Fata Morgana, Antropocene, Land Art e arte dal carattere green che fa fare esperienza

Fata Morgana | Dentro l’Antropocene è il nuovo, poderoso lavoro di Alberto Timossi dopo una serie di riuscitissime installazioni ambientali: l’ultima in ordine di tempo, del 2015, è Illusione, dentro il cuore marmoreo delle celebri, enormi Cave Michelangelo a Carrara, a cura Takeawaygallery. Ora Timossi si cimenta in una ulteriore connessione tra arte e territorio, pure curata da Takeawaygallery; stavolta è l’incontaminato lago del Col d’Olen, nel comune di Gressoney-La-Trinité, in alta valle del Lys, in Valle d’Aosta, ad accogliere e dialogare con il lessico dell’artista.

Dal 23 luglio al 27 agosto 2017 nel piccolo, incantevole specchio d’acqua tra le montagne del luogo, si eleveranno, ad altezze difformi, dondolando leggermente alla brezza d’altura, elementi eretti. Sono trentatré, un numero che simboleggia, non a caso, il risveglio spirituale; questi tubi sono fatti in pvc, materia apparentemente banale, industriale, usata da tempo dall’artista, che la plasma rendendola singolare e capace di generare visioni, oltre che sculture. Il colore scelto stavolta, dopo l’arancione vivido, che a Carrara bucava il fronte di marmo della cava, risaltando ma nel tempo scomparendo, mimetizzandosi tra le pareti lapidee, perché imbiancato dalla polvere dell’estrazione, è il rosso. La tinta è tra quelle allegoriche per eccellenza: emblema di vitalità ma anche di allarme, di evidenziamento, qui fisico, tangibile, e al contempo linguistico.

Questi purpurei manufatti nel laghetto sembrano apparizioni, come una sorta di fatata, inaspettata “germinazione artificiale” che mima quella naturale, derivando la propria forma, la verticalità e, insomma, il risultato generale, dalla profondità dell’alveo e dalle condizioni meteorologiche: assecondando il vento, ad esempio, o – come ci dicono dalla Takeawaygallery – con “il riflesso dell’opera sullo specchio liquido, assieme al contorno delle cime montuose, delle nuvole e del cielo”, che dunque compongono una totalità inscindibile. L’intero lavoro è, pertanto, in armonia con una Natura speciale. Infatti, qui l’habitat è assolutamente unico, “caratterizzato dalla fusione del ghiaccio presente all’interno di una particolare forma dello scenario geomorfologico d’alta quota, detta rock glacier (ghiacciaio di pietra); il ghiaccio, protetto dall’accumulo detritico, rilascia nel piccolo bacino acqua con caratteristiche fisiche e chimiche differenti rispetto alle normali sorgenti”, che ricercatori dell’Università di Torino, in collaborazione con numerosi enti attinenti (CNR-IRSA, Università di Bologna, ARPA-Valle d’Aosta, Carleton University, Politecnico di Torino), stanno studiando. In questo paradiso Timossi mette una sua impronta rispettosa ma forte. Possiamo interpretarlo come un atto di responsabilità e di critica di Timossi – non nuovo a simili analisi – nei confronti delle problematiche ambientali mondiali, che personalità come il Presidente americano Donald Trump negano, ma di cui altri più ragionevoli stanno cercando di occuparsi; è un fatto che c’è una costante e gravissima modificazione di tutto l’ecosistema e della stabilità climatica, che dunque ha influito sul paesaggio, con rapporti strettissimi con cataclismi, siccità, deforestazione, scioglimento di ghiacciai e dunque anche con molta migrazione palesata drammaticamente in questi anni.
Tutto è collegato, come indica la nozione detta effetto farfalla (*1). Ne avrebbe paura anche la Fata Morgana, magica entità femminile della tradizione celtica e delle leggende arturiane, regnante della penombra, dell’abbaglio e del mistero, associata pertanto al fenomeno ottico del miraggio prodotto da determinate condizioni paesaggistiche e atmosferiche.

