Libri Come #15. Come i confini delle scienze ed i confini dei neri.

Pino Donghi

Pino Donghi  ha presentato Cercare mondi (Rizzoli) di Guido Tonelli e L’etica del ribelle, intervista su scienza e rivoluzione (Laterza) di Giulio Giorello. Ed è stato bello vedere così tanta gente interessata alla ricerca, dopo la caduta dei confini intellettuali che ci separavano dalla scienza. Siamo più maturi o gli scienziati finalmente riescono a comunicare più brillantemente le loro scoperte? Dalla nascita della scienza moderna e dell’astronomia nuova nel ‘600 (Keplero) siamo arrivati ora oltre i confini del visivo. Tonelli ha voluto soffermarsi sulla metafora del viaggio, paragonando ciurme di scienziati moderni che usano strumenti diversi alle ciurme delle navi che esploravano e conquistavano il mondo antico. Ora ci sono nuovi mondi, nuovi universi da scoprire. Un viaggio verso un non luogo, verso un non tempo. L’esplorazione delle dimensioni infinitesimali, minuscole porzioni o particelle studiate con gli acceleratori, per arrivare alla scoperta delle galassie attraverso i supertelescopi. Il riassunto delle origine, la nascita dell’universo – ha detto Tonelli – a partire dall’infinitesimamente piccolo fino all’infinitesimamente grande.

Giulio Giorello

Per Giorello le rivoluzioni francese, americana, russa, sarebbero state inconcepibili senza la rivoluzione copernicana. Revolutio significa ritorno di un corpo celeste alla sua origine di partenza. Copernico credeva che tutto fosse immutabile però rivoluzionò il concetto base del nostro sistema solare. Non c’era la terra al centro. Ogni cambiamento di concezione fisica – ha aggiunto – è destinato a modificare, rivoluzionare anche i sistemi politici, sociali, culturali esistenti. Per Giorello la metafora del viaggio si riferisce a quella dei viaggiatori della mente come i filosofi naturali Giordano Bruno e Galileo Galilei. Attraverso la liberazione dai vincoli mentali acquisiti, anche loro come Copernico, hanno seguito i testi antichi ma con un pensiero non ortodosso, innovativo.

Tonelli ha poi ricordato l’importanza dei primi del ‘900 quando si è cominciato a parlare di relatività e di quantistica. Ed anche quelle rotture in campo scientifico hanno cambiato le relazioni della società del nuovo secolo. Come anche oggi, anche se non ne siamo consapevoli, attraverso e per effetto delle nuove scoperte, stanno cambiando i rapporti sociali e culturali. Ora sappiamo che l’universo è nato da una fluttuazione quantistica del vuoto. Con il bosone di x si sperimentano una miriade di fluttuazioni che generano ‘una bollicina’ . In una frazione di secondo questa bollicina si è espansa nell’universo come una inflazione cosmica. Mi scuso per quello che non ho saputo spiegare perché non sono un uomo di scienza, ma importante è che ho capito quanto le scoperte siano rivoluzioni che si ripercuotono sulla nostra vita, le nostre tradizioni ed abitudini. Si è poi parlato con Giorello della rivoluzione permanente. Dell’organizzazione un po’ anarcoide degli scienziati, del loro spirito ribelle, altrimenti rimarrebbero schiacciati dal senso comune. Resta il fatto – ha concluso Tonelli – che una volta fatta la scoperta ed istituzionalizzata, gli scienziati ‘ribelli’ sono subito pronti a farla crollare per arrivare a farne un’altra, attraverso appunto una rivoluzione permanente.

Paul Beatty

Paul Beatty, scrittore di colore, nato nel 1962 in un sobborgo di Los Angeles, ha vinto nel 2016, primo americano, il Man Booker Prize (inglese) con il libro Lo schiavista (Fazi  –  trad. Silvia Castoldi). Storia di Bonbon, un borghese afroamericano, accusato e processato davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti per aver ripristinato la schiavitù. Perché c’è un fallito, un perdente che viene dalla televisione, che si comporta come un suo schiavo. La storia comunque è quella di un sobborgo – ghetto di Los Angeles chiamato Dickens che viene cancellato dalle carte – ha spiegato Beatty ad Elena Stancanelli – e l’afroamericano Bonbon cerca di ricostruirlo giocando molto sugli stereotipi di un sobborgo e della sua vita. E’ un libro molto umorista, sulle razze, sulle culture diverse e sulla giustizia sociale – ha detto la Stancanelli – . Mentre Beatty ha aggiunto che associa il concetto di divertente a quello di unico. Un complimento è stato fatto alla traduttrice Silvia Castoldi che ha dato una resa ottimale ad un libro difficile, senza nemmeno aver conosciuto prima l’autore.

Si è quindi parlato del libro da presentare a Libri come Slumberlan (Fazi – trad. Silvia Castoldi), storia di Darky, un nero di Los Angeles che va a Berlino quando sta per cadere il muro. Darky, che sa memorizzare tutte le musiche ed i rumori del mondo (memoria fonografica) diventa dj al Bar Slumberland, sempre alla ricerca di un musicista di avanguardia jazz, Charles Stone. Attraverso il suo soprannome Schwa scoprirà che compone musiche per film porno. Darky accumulatore seriale di tutti i suoni conosciuti cerca Stone per comporre la musica perfetta. Ironico, provocatorio, dissacrante, Beatty (che è stato realmente a Berlino in quel periodo) vede i tedeschi non diversi dagli americani. Mi guardavano tutti molto male e fortunatamente non capivo la loro lingua – ha detto – ma i mondi sono simili. Caduto il muro, si diceva che non c’erano più differenze tra Est ed Ovest come in America si diceva che le leggi razziali non esistevano più. Invece … A Berlino, in fuga dalla retorica americana, mi dicevano cose razziste ed il mio confine era la lingua, per cui in certe situazioni era meglio così. C’era un muro reale sempre intorno a noi, ma anche altri muri ideali, come ad esempio quello della lingua, che poi ho usato con parole che potevano essere divertenti, creative. A volte senza sapere la lingua mi sono sentito anche più sicuro, ma mi rendevo conto anche di quanto fosse importante. Nella storia che ho raccontato – ha detto Beatty – Darky vuol ricostruire il muro con il musicista, una figura estremamente struggente che infine incontra, ma un muro musicale, che si possa attraversare. Questa è l’ostalgia (la nostalgia) dei tedeschi per il loro passato comunista. La musica attraverso le canzoni può far ricordare e far ritrovare il passato. Così i neri attraverso la musica ritrovano la nostalgia del loro passato. Ho voluto creare così una ulteriore specularità tra le due culture. Per me – ha concluso Beatty – l’equivalente della raccolta di suoni di Darky, è la raccolta delle parole che ho fatto in trenta anni di scrittura (una sorta di risemantizzazione). Perché non si può perdere nulla, alla ricerca della scrittura perfetta.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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