La storia di Gina

Gina Alessandra Sangermano era una fotografa, un’artista, una donna volitiva, uno spirito libero e creativo, piena di inventiva e voglia di vivere. Complicata anche, esigente, dicotomica, bella e cupa nelle sue solitudini da esploratrice dell’animo umano.
Era, perché Gina non c’è più: il cancro l’ha abitata e poi – nonostante la sua strenua battaglia – nel 2007 si è suicidato in lei, portandosela via.

Nonostante ciò, per Gina il tempo presente resta obbligatorio. Perché con la fotografia, l’arte, i suoi pensieri appuntati sui tanti diari scritti con mano decisa e gesto veloce, con i corsi di fotografia concepiti in qualità di docente e rivolti ai disagiati e alle donne, con la camera oscura dentro la quale si perdeva a sperimentare, con il reportage della sua amata Calabria, con i ritratti dei suoi cari e di se stessa, con i nudi fotografati nel dettaglio sotto una luce caravaggesca che non lasciava spazio alla menzogna, con le Polaroid traccia dei suoi viaggi, Gina ha reso impossibile alla morte il suo compito.

Ho conosciuto Gina Alessandra Sangermano sette anni dopo la sua morte grazie a un gesto di amore del marito Leo dal quale tempo fa ho ricevuto questa mail:

“Salve, mi chiamo Leo Scagliarini, vivo e lavoro a Roma (…). Sto cercando un professionista che possa seguire un percorso di valutazione, catalogazione, raccolta e valorizzazione del materiale fotografico di Gina Alessandra Sangermano, nata nel 1966 a Bisignano, un piccolo paese della Calabria in provincia di Cosenza, e deceduta a 40 anni a Roma, nel mese di luglio 2007. Gina, mia moglie, si era trasferita a Roma nel 1986 per studiare psicologia, ma ben presto la fotografia è diventata, come lavoro e come attività di ricerca continua, la sua passione. La breve esistenza di Gina si è concentrata su un lavoro di ricerca in molti altri campi oltre alla fotografia: installazioni artistiche, design, lampade, ceramica raku, riciclo, scritti….
In vita Gina non ha mai esposto le sue fotografie, né ha mai valorizzato le proprie opere. Dopo la sua morte ho raccolto con passione e attenzione le sue molteplici tracce per ora solo a livello fotografico quali negativi, diapositive, fotografie digitali, stampe, Polaroid, microfilm, scansionando e cercando di ordinare una parte di questo enorme materiale per me preziosissimo: a oggi circa 6600 file. La contatto, quindi, sperando in un suo riscontro. Grazie dell’attenzione! Cordiali Saluti. Leo Scagliarini”.

Primi passi: forse Gina avrebbe chiamato così questo primo capitolo della storia.

I primi passi nella vicenda fotografica di Gina, infatti, si sono messi in moto dopo questa mail e dopo la mia risposta attraverso una serie di incontri durante i quali Leo mi ha mostrato un campione piuttosto disordinato della gran quantità di foto scattate da Gina. Prima di tutto, infatti, dovevamo capire se valesse davvero la pena addentrarsi nella fase di analisi e in quella di archiviazione, delle sue fotografie.

Ed è proprio in questa confusione di stampe bianconero un po’ stropicciate, fotografie a colori e file jpeg visionate su un pc che ho trovato Gina, la sua bellezza dolorosa, la sua grazia arrabbiata, la sua leggerezza scalfita nei colori delle Polaroid, i viaggi, i volti, i luoghi – tanti – della sua breve esistenza, le abitudini familiari, l’immancabile anthropos, i bianconeri neorealisti: erano tutti là, nel magma della sua opera, della sua vita.

Come fare ordine? Cominciando a visionare, una per una, le sue fotografie.

Guardando e riguardando gli scatti sul monitor del computer avevo due obiettivi: individuare le immagini migliori e, contemporaneamente, liberarmi dal fascino che aveva prodotto in me ascoltare la storia di questa donna per entrare, invece, in severa sintonia con la sua storia di fotografa e arrivare persino a rimproverarla di certe pecche tecniche, qualora ne avessi incontrate di ricorrenti, come se fosse stata davanti a me per fare una lettura portfolio. Nell’osservare le immagini queste anomalie poi le ho riscontrate – foto fuori fuoco, orizzonti inclinati – ma non erano causate da incompetenza, piuttosto dalla fretta di scattare, dalla costante urgenza di comunicare con la fotografia, e quindi, in qualche modo, di esserci.

