Cemento Amato e Francesco Petrone. Con intervista

Cenere Siamo - 2015 - Francesco Petrone. Cemento Amato da Curva Pura, courtesy dell'artista

Cemento Amato è l’ultimo progetto artistico di Francesco Petrone (Foggia 1978, vive e lavora a Roma), in mostra negli spazi di Curva Pura, nel quartiere Ostiense a Roma. Allievo, ormai ben cresciuto, di Giovanni Albanese, che lo ha omaggiato in catalogo con un contributo fotografico, l’artista pugliese ha trascinato sulla scena romana una riflessione sulla contemporaneità e sulla condizione dell’uomo e della sua esistenza, materiale e non. Un progetto ricco di metafore e riferimenti, a cui hanno dato un contributo critico i curatori Giorgio De Finis e Alessia Carlino, compagni di avventure nei progetti artistici precedenti, che riportiamo di seguito:

Francesco Petrone è un artista che da sempre (da quando lo conosco io) si cimenta col cemento. Lo ama, il cemento, in modo talmente viscerale che, anche quando è armato, si prodiga fino a tirargli via la r, per renderlo inoffensivo e gentile; e farlo piacere persino ai ragazzi della via Gluck e alla loro progenie fiorita (pure col cemento, si raccomanda, fate lamore e non la guerra!) [] Il racconto che Francesco Petrone ci propone, non senza ironia e un pizzico di cinismo, attraverso la sua cariolata di sculture irriverenti è, per dirla con le sue parole, quella di unItalia costruita con materiali scadenti.
Giorgio De Finis

Francesco Petrone, analizzando la situazione economica e sociale del nostro paese, sperimenta, attraverso lutilizzo del cemento, un vocabolario plastico che contiene in sé una forza espressiva prominente ed uno spessore teorico suggestivo. Materiale di uso industriale, il cemento, votato allindifferenza estetica e in radicale rottura con la tradizione manuale scultorea, diviene nelle opere di Petrone supporto iconologia per raccontare gli sviluppi e le contraddizioni della società contemporanea [] La finalità del lavoro di Francesco Petrone risiede nella sua onnicomprensiva capacità di rendere visibile il reale, non relegando le tematiche della società contemporanea in un idioma sconosciuto e indecifrabile, anzi, eleva le esperienze quotidiane ad altari plastici di una fisionomia accessibile ad ogni individuo e scaturisce, in seno alla sua esperienza di scultore, inedite visioni immaginifiche di una bellezza neutrale e scevra da qualsiasi volontà di un futile decorativismo.
Alessia Carlino

Abbiamo rivolto all’artista alcune domande:

Come nasce la collaborazione con Curva Pura?

“La collaborazione è stata favorita da parte di alcuni “giovani militanti” nell’ambito della cultura del quartiere Ostiense. L’intento era ed è quello di far nascere delle riflessioni sul quartiere, sulla sua natura industriale e popolare, sulle dinamiche sociali e sull’attuale trasformazione, ed in alcuni casi rigenerazione, attraverso l’intervento di artisti. Ho trovato interlocutori ricettivi e molto stimolanti ed è così che è nata l’idea di esporre Cemento Amato lì.”

Cemento e insetti, cosa lega questi due elementi? Qual è la chiave di interpretazione del tuo progetto artistico?

“Il cemento mi è sempre interessato, come tutti i materiali “non nobili”, industriali, sperimentali. Quelli un po’ crudi, ma anche quotidiani che, nonostante siano sempre presenti nella nostra vita di tutti i giorni, neanche notiamo più. Quei pezzi di materia che ci rappresentano e raccontano come uno specchio spento. Gli insetti sono stati l’inizio della riflessione sull’essere umano. Accompagnati da altri animali, passeri, topi, galline, rane, su cui sto lavorando ora, raccontano l’altra parte del punto di vista. Quello umano, con le sue ripetizioni, le sue stereotipie ed ossessioni e i suoi meccanismi ben oliati, ma quasi ormai inconsapevoli. Delle presenze ingombranti, nei gesti e nelle conseguenze, ma vissute in maniera quasi incosciente.”

Da cosa nasce l’esigenza di lavorare su registri stilistici e materici differenti?

