Renato Nicolini. Un ricordo a 7 anni dalla scomparsa suggerendo di far tesoro di molti suoi progetti e delle sue visioni

La presa di Roma, 1993 Renato Nicolini, Stefano Disegni, Riccardo Mannelli e Vauro

Il 4 agosto del 2012 se ne andava Renato Nicolini (Roma, 1º marzo 1942), l’architetto, il  docente,  appassionato di letteratura e teatro, persino attore e promotore di una compagnia teatrale alla facoltà di Reggio Calabria, drammaturgo, saggista, politico (militante PCI e poi dissidente), protagonista istituzionale (Assessore alla Cultura di Roma),  intellettuale appassionato…

Fu un fantasista spericolato: diede vita all’Estate romana  a partire dal 1977, aprendo a un avventuroso periodo culturale che rinnovò una Capitale in anni bui e spesso pericolosi: riuscì a proporre l’intrattenimento, democratico, gratuito, di alto profilo ma mai snob, radicalchic, di nicchia – al contrario! –  coniugato alla cultura e alle arti, creando ibridazioni fertili che hanno fatto scuola anche a livello internazionale.

A livello nazionale, a Napoli, con il Sindaco Valenzi due anni dopo, fu proposta Estate a Napoli (una bella mostra fotografica e documentativa, Estate a Napoli 1979-2019. La politica dello spettacolo ai tempi di Maurizio Valenzi,  è in corso al Maschio Angioino fino al 29 settembre) proprio guardando al progetto-pilota nicoliniano a Roma, che funzionò perfettamente anche nella versione partenopea e, diversamente applicata, fu poi ripresa da Antonio Bassolino.

La scelta politico-culturale di Nicolini sollevò anche polemiche e critiche di qualche giurassico detrattore che non considerava di buon occhio la  pratica  del cosiddetto effimero, che tale non fu mai davvero ma che si fece da subito possibilità esperienziale; dall’effimero, infatti, transitano e si affermano non solo il momento, ma l’oggetto e il soggetto, e nulla passa, cioè nulla si perde, perché resta l’esperienza positiva fatta che, come tale, costruisce una coscienza prima personale e poi collettiva. Preziosissima. Nel caso di Nicolini, ne ha costruite e fornite parecchie, di esperienze, ridando luce a una città plumbea come il piombo e permettendo una fruizione generale della sapienza e delle arti con quella leggerezza che intendeva Calvino.

Classe 1942, riformatore  convinto e fedele ai  suoi ideali, Assessore alla Cultura di una città complicata ma che sembrò rianimarsi nel  periodo dal 1976 al 1985, è stato un motore di segni importanti come Massenzio, il Capodanno sotto al Traforo (1982) e, grazie al Beat 72, a Franco Cordelli e Simone Carella, al Festival dei Poeti  di  Castelporziano (1979):  tutte  iniziative  tracciate  come  eventi-pilota indelebili nella piccola storia della cultura non solo capitolina.

Malato da tempo ma da tempo indomito lottatore per preservare la sua vitalità, mai piegata, e una operatività che nessuno ha potuto portargli via, riassumere la vita di quest’uomo ironico, un po’ dandy, creativo, colto e garbato, le sue trovate, il suo pensiero, le sue scorribande per Roma sui mezzi pubblici, che gli permettevano di conoscere i cittadini, la gente, e i problemi della sua città, necessita di racconto e analisi sottratti alla cronaca del momento così come a legami politici e, invece, compresi in una storia collettiva fatta di progettualità culturale, resiliente, di rigenerazione su più piani e condivisa, patrimonio di tutti e da case-study da riproporre. Oggi più che mai.

Molti  sono  cresciuti  anche  professionalmente  apprezzando  la trasversalità  e l’apertura intellettuale,  sempre  sui generis e  sincera di Nicolini,  che  ha  saputo impostare una visione privilegiata ma orizzontale, non verticistica, sulle opportunità e possibilità del Sistema-Cultura romano e italiano: forse poco manageriale e monetizzata, allora – verrebbe da aggiungere, alla  luce degli attuali italici  sviluppi: e meno male! – ma,  seppure rimodulabile in alcune sue pieghe, certamente pionieristica, fortemente originale, fertile, riuscita.

Tale operatività ha evidenziato l’importanza della Cultura, delle Arti, dello stare insieme come un collante propositivo e di crescita collettiva, (ri)creando coesione e senso di appartenenza cittadina.

Perché non prendere ad esempio?

Sull’Estate romana si legga il bel resoconto: Renato Nicolini, Estate romana,  un  effimero lungo nove  anni,  Reggio  Cal.Città  del  Sole, ed. 2011 (prefazione di Jack Lang)

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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