Ri-girare Mantova

Mantova, skyline
Mantova, skyline

La città di Mantova porta ancora le tracce della sua elezione a Capitale della cultura 2016: un po’ come quando i segni di una promozione in una categoria superiore o di vittoria da parte di una compagine sportiva restano impressi nello spazio intorno a darne memoria. Arrivarci l’anno dopo deve aver cambiato solo i prezzi delle strutture di accoglienza.

Mantova, skyline
Mantova, skyline

Ho avuto poco più di 48 ore a disposizione e devo dire che possono dirsi sufficienti per visitare con estrema attenzione i poli di attrazione culturale, rappresentati dal Palazzo Ducale (www.mantovaducale.beniculturali.it) da un lato, da Palazzo Te (www.palazzote.it/index.php/it) dall’altro. Nel mezzo, il piacere di una passeggiata tra le mura antiche di un centro storico che beneficia di una forte idea progettuale, di quelle in grado di garantire al costruito un’identità senza tempo.

Non seguirà una cronaca del mio viaggio, fatto di visitabili luoghi comuni – al massimo li elenco. Piuttosto, riporto un paio di impressioni che ho raccolto visitando la città.

Mantova mostra bene il processo di turisticizzazione che ha investito le città d’arte: eletta capitale per un anno, resta di certo un modello per le tante altre città che stanno provando a porsi nella scia, a conquistare un pubblico fedele al solo bello. Devo dire che, considerando la posizione – al crocevia tra Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – oltre ad intercettare importanti traffici giornalieri, non in pochi decidono di pernottare nella città che fu del Mantegna.

Andrea Mantegna (Isola di Carturo, 1431 – Mantova, 13 settembre 1506) a Mantova, diventa il Mantegna. A ben vedere, la sua autorità non può essere mai posta in discussione: artista su committenza per un tempo ricordato da record per gli standard dell’epoca, richiama in città più visitatori che la sbrisolona (la celebre torta originaia di Mantova). Anche casa sua è diventata un museo, che ospita mostre più o meno discutibili.

Nel centro città si respira essenzialmente profumo di turisti, mentre le viuzze poco lontane raccontano di strade deserte, negozi in ferie e tapparelle abbassate. Restano aperti esclusivamente quei servizi essenziali quali la ristorazione, i negozi di souvenir e le librerie: in pratica quegli esercizi commerciali frequentati da un pubblico sempre diverso.

Tutto quello che c’è da visitare diventa segnalato sulle guide – vedi la Mantova Sabbioneta Card – ché i percorsi siano il più possibile controllati. Ad esempio, in una passeggiata fuori campo mi è capitato di imbattermi in quella che fu una piccola Fossoli, un luogo di transito per chi sarebbe stato deportato. C’era una targa, e basta. Tutto finito. Per quanto vale, conta imbrigliare tutto in un’offerta – la cosa entusiasmante è che non smette mai di dirsi vantaggiosa.

Palazzo Te, Palazzo Ducale, e Museo archeologico nazionale, Museo della città di Palazzo san Sebastiano, Museo diocesano Francesco Gonzaga, Teatro scientifico Bibiena, Museo di Palazzo d’arco, Palazzo della Ragione, Torre dell’orologio e Museo del tempo con vista panoramica della città, tempio di san Sebastiano, Museo Tazio Nuvolari: sono queste le attrazione di una città a misura di luna park, a sfondo culturale. Non mancano poi i tanti chioschi dove fermarsi e mangiare qualcosa. E le giostre sono aperte tutto l’anno (si veda un giro in barca sul lago). E poi, compreso nel biglietto, c’è Sabbioneta, una attrazione distaccata da raggiungere solo se automunito, altrimenti sa tanto di montagne russe. La collegano le corriere: ti lasciano fuori le mura ché tu possa passare dalla barbarie della provinciale alla civiltà ordinata delle strade comunali. Un paese che deve la sua fortuna al suo isolamento dal resto del mondo e del tempo; una di quelle opere da utopia rinascimentale che nella modernità fa sbattere le ciglia ai nostalgici di tempi che furono.

Mantova sembra essersi adeguata brillantemente al nuovo ritmo siglato da questa stagione eminentemente turistica. Non sono pochi in città a ripetersi il mantra del “finalmente”, come se questa condizione si ponesse quale cura dei mali cittadini. Eppure, fa un certo effetto notare una differenza di clima percorrendo il resto della città, dove le mappe non arrivano: solo qui, infatti, resta autentico.

In conclusione, da turista mi sono limitato a percorrere il già segnalato. Forse questo discute il grado di libertà delle mie vacanze.

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Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

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