Stomp: una riflessione non troppo a caldo

Gli Stomp all'arena di Verona

Girano il mondo portando in scena coreografie di cui essi stessi realizzano le musiche: credo sia questo il motivo per il quale gli Stomp vengono inseriti nel cartellone della danza, pur esecutori di una sana e completa idea di musica – o, meglio, di suono organizzato. Ogni loro replica rende infatti limpido l’orizzonte su cui solo una azione coreutico-musicale può stagliarsi.

Gli Stomp all’arena di Verona

Proprio perché girano il mondo, ho avuto modo di “visitarli” mentre mi trovavo in vacanza per una due giorni sulle tracce di Pisanello tra le chiese scaligere. Se l’Arena è destinata ad ospitare turisti e “amici della musica” sopraggiunti da ogni dove pur di applaudire gli spettacoli operistici, il teatro romano diventa luogo di un’offerta culturale altra, soprattutto per spettatori dalle tasche diverse.

Si entra previa bottiglietta d’acqua stappata. Sentiamo il fiume Adda scorrere nel paesaggio sonoro. Le gradinate del teatro sono occupate liberamente, mentre la platea è numerata. La replica può avere inizio.

La scenografia si presenta come una collezione di arredo urbano e domestico ed è sfruttata in tutta la sua pienezza: non è solo scena, dunque. Cambiano gli occhi con cui vediamo impiegati gli oggetti della vita quotidiana. Il pubblico li riconosce nel nome – non riesce a non nominarli – pur assegnati ad una diversa funzione: strumenti orientati e ben disposti al suono.  La concordanza di musica e contesto rapisce spettatori attenti ad ogni variazione dei gesti quale trasformazione in ascolto.

Lo spettacolo ritma la sua narrazione grazie alle gag del gruppo di performatori coinvolti, una vera e propria squadra. I loro fisici, inoltre, dimostrano quanto giornaliero debba essere l’esercizio pur di praticare questo circo del reimpiego. Ogni traccia sonora dura non più di quattro minuti; spesso è pensata nella misura di 150 secondi. Insomma, un ascolto parcellizzato tipicamente pop. I cambi di scena sono tutti in diretta, al massimo si abbassano le luci sul palco se proprio bisogna. Una tecnica del suono controlla il banco digitale con attenzione e cura: la microfonazione è minima, ma presente.

90 minuti di adrenalina, creatività, attenzione del pubblico, sudore, oggetti sostituiti, sorrisi, applausi.

Lontano dal compito di una recensione, mi permetto di segnalare due aspetti “didattici” e due suggerimenti “bibliografici” emersi dalla pratica degli Stomp.

a) la questione del suono organizzato; risulta infatti stagnante parlare di musica. Sotto il nome di suono organizzato si presenta una raccolta di scritti sulla musica a firma di Edgard Varèse. La questione del suono organizzato ha attraversato carsicamente tutta la storia della musica che ci riguarda da vicino. Tra i tanti, soprattutto Cage deve aver insistito su questo aspetto nelle sue composizioni, nella sua musica. La gamma di gesti a disposizione degli STOMP, variabile per frequenza e pressione sonora, si muove tra i tessiturali dello spazzare animosamente un pavimento alla percussione di un pallone di basket, senza dimenticare i silenzi quali incessanti portatori di ritmo. L’esecuzione di poliritmie, una percussione attenta alle altezze, uno studio della tecnologia dei materiali sostiene gli strumenti auto-costruiti: lontani dalle strette cerchie di elitari ascoltatori di Reich e Stockhausen, lavorano per un pubblico di massa.

b) lo spirito creativo. Parte della creatività sta già nel modo in cui vediamo le cose. La creatività inoltre va alimentata. Lo spirito creativo è un testo scritto a sei mani (Goleman D., Ray M., Kaufman P.) che ci ricorda che lo spirito creativo è dentro di noi, qualsiasi cosa facciamo, che il difficile sta nel liberarlo. Scrivo queste righe perché mentre gli adulti guardavano tornando bambini, i bambini seguivano come stessero giocando loro. Tra i tanti metodi musicali, il metodo Gordon insegue ed insegna l’Audiation quale pratica che permetta la conoscenza e la comprensione, informale, dei suoni organizzati nella sintassi musicale. Non dobbiamo insegnare musica: dobbiamo essere musica. Suggerisce.

In ultima analisi, nell’ambito dello spettacolo gli Stomp rappresentano un brand coreutico-musicale la cui azione merita un’attenzione che vada decisamente oltre il semplice applauso.

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Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

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