Letteratura inaspettata #12. La figlia femmina di Anna Giurickovic Dato

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Un padre Giorgio, una madre Silvia,  una figlia Maria. Una famiglia apparentemente felice, normale, agiata e moderna. Una famiglia che vive tra Roma e Rabat  intreccio di culture e di quadri fantastici, spaccati di abitudini e di vita respirati dai protagonisti in un clima di apparente serenità.

Così in La figlia femmina di Anna Giurickovic Dato (Fazi ed.), un romanzo dove tutto sembra brillare alla luce di un sole luminoso e illuminante, luce dispensata da una fortuita felicità.

Ma nello svilupparsi del racconto la ventata refrigeratrice della narrazione, lascia spazio ad atmosfere inquietanti, morbose, in un gioco apparentemente incomprensibile di cui protagonista involontaria, è proprio la piccola Maria.
Un gioco, dicevamo, che poi tale non è, fino a divenire comprensibile follia, accettata e taciuta, che avviluppa madre e figlia in una segreto, necessario collante di due esistenze in cui, a un certo punto si confondono i ruoli, si perdono di vista i confini tra menzogna e verità, tra accettabile e non.
Tutto racchiuso dentro quattro mura, tomba di qualcosa di ineffabile, orrendo pensiero da custodire.

Un racconto che si trasforma con maestria,  in una lama sottile che taglia in due il lettore, ponendolo  di fronte a interrogativi dolorosi, a inquietudini legittime che, lo spogliano da qualunque difesa, in quell’alternarsi di vicende intrise di ambiguità psicologica che trova spazio in penombre di vita soffocata.
Lettore che è, invitato  a proseguire nell’acquisizione di un  testo scorrevole e ben articolato per un finale che lascia ora dei dubbi, ora delle conferme sul labile confine tra finzione e realtà, tra rancore e amore.

Una prova d’esordio senz’altro riuscita quella della giovane  autrice,  per un romanzo che potrebbe benissimo divenire trama di un film non privo di umane assoluzioni, non scevro da  possibili,  giuste condanne.

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Rita Caramma è giornalista e scrittrice. Per poesia ha pubblicato: “Nella mia ricca solitudine” (Il Filo – Roma – 2005), “Retrospettive dell’inquietudine” (Zona - Arezzo – 2008), “Ti parlerò d’amor” (Drepanum – Trapani – 2016), “Parole di carta, parole di cartone” (Youcanprint – 2018). Per la narrativa il racconto lungo “Tecla” (Youcanprint – 2019). Per il teatro: “Una vestale di nome Ginevra” (Zona – 2010) e “Respiri migranti” (CR – Acireale – 2018), di quest’ultimo ha curato anche la regia. Ha scritto le favole in rima “Il ragno” (Arteincircolo 2007) e “Gelsomina” (Youcanprint – 2018). Ha curato diverse antologie di poesie e racconti. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, fra questi nel 2010 le è stato conferito il premio “Ercole Patti” per il suo impegno culturale.

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