Menti locali, ritorno a Spinaceto. L’arte si fa cittadinanza attiva.

Residenza

“Spinaceto, un quartiere costruito di recente, viene sempre inserito nei discorsi per parlarne male: beh qui mica stiamo a Spinaceto! Ma dove abiti, a Spinaceto?!
Poi un giorno ho letto anche un soggetto, dal titolo Fuga da Spinaceto, parlava di un ragazzo che scappava da quel quartiere, scappava di casa e non tornava mai più. E allora ho pensato, andiamo a vedere Spinaceto!”

Nanni Moretti nel suo, ormai lontano, Caro Diario citava così uno dei quartieri più ampi e conosciuti della periferia romana. Ma, in realtà, chi passa per Spinaceto e ha esplorato veramente quel territorio? Quanto possiamo dire di conoscere veramente un luogo periferico come questo o come altri che circondano l’anello urbano romano?

È strano da immaginare –ancora oggi, sembra una cosa strana!- ma molto spesso sono i progetti culturali e i linguaggi degli artistici ad aprirci gli occhi, su paesaggi urbani non tanto distanti da noi, su realtà che ci coinvolgono o che, in molti modi, potrebbero coinvolgerci.

Si è appena concluso un progetto molto interessante di arte pubblica e relazionale che ha visto protagonisti proprio un gruppo di ragazzi, studenti di due licei di Spinaceto, che (invece di attuare una “fuga da Spinaceto” come nel soggetto citato da Moretti) hanno intrapreso un viaggio esplorativo nella storia (passata e futura) e nel luogo geografico che abitano o attraversano quotidianamente.

Menti locali-Ritorno a Spinaceto è uno tra i progetti-quadro di alternanza scuola-lavoro promossi dal MIBACT con il fine di avvicinare le scuole di periferia attraverso progetti di arte contemporanea, in un comune lavoro di progettazione, nella riqualificazione culturale delle aree più isolate dei centri urbani ad opera di studenti e giovani.

Il progetto ha visto la collaborazione della Fondazione Giuliani (all’interno del circuito delle Fondazioni Italiane di arte contemporanea) e i Licei Linguistico e Scientifico Ettore Majorana: quest’ultimo ormai da tempo ha riconosciuto nei linguaggi delle arti contemporanee metodologie di indagine e studio da affiancare ai programmi scolastici ed è andato sviluppando -grazie all’artista e docente Adriano Di Giacomo e al critico Anna Cochetti- un vero e proprio Museo Didattico Territoriale di Arte Contemporanea (MUDITAC) con una collezione permanente in crescita e un programma di incontri e collaborazioni con artisti noti o emergenti che annualmente coinvolge gli studenti.

Menti locali, a cura di Cecilia Canziani e Adrienne Drake, ha avuto come protagonisti 25 studenti sotto la guida di due artisti, Davide Franceschini e Luigi Coppola, al primo progetto comune, entrambi interessati ad un genere di ricerca urbanistica e di indagine territoriale attraverso azioni artistiche che coinvolgono in prima persona le comunità locali e gli stessi soggetti proponenti.

Il percorso di lavoro (della durata di circa 60ore, divise in incontri settimanali e mensili dallo scorso novembre a marzo) ha portato i ragazzi ad avvicinare pian piano quel territorio, da loro abitato e quotidianamente attraversato, sempre più in profondità, considerando aspetti architettonici e urbani finora mai considerati, recuperando la storia passata dei suoi abitanti e quella presente di ragazzi come loro che qui tracciano le traiettorie delle loro identità, attribuendo distinti valori e significati alle varie aree territoriali.

Se in principio la ricerca ha avuto un approccio storico-scientifico nel quale i partecipanti hanno lavorato sulla mappa di Spinaceto (dalla singolare forma di parentesi graffa) per contestualizzare l’area di studio e le sue caratteristiche (fragilità e potenzialità), ma anche per rintracciarvi i propri percorsi e individuare sulla mappa urbana un’altra mappa “sentimentale” del tutto originale, in un secondo momento l’esplorazione è diventata attiva e ha portato i ragazzi a rivolgere interviste per la strada agli stessi abitanti, nell’intento di rintracciare desideri, difficoltà, timori che percorrono, ma hanno anche percorso fino ad oggi, queste strade.

