Iafkg – Alberto Zilocchi, Paolo Ghilardi, Marcello Morandini insieme 40 anni dopo. A Berlino

Veduta esposizione

È una di quelle storie che vogliamo sentir raccontare. Di quelle che affascinano e avvolgono, arricchiscono la conoscenza, il nostro patrimonio. È una storia di persone a lungo dimenticate e altre conosciute, di opere e vite trascorse delle quali non si ha memoria, di personaggi che hanno creato, stretto la mano ad altri grandi protagonisti dell’arte. Insieme hanno condiviso pensieri, lotte, nuove sperimentazioni artistiche, e magari bevuto insieme al caffè Jamaica. Ma di alcuni di loro ne sappiamo poco o nulla, semplicemente perché non ci sono pervenute notizie sufficienti, per i più disparati motivi.
Ma poi ecco. C’è ancora chi ricerca, chi scava, scopre. Perché la storia dell’arte è sempre molto più ricca.

Questa è la storia di Alberto Zilocchi, artista riscoperto che oggi espone a Berlino insieme ai più noti Paolo Ghilardi e Marcello Morandini.

Quando Maurizio de Palma, collezionista e appassionato dell’ arte italiana degli anni 60 – 70, si mise sulle tracce delle opere di Alberto Zilocchi forse non poteva immaginare la quantità e qualità di opere che avrebbe trovato, scovando un lato più personale e intimo dell’ artista. Dalla frequentazione dell’ Avanguardia artistica milanese dalla metà degli anni 50, di artisti come Lucio Fontana e Piero Manzoni con il quale firma il Manifesto del Bar Jamaica nel 1957, famoso luogo d’ incontro di grandi intellettuali della scena milanese, dalla mostra alla Galleria Azimut nel 1960 affiancato da nomi quali Manzoni, Dadamaino, Castellani, De Vecchi, Massironi, fra gli altri, per arrivare al Gruppo Zero di Düsseldorf e poi abbracciare il Movimento Nord Europeo dell’ Arte Concettuale Costruttivista Concreta, divenendo attivo nel Centro Internazionale di Studi d’ Arte Costruttiva.

E un lato più famigliare, personale, che emerge dalla famiglia e dalle varie persone che sono state in contatto con lui.

Tutto il percorso di riscoperta di questo artista ha portato alla nascita dell’ Archivio Zilocchi al quale poi si è aggiunto l’ Archivio Paolo Ghilardi, inaugurati il 29 Marzo scorso a Milano.

Tornano quindi insieme ad esporre in Germania, Alberto Zilocchi, Piero Ghilardi e Marcello Morandini che negli anni 70 facevano parte del Gruppo di Lavoro Internazionale per l’ Arte Costruttiva – Internationaler Arbeitskreis fur Konstruktive Gestaltung ( iafkg) con sede ad Anversa e Bonn, movimento nato per la ricerca di nuove forme espressive, che fino al 1986 organizzò annualmente simposi in tutto il territorio europeo, durante i quali gli artisti trovavano occasione di confronto e dibattito insieme a critici, architetti e intellettuali. Nel secondo Simposio, avvenuto a Varese nel 1977, troviamo 31 artisti provenienti da 12 paesi europei, tra i quali gli italiani Alberto Zilocchi, Paolo Ghilardi e Marcello Morandini.

Oggi i tre artisti si rincontrano insieme in Germania per la prima volta dopo 40 anni, con questa mostra alla Werkstattgalerie di Berlino di Pascual Jordan in occasione del Gallery Week End.

Tutte le mie opere d’ arte nascono sotto il segno dell’ architettura e anche il settore del design in gran parte può definirsi un’ architettura dell’ uso quotidiano. Così spiega Morandini come tutto il suo percorso artistico sia legato a quello di progettista e designer.

Nasce a Mantova nel 1940, frequenta la Scuola d’ Arte di Brera a Milano. Nel 1965 la sua prima personale a Genova curata da Germano Celant, dove presenta opere tridimensionali, per poi proseguire negli anni successivi con mostre a Milano, Francoforte e Colonia e in altre parti del mondo, partecipando alla IX Biennale di San Paolo in Brasile nel 1967 e alla Biennale di Venezia l’ anno seguente, dove a lui è dedicata un’ intera sala del Padiglione Italia per poi rappresentare l’ Italia a Bruxelles per Europalia nel 1969.

Insieme ad Alberto Zilocchi e altri nel 1976 ad Anversa, Morandini è tra i co-fondatori del Centro Internazionale di Studio d’ Arte Costruttiva. Nel 1977 è invitato a documenta 6 di Kassel. Presso i Musei Civici di Varese organizza il secondo ” Simposio Internazionale di studi di arte costruttiva” con H. Heinz Holz.