“Ricercare nei materiali più comuni, quelli che meglio “raccontino il mio racconto”, è un processo necessario ma assolutamente divertente e anche passionale. Nonostante ciò, credo che la stessa evoluzione delle cose, comporti un necessario sviluppo parallelo ed equilibrato nella ricerca, che sia estetica ma anche materica. Il “regime della cifra stilistica” mi preoccupa poco, se la narrazione rischia di sbatterci contro. Ciò che più mi interessa è riuscire a generare le mie micro-storie in modo completo, che abbiano un soggetto, un’azione e un perché. Lo spazio che le contiene, che siano installazioni, sculture o lavori site specific, è lo spazio di tutti. E queste storie devono avere il più possibile elementi familiari, in cui tutti si debbano sentire coinvolti.”

In che maniera e a quale scopo introduci il colore nelle tue opere? Qual è il rapporto del colore con il materiale nudo?

“Il colore, così come i titoli, sono parte fondamentale di alcuni dei lavori. Ogni opera è intesa come un piccolo racconto, come una micro-scenografia, un testo narrativo a tre dimensioni.
Il colore, laddove presente, è la frase: nota cinica, ironica o di morbidezza. Il colpo di scena in una “storia” che corre su un binario certo e di facile lettura. Prediligo poche tinte, spesso di richiamo pop, proprio perché legate ad una cultura contemporanea e popolare, industriale e di massa.
Se il colore è assente è perché i contenuti sono racchiusi nell’insieme e nello spazio.

La mostra a Curva Pura rappresenta un importante passaggio in un percorso che ti ha visto collaborare con il museo Maam e la galleria condivisa Spazio Y, a Roma. Cosa hanno in comune queste scelte artistiche ed espositive?

“Ricordo che la premura di molti artisti più esperti, quando ero molto giovane, era quella di imparare a fare le scelte giuste: di capire quali progetti sposare, gli spazi in cui lavorare e le persone con cui farlo. Con il tempo ho capito che non si tratta di fare delle scelte, ma di seguire un naturale percorso, in onestà con se stessi. Determinati spazi, progetti e quindi persone, sono il “normale” percorso se la propria ricerca ha una coerenza e un’urgenza. Gli spazi nominati sono tra quelli che rappresentano una frattura nel sistema arte, che ha mostrato grandi pesantezze e scollamenti con l’arte internazionale. Lavorare al Maam curato da Giorgio De Finis è stato estremamente stimolante, a contatto con la dimensione più autentica dell’arte e della sua fruizione. La mostra collettiva a Spazio Y, curata con passione da Alessia Carlino, a contatto con i quattro artisti che la dirigono, e con gli altri sette che si sono susseguiti nel progetto, è stato un momento di interessante collaborazione tra entità artistiche molto differenti. Aggiungerei sicuramente a quelli citati, anche spazi istituzionali, come la Galleria Nazionale dell’Umbria, ad esempio, che ha lavorato nello stesso verso con il progetto Artsiders, sotto la guida del sovrintendente Fabio De Chirico e la curatela di Massimo Mattioli, avvicinandosi nuovamente a dinamiche di sperimentazione e collaborazione, restituendo allo stesso tempo una grande dignità ai lavori e agli artisti stessi. Gli spazi di sperimentazione, qualsiasi natura abbiano, sono quindi il cantiere per mettere in comunicazione gli artisti, ed in genere gli addetti ai lavori, che per troppo tempo si sono seduti nei salottini a fare la tappezzeria, diventando spalla forte di una “società babbiona ed impellicciata”.

Cosa risponderesti al rilievo di un’eccessiva “estetizzazione” nelle tue opere?

“Lo accetto, naturalmente, e sostengo che le scelte sono consapevoli, necessarie a costruire una narrazione ricca di stonature o amplificazione, quando ritengo ce ne sia bisogno.
Penso che l’estetizzazione sia talvolta frutto della eccessiva sintesi del processo artistico, che si conclude e si mangia da solo, per strizzare l’occhio allo spettatore. Io personalmente assecondo più che altro i miei capricci di ragazzo cresciuto nei famigerati ’80 e l’immaginario che da essi deriva.”

Info mostra

  • fino al 9 gennaio 2016
  • Curva Pura, via Giuseppe Acerbi, 1/a , Roma
  • orari: mercoledì e giovedì  18:15 – 21:00
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Comunicatrice estetica e museale, segue con interesse i fermenti artistici dell’arte urbana e dell’arte contemporanea. Scrive per i portali web art a part of cult(ure) ed Exibart realizzando recensioni, interviste e articoli di approfondimento. Ha lavorato per artisti, gallerie e festival per le fasi di ideazione, progettazione e realizzazione degli eventi artistici. Negli studi di formazione come architetto si è concentrata sui focus della storia dell’arte, estetica e allestimento museale. E’ impegnata nella realizzazione di un innovativo portale dedicato all’arte e nell’organizzazione del festival Memorie Urbane.

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