Il progetto ha attraversato così diversi livelli di indagine ed azione diretta sul territorio, sfruttando di volta in volta linguaggi artistici diversi, come la fotografia, la performance, la narrazione.

Gli studenti sono intervenuti concretamente sulle architetture del quartiere: nel dismesso Centro Culturale Lineare (edificio che riflette perfettamente i progetti urbanistici qui auspicati, di richiamo lecorbusiano) hanno ripulito parti di muro lungo il dedalo di scale e ponti sospesi (o mai terminati) che lo compongono per tracciarvi le parole-testimonianze del loro agire.

Queste frasi, estrapolate dai testi di William Morris (non solo designer tessile fondatore del movimento dell’Arts & Crafts, ma anche teorico e scrittore inglese) sono state fonte ispiratrice per una riflessione sul concetto di Utopia e punto di partenza per la proposta di “un’utopia che possa tornare ad alimentare la capacità di rinascita di un luogo, sia sul piano dell’immaginario che di piccoli quanto concreti processi partecipati volti alla rigenerazione e alla risemantizzazione dell’esistente”.

Ugualmente i ragazzi hanno lasciato una traccia concreta nelle aree naturali (fondamentale aspetto del paesaggio di questo quartiere, per il quale, sin dai primi piani urbanistici, si ricercava uno stretto legame tra elementi architettonici e naturali) realizzando nel Parco Campagna una forma circolare: prima fisicamente poi seminando una serie di piante in un ordine circolare, hanno rintracciato così un segno simbolo di pari condivisione e continuità con le tradizioni più antiche, ma anche un riferimento agli interventi attuati nel paesaggio dagli artisti di Land Art.

Infine hanno messo in pratica, attraverso “esercizi di potere e presa dello spazio”, azioni performative che hanno permesso loro di esprimere il contatto con l’ambiente e con l’altro, ma anche di trasmettere i propositi del loro intervento, attraverso la pura gestualità fisica.

Nella giornata conclusiva, negli spazi della Fondazione Giuliani, è stato riproposto questo lungo percorso di ricerca e sviluppo, condotto nel segno dell’Arte e della Partecipazione Attiva, attraverso le proposte “utopistiche” scritte dagli studenti, le foto degli interventi realizzati sulle architetture e nel paesaggio di Spinaceto, le mappe studiate e immaginate sul territorio, gli scatti narranti i primi approcci con l’ambiente utilizzando diversa media (performativo, fotografico, camminando nel quartiere).

A dispetto di quanto si possa credere, la spontaneità e l’entusiasmo dei giovani partecipanti- presenti in Fondazione a presentare il loro lavoro- sono arrivati intatti in quegli spazi espositivi , dalla periferia fino nel cuore dell’Urbe, riuscendo a ricostruire e -soprattutto- a trasmettere al pubblico presente, in modo estremamente coinvolgente, l’esperienza vissuta.

E queste sensazioni sono state più che evidenti durante la performance che ha visto i ragazzi –ancora una volta- esprimere le idee, le riflessioni ed le esperienze maturate insieme, attraverso un gesto concreto, fisico e altamente percettivo come solo l’azione performativa può essere.

http://ritornoaspinaceto.blogspot.it

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Francesca Campli ha una laurea in Storia e Conservazione del Patrimonio artistico e una specialistica in Arte Contemporanea con una tesi sul rapporto tra disegno e video. La sua predilizione per linguaggi artistici contemporanei abbatte i confini tra le diverse discipline, portando avanti ricerche che si legano ogni volta a precisi territori e situazioni. La passione per la comunicazione e per il continuo confronto si traducono nelle eterogenee attività che pratica, spaziando dal ruolo di critica e curatrice e quello di educatrice e mediatrice d'arte, spinta dal desiderio di avviare sinergie e confrontarsi con pubblici sempre diversi.

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