È architetto, scultore e designer.

Sempre nel 1968 progetta la propria casa-studio a Varese. Partecipa a numerosi progetti, tra i vari, nel 1982 collabora con gli studi di architettura Mario Miraglia di Varese e Ong & Ong di Singapore alla progettazione del grattacielo di 38 piani Goldhill Center e due anni dopo alla facciata della fabbrica di porcellane dell’ azienda Thomas del gruppo Rosenthal GmbH, per il quale tre anni dopo studia la facciata di 64 metri dell’ edificio amministrativo di Selb in Baviera. Nel 2007 progetta il Das kleine Museum a Weissenstadt.

Come designer ricordiamo la sedia Bine per Sawaya e Moroni, la panca Posseduta per Cleto Munari, la sedia bianca e nera Ca Pesaro 2008, diverse collezioni per Rosenthal. Docente dell’ Accademia di Brera dal 2003, viene nominato nel 2004 Royal Designer onorario per le Arti Ceramiche della Royal Society of Architects di Londra. La sua preparazione, la sua architettura e il design trovano una sintesi perfetta in tutte le creazioni.

Il suo inconfondibile design bianco e nero gioca sulla ripetizione ed evoluzione di forme geometriche semplici. Nel 2016 nasce la Fondazione Morandini, collaboratrice oggi della grande esposizione dell’ artista al Museo MA*GA di Gallarate visitabile fino al 16 Luglio 2017, e la sede museale a Varese che sarà ultimata dopo i restauri alla fine di quest’ anno.

Paolo Ghilardi ( Bagnatica 1930 – Bergamo 2014) si inserisce nella scena artistica alla fine degli anni 40.

La sua prima mostra personale è alla Galleria Mainieri di Milano nel 1967. È stato un personaggio attivo  della scena bergamasca, a partire dal suo lavoro di insegnante in Discipline Pittoriche al Liceo Artistico Statale di Bergamo dal 1968 al 1986, poi in Teoria del colore e Pittura all’ Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo dal 1977 al 1980 e ancora come “consulente del colore” incaricato dal Comune per vari recuperi del centro storico.

Se inizialmente mostra attenzione per un linguaggio figurativo, negli anni si concede a ricerche sulle strutture geometriche e le forme, aumentando il suo interesse sul colore e l’ astrattismo. Partecipa agli incontri del Centro Internazionale di Studi d Arte Costruttiva di Anversa – Bonn con l’ amico Zilocchi.

Suscita polemiche per la modernità dell’ opera nel 1980 con la prima grande scultura in vetro ATMA per il progetto di sistemazione del cimitero di Stezzano.

Le sue ricerche lo portano ad uno studio approfondito dell’ utilizzo del colore, divenendo elemento principale attorno a cui l’ opera si crea, nelle forme geometriche, concentrandosi su tele per poi espandersi al di fuori, nello spazio intorno.

Negli anni Novanta sperimenta vari materiali, dal ferro al plexiglas, dal vetro al tessuto.

La prima sala alla Werkstattgalerie di Berlino è dedicata a lui: un tripudio del colore attentamente studiato ed esaltato, forme geometriche che non sono mai rigide e schematiche ma fluttuano nella loro precisione e invadono lo spazio. Luce, tonalità vive e gioiose ci accolgono alla mostra. Gli arancioni accesi, i rossi, i viola, i gialli, i blu e i verdi invadono completamente le tele, oppure lasciano solo un segno sullo sfondo bianco, ma deciso, marcato, mai statico, libero di muoversi dentro e fuori l’opera stessa.

E allora ripenso alla sua grande installazione ambientale, presentata per la prima volta alla Galleria Lorenzelli di Bergamo nel 1976, ed oggi visibile fino al 30 giugno 2017 alla Galleria Spazio Testoni di Bologna con la mostra Traiettorie Policrome a cura di Alberto Mattia Martini, composta da diverse e lunghe lamine colorate in metallo che sovrastano pareti e pavimento.

Una sua installazione è presente anche qui a Berlino, in un excursus di lavori dagli anni Settanta al Duemila, di acrilici su tela e collage e matita all’ interno di plexiglas, troviamo una piccola opera di ferro e vetro del 1996, in bianco e nero, a testimonianza della crescente attenzione dell’ artista per lo spazio.

Avvicinandoci alla seconda stanza della mostra, l’ atmosfera pare mutare.

La luminosità trovata nella prima sala è affievolita quasi a voler ricreare un ambiente più intimo, famigliare, avvolgente, persino accomodante, e dove le opere di Morandini sembrano entrare direttamente in contatto con noi, come a casa nostra.