L’Environment di Timossi è sostanziato anche da questi riferimenti e muove dalla sua (ma non solo sua) apprensione per le alterazioni degli equilibri naturali provocati dall’uomo. E’ questo l’antropocene (*2), epoca geologica in cui l’ambiente terrestre è fortemente condizionato localmente e globalmente dagli effetti dell’azione umana, e ci siamo dentro da tanto: il suo arrivo non è stato indolore né senza conseguenze. Ebbene: la poetica struttura di Alberto Timossi, giocando con la citazione fatata che rimanda all’illusione, all’apparizione – come sembrano essere proprio le sue verticalità scarlatte nell’acqua –, è anche una valutazione a riguardo. Ciò era ed è alla base dell’operatività di tanti grandi land artisti storici e di prosecutori in questa strada aperta e percorribile in varie direzioni, prima tra tutte verso la relazione tra Natura, sul posto, e Cultura, ivi portata. Ciò, con un carattere effimero e non predatorio: dopo l’azione, incubatrice di intenso pensiero estetico-etico-politico, quasi ecosofico (Gregory Bateson, Félix Guattari, Arne Naess, Raimon Panikkar), si smonta e tutto torna quasi come era stato trovato, perché scopriamo che “l’arte crea uno spazio ambientale, nella stessa misura in cui l’ambiente crea l’arte” ( G. Celant, Ambiente/Arte, dal Futurismo alla Body Art, Edizioni della Biennale di Venezia, Electa, Milano-Venezia 1976, p. 5). Ciò vale anche per il nostro lago, con le sue cime intorno. Un cambiamento più intenso è però pensato, fortemente voluto e predisposto dall’installazione: quello dell’essere umano –  ovvero: lo stesso artista, i partecipanti alla messa in opera, il pubblico, spettatore e un po’ anche attore dell’accadimento – attraverso l’irripetibile esperienza fatta per mediazione dell’arte. Fata Morgana | Dentro l’Antropocene va vissuta proprio lì, in quel paesaggio, tra i colori scultorei e quelli naturali, l’aria fresca, il rumore del vento sui tubi e dell’increspatura dell’acqua… A renderne la globalità non bastano, da soli, né le foto, né i video né la webcam – puntata, per tutta la sua durata, sull’opera/azione e visibile anche sulla piattaforma Rifuginrete.com e su www.albertotimossi.com – che ne sono porzioni, documentazione, memoria: una narrazione, pure importantissima, di valore, dell’intero Earth Work, come è prassi in tutte le opere ambientali della terra. E come queste, anche Fata Morgana | Dentro l’Antropocene, crea e invita a seguire un sistema altro non solo per considerare il mondo e soprattutto – Joseph Beuys docet lo stare al mondo e nel mondo dell’uomo.

Questa colorata, funambolica e calibrata impresa è, dunque, “un invito alla presa di coscienza delle conseguenze dell’Antropocene” (cit. Takeawaygallery): ognuno porterà con sé una parte di quest’opera e tornerà a casa con una nuova consapevolezza acquisita per ripensare (riformulare?) una vita sul Pianeta che sia un po’ più ecosostenibile ed ecocompatibile.

Note

(*1)  metafora, anticipata dal londinese Alan Turing, nel saggio Macchine calcolatrici e intelligenza, del 1950, poi ripresa dallo scrittore e visionario Ray Bradbury nel racconto fantascientifico Rumore di tuono (A Sound of Thunder, in R is for Rocket) del 1952, nonché analizzata, nella sua applicazione più realistica, dallo statunitense Edward Lorenz in uno scritto del 1963 preparato per la New York Academy of Sciences e poi ribadito in: “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”, titolo di una conferenza tenuta da Lorenz nel 1972.

(*2) termine coniato negli anni ottanta dal biologo Eugene Stoermer e nel 2000 dettagliato dal Premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen; ma ne trattava già nel 1873 il geologo lombardo Antonio Stoppani.

Info:

  • Fata Morgana | Dentro l’Antropocene
  • Installazione ambientale di Alberto Timossi presso il Lago del Col d’Olen, alta Valle del Lys, Gressoney-La-Trinité, Valle d’Aosta

A cura Takeawaygallery

  • Coordinamento: Andrea Beck Peccoz
  • Con un testo di Carlotta Monteverde

Dal 23 luglio al 27 agosto 2017

Inaugurazione domenica 23 luglio ore 10.30 al lago del Col d’Olen e conferenza ore 16.00 in Piazza a Gressoney-La-Trinitè.

Partecipano alla conferenza: l’Assessore alla Cultura di Gressoney-La-Trinité Paolo Viganò, l’artista Alberto Timossi, i docenti dell’Università di Torino Michele Freppaz (Pedologia alpina e Nivologia) e Marco Giardino (Geomorfologia), Umberto Morra di Cella di ARPA Valle d’Aosta, lo storico e critico d’arte Barbara Martusciello, il gallerista della Takeawaygallery Stefano Esposito.

Il lago del Col d’Olen è raggiungibile in venti minuti a piedi dall’arrivo della funivia dei Salati (percorso Staffal-Gabiet e Gabiet-Passo dei Salati).

  • Con il Patrocinio di: Regione Autonoma Valle d’Aosta, Comune di Gressoney-La-Trinité
  • In collaborazione con: Università degli Studi di Torino, ARPA Valle d’Aosta
  • Con il supporto di: Consorzio Gressoney Monte Rosa, Monterosa-Ski
  • Sponsor tecnici: Rifuginrete, Edilizia 1960, Infissi Termici 2000
  • Video: Walter Paradiso;
  • Progetto grafico: Aurelio Candido;
  • Traduzioni: Andrea Viviani
  • Contatti: takeawaygallery@gmail.com | 3478164486 | http://www.takeawaygalleryroma.altervista.org/Roma/
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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