Un poco alla volta, quindi, il disordinato archivio di Gina ha cominciato a comporsi in modo articolato grazie a una suddivisione delle sue fotografie per cartelle, ciascuna contenente le immagini relative a un argomento cardine della vita fotografica di Gina, delle macro categorie di intervento che sono:

  1. Fra terra e cielo: Calabria e autoritratti
  2. Nudo
  3. Fotografia concettuale / errori (veri e falsi)
  4. Ritratti
  5. Anthropos: il Paesaggio Sociale
  6. Polaroid

Ogni cartella contiene inoltre, due sottocartelle: una con le immagini frutto di una severissima selezione, l’altra con foto di secondo livello, buone ma non troppo, insomma.

Al termine di ogni settimana, nel corso dei mesi di lavoro che ha richiesto l’archiviazione, una conversazione telefonica con Leo mi ha permesso di fare il punto, comprendere lo stato dell’arte del mio lavoro, di rendicontare a Leo quanto svolto e, soprattutto, di scambiare idee, pareri e considerazioni su ciò che, di volta in volta, scoprivo su Gina.

Genesi di Vi presento Gina

Un giorno squilla il telefono: è Rossella Viti, regista, attrice, fotografa, docente “masticatrice di linguaggi” per sua stessa definizione, co-direttrice del Verdecoprente residenze in festival (http://verdecoprente.com), manifestazione dedicata ai linguaggi dell’arte a tutto tondo, dal teatro alla danza alla fotografia. Durante la nostra conversazione mi propone di “occupare” uno spazio all’interno del festival. Da questa telefonata ha avuto origine, quindi, l’idea di una performance – a metà fra esposizione frontale e dimensione teatrale – nella quale presentare Gina attraverso una serie di elementi: prima di tutto le sue fotografie accompagnate dalla forza espressiva dei suoi scritti, ma soprattutto con la sua voce. Infatti, nel finale di Vi presento Gina – così abbiamo chiamato la performance – lei stessa parla al pubblico presente grazia a un audio registrato durante la sua battaglia contro il cancro. Questa performance ibrida ci ha permesso di accompagnare Gina in diverse città italiane: dopo “la prima” al Verdecoprente Festival (settembre 2014), il Perugia Social Photo Fest l’ha ospitata proprio durante la serata inaugurale, nel mese di novembre dello scorso anno. A chiudere il 2014 è stato il Photolux Festival di Lucca che ha ospitato Gina e le sue fotografie durante uno dei Leica talk organizzati in seno alla rassegna lucchese.

Il futuro di Gina.

Ci siamo interrogati sulla volontà di questa donna schiva, piena di iniziativa ma drasticamente riservata, che al termine della sua esistenza terrena, alla domanda di Leo su cosa farne delle sue fotografie aveva detto: non fare niente…

Ci siamo domandati se fosse corretto continuare a parlare di lei. Gina voleva raccontarsi, ma con un’urgenza espressiva che appare contraddittoria rispetto a un dato di fatto: in vita non ha mai voluto esporre. Per quale ragione? Non ci è dato conoscere con certezza questa risposta ma, come la straordinaria figura di Vivian Maier, anche Gina ha vissuto la sua necessità con pudore, tutta orientata alla produzione.

Mostrare le sue immagini, quindi, raccontare i suoi pensieri oggi ha un’importante ragion d’essere: continuare quello che ha cominciato lei, condividere il mondo dell’immagine sotto forma di generoso conforto per gli occhi e per le menti di chiunque viva la fotografia come mezzo di resilienza, di riluttanza ad abbandonarsi alle onde alte della vita.

“Gina arricchisce chiunque entri in contatto con lei”: questo è stato il più importante feedback ricevuto dopo le presentazioni tenute finora. Per tale ragione probabilmente anche lei, restia com’era, avrebbe continuato a parlare di sé.

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La biografia ufficiale recita: giornalista specializzata in fotografia, curatrice e fotografa. Membro di giurie di premi nazionali e internazionali, partecipa alle letture di portfolio, cura progetti fotografici ed espositivi, segue un filone di ricerca personale. Sono un cielo nuvoloso è la sua più recente esposizione fotografica. Collabora con associazioni culturali nell’organizzazione di eventi e conferenze sulla fotografia, partecipa alla realizzazione di vari progetti editoriali e cura l’archivio della fotografa calabrese Gina Alessandra Sangermano. Nella biografia ufficiosa, invece, si legge che Loredana è una cittadina del mondo nata nel Sud Italia, che ama viaggiare, intraprendere nuovi percorsi interculturali, e che ha fatto della fotografia e della cultura fotografica la ragione della sua vita.

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