Frida Kahlo travolgente e ribelle. Le Scuderie del Quirinale a Roma la omaggiano

Una creatura burlona e un po’ inquietante, venerata come una dea atzeca. Frida Kahlo, la travolgente e ribelle pittrice messicana, sarà in mostra a Roma, alle Scuderie del Quirinale, dal 20 marzo.

Una vita avventurosa, la sua, vissuta famelicamente in un momento storico in cui l’arte ha saputo fondersi con l’impegno politico e con la conoscenza sociale, mostrando i fermenti e le passioni del popolo messicano. Nata con la rivoluzione – come amava sostenere pur essendo venuta al mondo tre anni prima dell’irripetibile sommossa del 1910 – Kahlo rappresentò su tela le sue lacerazioni senza mai impietosire e farsi commiserare. Cinico sarcasmo e abbagliante ironia caratterizzano buona parte della sua produzione artistica, nonostante l’artista si mostrasse spesso addolorata come la protagonista sovrana di un ossessivo retablo: l’umile ex voto della chiesa messicana. Quando a 18 anni, con il corpo già oltraggiato dalla poliomelite, l’autobus sul quale viaggiava si scontrò con un tram e l’asta del corrimano la colpì violentemente – attraversandola al punto da spezzarle la spina dorsale, frantumarle l’omero e il bacino prima di fuoriuscirle dalla vagina – Frida, come racconta Carlos Fuentes, nell’introduzione del diario dell’artista «restò a terra, nuda, insanguinata ma ricoperta dalla polvere d’oro fuoriuscita dal sacchetto di un decoratore che le sedeva accanto». Come un’ostensione macabra e sacrale, mostrò senza volerlo, per la prima volta il suo Essere al mondo.

Frida Kahlo scoprì la pittura proprio durante il lunghissimo periodo di convalescente immobilità, postumo all’incidente. Colori e pennelli la aiutavano a fuggire da quella condizione. Diceva:

«Dipingo la mia realtà. Fisso sulla tela qualsiasi cosa mi passi per la testa senza pensarci troppo».

Frida dipingeva con un realismo talmente spregiudicato da apparire surreale, aggiungendo alle sue opere dettagli non trascurabili: si contornava da animali tropicali, si impreziosiva con monili etnici, si trafiggeva come un San Sebastiano al martirio, riuscendo ad armonizzare un’estetica che – se pur esangue – affascinava con atteggiamenti spavaldi e abbaglianti giochi cromatici. Frida, personalità magnetica e tormentata, nascondeva la gamba offesa (successivamente amputata) e i busti ortopedici sotto gli spettacolari ornamenti che le contadine messicane indossavano solo alle grandi fiestas delle comunità agrarie, riuscendo a incarnare una femminilità estrema drammatizzata da folte sopracciglia.

«La sua pittura è una bomba avvolta da un nastro di seta», disse André Breton lanciando un velato riferimento non soltanto al pittorico potere narrativo della donna, ma anche alla scelta di Kahlo di ricorrere ai merletti e alle sottane fruscianti, e alle acconciature nelle quali intrecciava fiori e fili di lana colorata, esibendo con frastornante ironia – oltre al conflitto tra l’interiore e l’esteriore – quel malessere esistenziale che la spinse più volte a tentare il suicidio e ad abusare di droghe e alcol. Lo strazio più grande, però, fu l’amore per il grande pittore muralista Diego Rivera. L’elefante e la colomba si sposarono nel 1929, ma lui cominciò a tradirla prima delle nozze – pur cosciente di quanto l’avrebbe ferita – riuscendo a far sua anche la cognata Cristina Kahlo. Fu un dolore lancinante per Frida che appuntò più volte nel suo diario di aver subìto due incidenti nella sua vita: quello con il tram e l’incontro con Rivera.

«Più l’amavo, più volevo farle del male», dichiarò Diego dopo la morte di Frida che non disdegnò vendetta, frequentando disinvoltamente uomini e donne tra i quali il rivoluzionario russo Leon Trotskij e la pittrice Georgia O’Keeffe.

Il suo fu un tortuoso cammino – fedele alle credenze del popolo messicano – verso la morte che genera la vita. Frida, morta nel 1954, divenne icona incalzante di un corpo fragile e in disfacimento rappresentato, esibito e divenuto arte. «Aspetto con gioia la dipartita, e spero di non tornare più», annotò nel suo diario pochi giorni prima di morire. Così non è stato. Frida è tornata, rinata dalle sue ferite come il Messico in rivolta.

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Preferisce perdere tempo a scrivere pezzi pop per non annoiarsi. Ama la bellezza e tutti i luoghi dove è possibile scovarla. Dice di sé: «Quando si parla di me non so mai che dire».

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