Gita al Faro. Santo Stefano in Ventotene e la sua rinascita. Intervista con Guido Garavoglia.

Gita al Faro,  il Festival che ospita ogni anno cinque autori che accettano il “confino” sull’Isola di Ventotene è giunto alla sua quinta edizione. Nato da una specialissima idea di Lidia Ravera e sostenuto dalla direzione artistica libera e necessaria di Loredana Lipperini, il Festival è promosso da quest’anno, dall’Associazione per Santo Stefano per Ventotene Onlus  che ha il fine di promuovere iniziative dirette al recupero e alla valorizzazione dell’ex carcere borbonico di Santo Stefano, luogo di grande suggestione (dichiarato Monumento Nazionale nel 2008), che versa in grave stato di abbandono, nella convinzione che un luogo simbolo della memoria collettiva italiana e del processo di formazione dell’identità nazionale, debba essere restituito al patrimonio storico-artistico italiano e destinandolo a sede di iniziative permanenti che ne consentano l’uso ed il godimento sia ai visitatori che a studiosi e ricercatori.

Iniziamo la nostra scoperta del nuovo Gita al Faro con l’intervista a Guido Garavoglia, Presidente dell’Associazione per Santo Stefano per Ventotene Onlus.

Quando nasce l’Associazione per Santo Stefano in Ventotene onlus e quali sono le motivazioni e i sogni dei suoi fondatori?

L’Associazione nasce formalmente nel febbraio 2016 su iniziativa di un gruppo di cittadini con esperienze professionali diverse, accomunati dal desiderio di contribuire alla salvaguardia del patrimonio storico-artistico del nostro paese. Nel 2011, in occasione del 150^ anniversario dell’unità d’Italia, il gruppo aveva elaborato un progetto preliminare per il recupero e la valorizzazione dell’isola di Santo Stefano e del suo settecentesco carcere borbonico, abbandonato dopo la chiusura nel 1965 e in preda ad un degrado inarrestabile, nonostante fosse stato dichiarato Monumento nazionale nel 2008.

Qual è lo scopo principale dell’Associazione e come intendete portarlo avanti?

Scopo dell’Associazione è promuovere ogni utile iniziativa diretta al recupero, alla valorizzazione e alla destinazione d’uso dell’ex carcere di Santo Stefano e degli edifici connessi, nella convinzione che un luogo simbolo della memoria collettiva italiana e del processo di formazione dell’identità nazionale debba essere restituito al nostro patrimonio storico-artistico e destinato a sede di iniziative permanenti che ne consentano l’uso ed il godimento sia ai visitatori che a studiosi e ricercatori.
Per questo l’Associazione si propone di collaborare, mettendo a disposizione le competenze e l’esperienza dei propri soci, con istituzioni italiane ed europee, enti pubblici e privati, università e centri di ricerca, interessati ad operare per la salvaguardia dell’isola di Santo Stefano.

Esiste un progetto di recupero e riqualificazione del complesso? Quali iniziative avete immaginato per raccogliere i fondi necessari?

Partendo dal progetto redatto nel 2011, nel giugno 2016 si è tenuto a Ventotene un convegno organizzato dall’Associazione e dall’Istituto Affari Internazionali (IAI) in cui sono state presentate proposte concrete per il restauro ed il futuro utilizzo del reclusorio, anche alla luce di esperienze analoghe realizzate altrove nel nostro paese. Queste proposte riguardano in primo luogo il recupero architettonico della struttura carceraria, con la creazione di un percorso museale innovativo destinato ai visitatori; in secondo luogo un Centro di redazione, ricerca e documentazione sui temi dell’integrazione europea; in terzo luogo un Osservatorio sulla biodiversità e l’ecologia delle piccole isole del Mediterraneo. Si tratta di un progetto integrato che intende valorizzare le tre componenti che caratterizzano le isole di Ventotene e Santo Stefano: quella storica legata all’esclusione (dall’epoca romana, al carcere, al confino), quella simbolica legata all’origine del processo di integrazione europea e quella naturalistica-ambientale (le isole e il mare circostante sono Riserva naturale e area marina protetta).

Nel maggio 2016 il governo italiano ha stanziato 70 milioni di euro nell’ambito del Programma cultura e turismo del MIBACT per il recupero e la valorizzazione del complesso carcerario. Purtroppo ad oggi non molto è stato realizzato per dare seguito a questo impegno. L’Associazione è fortemente impegnata nell’opera di sensibilizzazione delle istituzioni coinvolte (Presidenza del Consiglio, MIBACT, Agenzia del Demanio, Regione Lazio, Comune di Ventotene), offrendo la propria collaborazione per un progetto che sia sostenibile e abbia tempi certi di realizzazione.

Santo Stefano è uno dei luoghi fondamentali del “confino” degli scrittori che partecipano a Gita al Faro. Da quel che Santo Stefano ispira sono nati molti dei racconti, è questo che vi ha portato a farvi promotori del Festival stesso?

L’Associazione, accanto al proprio scopo primario, promuove e organizza attività finalizzate alla valorizzazione del patrimonio storico, culturale e ambientale delle isole di Ventotene e Santo Stefano. Per questo abbiamo accolto con grande favore l’opportunità di promuovere da quest’anno quella che può forse considerarsi la più importante manifestazione culturale dell’estate ventotenese. Naturalmente ci piacerebbe che gli scrittori dedicassero una particolare attenzione a Santo Stefano, come altri prima di loro hanno fatto negli anni passati, anche ispirandosi ai tanti personaggi che l’hanno popolata in quasi due secoli di storia, contribuendo così a mantenere acceso un “faro” sul suo futuro.

Qual è l’interazione fra l’Associazione per Santo Stefano in Ventotene onlus e Gita al Faro? In che modo parteciperete alle 5 giornate del Festival?

L’Associazione promuove il festival attraverso un contributo finanziario diretto, oltre che partecipando in prima persona all’attività di fundraising (bandi pubblici ecc.). I soci, molti dei quali ventotenesi, sono parte attiva nel pubblicizzare l’evento sull’isola e sul territorio circostante. Nel corso della serata finale è previsto un intervento dell’Associazione allo scopo di sensibilizzare il pubblico sul futuro di Santo Stefano.

Ventotene da qualche tempo è tornata (anche se più per necessità politiche, che per un reale interesse) a simboleggiare l’Europa, ora che l’Europa si è trovata di fronte ai suoi limiti e a tutto quello che ha disatteso rispetto ai “padri fondatori”. Pensi che ripartire da qui, raccontando un’Europa sconosciuta ai più possa portare dei mutamenti? Ma soprattutto ha ancora senso parlare solo di Europa quando il mondo più vicino bussa forte?

L’impegno del governo italiano di riscoprire le ragioni originarie che hanno dato vita al grande progetto di riunificazione europea è stato enfatizzato dal ritorno in uno dei luoghi simbolo dell’europeismo, dove Spinelli, Rossi e Colorni elaborarono il Manifesto di Ventotene. La volontà espressa di recuperare a questo scopo sia il carcere borbonico di Santo Stefano sia il suo territorio necessita ora di una chiara individuazionedegli obiettivi concreti che si vogliono raggiungere, al di là dello stretto significato simbolico.

Fare di Ventotene e Santo Stefano un luogo in cui giovani di tutti i paesi europei e del Mediterraneo possano incontrarsi per attività di formazione, studio e ricerca può certamente contribuire a creare una nuova generazione di cittadini consapevoli che l’Europa è una realtà storicamente e culturalmente consolidata, ma anche aperta al confronto interculturale con il resto del mondo.

La storia del complesso di Santo Stefano (PDF)

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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