nella malavita; e così via su questo livello). Narrerebbe le gioie e i dolori di questo giovane, ma in fondo l’unica gioia è quando finalmente riesce ad avere un contatto sessuale con il suo grande amico del cuore e il suo unico dolore è legato solo all’incapacità di esprimersi, come se tutta la vita di questo ragazzo fosse racchiusa in questi due unici estremi, e il suo quotidiano non avesse altro.

Alla stessa stregua, risulta molto stentato anche il ritratto introspettivo del ragazzo nero gay. Affidarsi a quei dettagli che dovrebbero descrivere lo stato d’animo, è compiuto in maniera talmente goffa che arriva addirittura a infastidire (ad esempio la ripresa dell’angolo dello sportello della macchina con sfondo sfocato, orpello inutile e del tutto senza senso). Sembra che il machismo lo abbia invece voluto esprimere il regista cercando di utilizzare tutte le tecniche che conosceva mettendole tutte insieme. Il protagonista non è visto né da fuori né da dentro, ma per sprazzi, per suggerimenti, per indizi. E i blocchi dei tre passaggi sono talmente distanziati e scollegati che creano dei buchi veramente troppo grandi nella storia (vedasi la morte, scontata, del suo protettore, di cui non è dato sapere come e quando, elementi che nell’economia della storia non sono del tutto secondari). Capisco che non voleva essere un racconto dettagliato, ma per spunti, ma a mio avviso non si possono saltare passaggi fondamentali, specialmente quando si vuole presentare un racconto di una specifica comunità e di uno specifico modo di essere. Probabilmente risente della difficoltà della trasposizione cinematografica di un testo che nasce per il teatro, che ovviamente ha regole e lessico diverso. E poi, in alcuni passaggi, diciamolo pure, è veramente noioso e piatto.

Scena più bella: quando il suo amico del cuore, all’indomani del loro intimo contatto, accetta di partecipare al gioco violento che lo vede attore dell’aggressione proprio a lui (e si dovrebbe fare una lettura simbolica di questa scena?). Bah.

Premi Oscar 2017

  • Miglior film: Moonlight di Barry Jenkins
  • Miglior regia: Damien Chazelle per La La Land
  • Miglior film straniero: Il Cliente di Asghar Farhadi (www.artapartofculture.net/category/message-in-a-bottle)
  • Miglior attore protagonista: Casey Affleck in Manchester by the Sea di  Kenneth Lonergan
  • Miglior attrice protagonista: Emma Stone  in La La Land
  • Miglior attore non protagonista: Mahershala Ali in Moonlight
  • Miglior attrice non protagonista: Viola Davis in Barriere di Denzel Washington
  • Migliore sceneggiatura originale: Kenneth Lonergan in Manchester by the Sea
  • Miglior fotografia: Linus Sandgren per La La Land

Leggi tutto su: https://it.wikipedia.org/wiki/Premi_Oscar_2017

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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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