Produrre e guardare l’arte laddove nessuno l’attende. A Palermo

Michele Ciacciofera, Deserto, olio, sabbia, polvere di marmo, resina e pigmenti su tavoletta, cm 30 x 20 (2006)

SUITE 13, un progetto per la casa di SIMONE MANNINO & SIMONA D’AMICO. Un grande appartamento anni ’30 ubicato al primo piano di via Re Federico 23, con stanze spaziose e luminose, nel popoloso quartiere Olivuzza. SUITE 13, il cuore del progetto Nostra Signora, una sorta di archeologia del presente per noi in temporanei; postumi al nostro esserci.

 

Nostra Signora è un progetto nell’ambito delle arti contemporanee a Palermo, per l’appunto, ma anche una struttura multifunzionale ed eclettica dedicata alla promozione e alla ricerca. Ispirato al modello di distretto culturale diffuso di matrice berliner. Allungato fino sulla strada e, di conseguenza, para-istituzionale. Aperto alla e nella città.

Tutto ciò mira a tessere dentro la rete urbana una forma di sentimento locale aggiornato, al quale si può contribuire con l’effervescenza delle idee e con opere di ogni genere e disciplina. Basta essere coinvolti nel campo delle arti e disponibili a dialogare, a confrontarsi, per aprire quello snodo pubblico/privato a modalità espressive e di fruizione artistica non così abituali in Sicilia: una vera e propria totalkunstwerk!

Il progetto prevede l’interconnessione di una serie di spazi fisici separati, ma localizzati nella zona di via Re Federico a Palermo, quartiere limitrofo al centro storico, un quartiere popolare con una tradizione di botteghe e piccole attività commerciali, a oggi ancora poco investito da fenomeni di gentrificazione.

L’obiettivo strategico della CCD (Centrale di Creazione Diffusa) è la ridestinazione di un cluster di luoghi, soggetti, attività e servizi dedicati alla produzione, alla fruizione e alla diffusione delle arti contemporanee per una tipologia di pubblico variegata: artisti, studiosi, collezionisti, galleristi, studenti, turisti e cittadini appassionati d’arte. La Centrale vuole posizionarsi nel panorama artistico e culturale come sorgente di dinamiche collettive. Mentre a livello locale si propone d’essere accreditata nel sistema culturale in opera e riconosciuta come struttura di riferimento, in grado di garantire la presenza nella città di un laboratorio creativo permanente rivolto a tutti gli attori sociali (istituzionali, didattici, ecc.), dedicati direttamente o indirettamente alla cultura visiva. All’esterno, allo stesso modo, intende stabilire connessioni nell’ambito dell’innovazione e della ricerca.

Questo progetto di network interstiziale ha già iniziato a far nascere al suo interno un programma di mostre site-specific e di residenze per artisti provenienti da diversi paesi, per un confronto fra modi di concepire suggestioni, contaminate dalla mediterraneità più evoluta.

Una vera e propria casa dell’arte, cucina e fucina di produzioni culturali, luogo di confronto e aggregazioni, che conferisce allo spazio intimo dell’abitazione civile la sua più concreta valenza prospettica: coesione e circolazione di senso.

Era necessario? Forse. Dato che, lo si può dire con buona approssimazione, il mondo dell’arte contemporanea non ha mai conosciuto consensi plebiscitari. E, solo negli ultimi anni, quel mondo (colpito da una crisi di valore e di senso) si è affacciato all’offerta di un’educazione aperta ― ricordiamo anche il Genio, sempre a Palermo ―, a fasce della popolazione lontane da questi linguaggi.

Così, la dimora privata funziona come cardine e mette d’accordo tutti, incuriosendo anche i più riottosi. Simone Mannino vanta, fra le altre cose, una lunga esperienza da scenografo, in collaborazione con nomi celebri del teatro di più cocente attualità come Antonio Latella ed Emma Dante.

L’occhio professionale di Mannino diviene evidente nella cura degli ambienti. Casa Mannino D’Amico è, infatti, lungi dalla scontatezza dei dettagli totaldesign, mai a rischio di un gusto capitonné. Dagli squarci della cucina, ai colori-giocattolo della stanza dei bambini. Fino al bagno abitato da un’opera di Jesse Gagliardi (merror).

La mise-en-scène ricapitola così la sua dimensione archeofuturibile, sulle pareti rese diseguali dalle macchie del tempo, che conferiscono all’ambiente quel gusto di resto-residuo che proietta l’intera dimora nella direzione di un eccentrico vintage.

Gli artisti coinvolti nel progetto, nel loro affatto omogeneo declinarsi della figuralità, portano a espressione questa contemporaneità scarcerata dall’obbligo della cronaca. Tutti i lavori appartengono, nel loro insieme, a tecniche che lasciano collimare fotografia, assemblage antropomorfo, animazione e pittura-pittura. Cellule di futuro già presenti nel ventaglio globale delle arti, ma anche giustapponibili a ciò che le ha precedute. Talché, una vecchia poltrona, il cartone assemblato a generare sedutine per lo spettacolo teatrale, il termosifone argento, divengono tasselli fondamentali di un semiserio attacco alla norma. Colpisce l’aria, lo spazio fra opere a parete, o installate, che introduce contrappunti e momenti riflessivi, incardinati come il silenzio in una serie musicale.

Questa sensazione di concentricità e scivolamento, diviene potente nella stanza che comprende le opere di Mannino (collages su “fondi/caverna” ottenuti dal galleggiamento di resine scure), i fluorescenti “paesaggi involontari” (Deserti ottenuti dalla miscela di sabbia e pigmento su due tavole di piccolo formato) di Michele Ciacciofera e la scultura totemica di Philippe Berson.

Ultima viene la scena: Su’ddocu!…Omaggio al soffitto n.° 1.1 di Margherita Ortolani e Annamaria Tammaro, proposta in terrazza e messa in essere da un pesante tendone di velluto verde di siena, che la cinge tutta. L’azione è immaginaria e potente. Solo alcuni bocconi di liturgia condivisa tra due donne. Di chiacchiericcio, di litania religiosa, di fanatismo di provincia, ci appaiono squadernati come fossili, nel caleidoscopio di un linguaggio fortemente deformato. Sono il canone scenico e quello musicale a essere stati decostruiti; allo stesso modo dei costumi delle due attrici (Margherita Ortolani e Annamaria Tammaro), che sembrano corazze per bambole di carne. I luoghi comuni, così trattati, di ovvio non conservano più che l’alone, che consente di guardare l’arte laddove nessuno l’attende.

  • Anteprima Opere in suite di PHILIPPE BERSON, MICHELE CIACCIOFERA, GAETANO COSTA, JESSE GAGLIARDI, CESARE INZERILLO, DANIELA MILITELLO, RICCARDO SCIBETTA, JANO SICURA.
  • Fino al 10 gennaio 2011 info e visite su appuntamento tel. +39 091 5083092 cell.+39 320 2130259.
  • www.nostrasignora.orginfo@nostrasignora.org
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