Del resto i suoi lavori prendono spunto da forme conosciute che però diventano altro, in un gioco percettivo di infinite forme possibili che una struttura geometrica possiede, nell’eleganza quasi ipnotica del bianco e nero che contrassegna tutto il suo percorso.

Il suo non è un diniego al colore, semplicemente non è necessario al fine della sua ricerca e per questo considerato un eccesso.

I colori bianco e nero sono come una grafia su un foglio, per leggere e per capire non è necessario nessun altro valore cromatico. La forma geometrica racconta e svela la sua essenza più vera, senza distrazioni e abbellimenti. Nella loro muta bellezza, come una elegante signora con tocco aristocratico, di profumata raffinatezza nel prenderci per mano e mostrare le infinite possibilità della forma stimolando i nostri punti di osservazione.

Il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto diceva Kandinsky. È un luogo per certi aspetti mistico quello del bianco, puro, uno spazio dove nulla accade invece tutto è visibile. È senza tinta, ma racchiude tutti i colori dello spettro. Forse proprio per questo l’ artista non rinnegò mai l’uso rigoroso del bianco: siamo nella stanza dedicata ad Alberto Zilocchi.

Dalla prima volta che ho incontrato i suoi lavori mi sono chiesta il motivo per cui la sua opera è rimasta nell’ombra fino ad oggi. Le ragioni a volte sono le più svariate, di casi simili nel mondo dell’ arte purtroppo ce ne sono numerosi e continueranno ad esserci. Scoperte tardive e rivalutazioni.

Zilocchi non produceva opere pensando al mercato, le sue esposizioni si sono concentrate principalmente nel Nord Europa, toccando la Germania, Svezia e Inghilterra. Alla sua morte nel 1991, la famiglia non si sentì pronta alla gestione di tutto il suo lavoro.

Il suo primo ritorno al pubblico è avvenuto in occasione della 40^ edizione di Arte Fiera Bologna, dopo che Maurizio de Palma intraprese il percorso di riscoperta di questo artista in collaborazione con Spazio Testoni e la famiglia Zilocchi, poi una personale l’ anno scorso Rilievi e linee presso Spazio Testoni a Bologna e alla Werkstattgalerie di Berlino dove torna oggi .

Fu presentato alla prima edizione di Wopart – works on paper art fair di Lugano nel Settembre 2016 dove tornerá quest’ anno. Molti i progetti futuri organizzati dall’ Archivio Zilocchi.

Inizialmente avvicinatosi all’informale, Zilocchi realizza il ciclo Rilievi, chiaro-scuri formati da estroflessioni di gesso e acrilico su tavole supportate da telai in legno per poi lavorare alle Linee su carta o tela applicate a tavola e inchiostro nero, dove la componente casuale risulta fondamentale. Basti pensare che l’artista era solito utilizzare dadi per calcolare lunghezza e spessore delle linee.

Molti gli artisti suoi amici che hanno utilizzato il bianco, da Piero Manzoni per i suoi Achrome, incentrati sullo studio dell’ assenza del colore, a Enrico Castellani con le sue estroflessioni mediante l’ uso di chiodi inseriti dietro la tela. E come non ricordare anche Alberto Burri, dove il bianco si frammenta a formare terreni inariditi, e Lucio Fontana.

Ciò che contraddistingue tutta l’ opera di Zilocchi è l’ utilizzo costante del bianco, senza tradirlo, creando atmosfere sospese ma vitali, di una luce propria, nella loro ricercata delicatezza.

Nella sua ricerca, a volte stravagante nell’ elaborazione di componenti casuali all’ interno di processi quasi matematici, affascina il suo percorso, l’ abilità dell’ esecuzione, la manualità sembra celata e invece ricompare con forza là dove la tela ci chiede solo di essere guardata, per entrare a passi lenti dentro il suo seducente mondo bianco.

Una luce pura quella in mostra, sul palcoscenico tre grandi artisti, nelle loro diversità e conformità dialogano insistentemente sugli aspetti caratterizzanti della loro arte, in una chiacchierata amichevole, un viaggio nei principali meccanismi esterni ed interni della creazione artistica.

Info

  • IAFKG: Paolo Ghilardi – Marcello Morandini – Alberto Zilocchi
  • 27 Aprile – 26 Maggio 2017
  • Kunstraum Werkstattgalerie Berlin
  • Eisenacher Str. 6
  • 10777 Berlin
  • www.werkstattgalerie.org
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Lucia Rossi, laureata in Arte, Spettacolo e Immagine Multimediale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Parma, è scrittrice, contributing editor per riviste d'arte, curatrice di mostre. Vive e lavora a Berlino. Ha diverse esperienze come curatrice indipendente di eventi culturali e collaborazioni per cataloghi d'arte e pubblicazioni.

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