Carne. I morsi alla contemporaneità di Daniele Timpano ed Elvira Frosini

carne-730x490La compagnia Timpano/Frosini porta in scena al Teatro dell’Orologio il suo ultimo lavoro, scritto da Fabio Massimo Franceschelli: Carne.

Diretto e interpretato da Daniele Timpano ed Elvira Frosini, coppia che da anni si spende per la ricerca e la formazione in ambito teatrale, questa ultima prova è conferma della necessità del loro esistere nel panorama sperimentale.

Cifra delle loro produzioni è, da una parte la riflessione sugli elementi più alienanti del contemporaneo, dall’altra il recupero di alcune parentesi storiche e la loro sardonica ma ficcante rielaborazione sostenuta dalla distanza di un tempo che li vede estranei e allo stesso modo più lucidi per poterne discutere.
Nel caso di Carne, il tappeto è ultra contemporaneo e nella forma e nella sostanza.

Due coniugi dibattono su una delle ultime frontiere dell’elevazione morale: l’astensione dalle proteine animali; lo fanno prendendo a morsi le posizioni dell’uno rispetto all’altra, presentando la crisi manifesta dalla loro divergenza.
Il risultato non è solo esilarante poiché con facilità è possibili empatizzare ora con l’uno ora con l’altra facendo dello spettatore il vero protagonista, ma è sorprendentemente misurato e risolto sino al parto finale.

Al di là della scrittura certamente luminosa che accompagna e sostiene la trappola narrativa a cui si assiste, è il modo di scioglierla la vera arma benigna su cui conviene soffermarsi.

Se da una parte Timpano risulta forse uno dei pochi rappresentati di un modus patologico di stare sulla scena, fibroso e nevrotico ma profondamente credibile e costruttivo, il contrappunto femminile della Frosini è programmato per restituire il saper stare comoda, organizzata e ferente dentro e fuori quello che la riguarda. Basterebbe ascoltarli bendati. Una voce incerta, frettolosa e acuta, l’altra profonda e calma, più grave e rassicurante. Uno che porge, l’altro che accoglie.

Sebbene si faccia una gran confusione sull’etimologia del termine pop, abbreviato nella sua più estesa significazione di popolare e sebbene lo si ascriva a quanto di più furbo, accattivante e moderno possa esistere, Timpano/Frosini hanno l’esclusiva insieme a pochi altri, di farci tornare alla vera radice di questa parola. Pare contraddittorio che sperimentazione e ricerca possano essere popolari in quanto nella stragrande maggioranza dei casi sono sinonimi di irregolare, confuso, liquido e incomprensibile. Questa coppia ha invece lo stabile dono di rendere popolare la ricerca e la sperimentazione, mettendo lo spettatore in condizioni di capire e immaginare, di specchiarsi e di riflettere.

Sono così capaci in questo da potersi permettere l’immissione di Gunther von Hagens nello sproloquio che in Carne si porta avanti fino allo sfinimento senza che questa risulti una toppa o una critica rabbiosa e irrisolta verso l’altro da sé.

Alla fine di tutto viene partorita una bistecca in scena, che ci rimanda al principio della diatriba rendendola perciò irrisolta e soprattutto ingiudicabile.

+ ARTICOLI

Maria Rita Di Bari è un acquario del 1986. Si laurea in lingue con una tesi sulla giustizia letteraria dedicata a Sophia de Mello Breyner Andresen e scrive di critica teatrale e cinematografica per testate quali Repubblica.it, “O”, “Point Blank” e “InsideArt”. Ha pubblicato con Flanerì un racconto dal titolo “La fuga di Polonio”.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.