L’instancabilità dell’inutilità. A Berlino

Lo spazio berlinese Insitu presenta Tireless workers, quarto episodio di una programmazione curatoriale scandita per capitoli e temi.

Insitu, che si trova nel quartiere di Mitte, Kurfüstenstrasse, ovvero l’incrocio con quella spianata di galleria d’arte contemporanea chiamata PostdamerPlatz, mostra, come del resto afferma il titolo di quest’ultima esposizione, un’instancabilità indagatrice notevole riuscendo, attraverso temi tutt’altro che settoriali, a mettere in luce i diversi aspetti del mestiere dell’artista nelle sue più disparate declinazioni. Se il capitolo precedente, Cezanne beats Pollock, aveva evidenziato il rapporto tra produzione artistica e produzione commerciale/galleristica, quest’ultima fatica, nel vero senso della parola, pone all’attenzione, anche con un certo romanticismo di fondo, l’instancabile tenacia dell’artista anche di fronte alla possibile, comunque sempre consapevole, inutilità del proprio stesso gesto/opera/operazione.

Gli autori presenti in mostra sono Klara Hobza, Isabelle Giovanicchi, Guido van der Werve, Letizia Romanini, Takahiro Suzuki, Moritz Frei, Francis Alÿs, David Brognon & Stéphanie Rollin, Mai Yamashita & Naoto Kobayashi. La tematica comune agli artisti è il senso/volontà di resistenza, quasi uno sforzo agonistico dall’esito scontato. Il punto di contatto tra le diverse ricerche è dato dalla ripetitività del gesto in una sorta di allenamento incessante, quasi ossessivo, senza dubbio straniante. In tutte le opere, un fattore costante può essere riscontrato nell’utilizzo del corpo, non solo come risultato ultimo ed elemento progettuale, bensì come vero e proprio medium teso alla realizzazione di una operazione artistica, senza però il velo patinato dei Drawing Restraint di Matthew Barney di fine anni Ottanta, overo sforzi destinati alla creazione di un prodotto, in quel caso disegno e scultura, da vendere.

Gli artisti presenti in questa colletiva condividono invece, una certa propensione al rifiuto dell’oggetto, inteso soprattutto in un senso mercantile. L’opera di Klara Hozba ne rappresenta, del resto un ottimo esempio. Quello che presenta nello spazio di Insitu, una scultura piramidale fatta di bombole d’ossigeno, è solo una parte residuale della suo progetto a lungo termine Diving through Europe, vale a dire l’attraversamento a nuoto dell’Europa partendo dal Mare del Nord (il porto di Rotterdam) fino al Mar Nero. Il progetto, secondo una stima dell’artista, avrà la durata di 20, 30 anni.

Lo sforzo fisico è anche il tema della proiezione di Guido van der Werve dal titolo Effugio A: Chamomile, Russia’s National Flower or Running to Rachmaninof nel quale l’artista compie una maratona solitaria di 45 chilometri attraverso le strade di New York per portare un fiore sulla tomba del compositore russo Rachmaninof, sepolto nel cimitero di Kensico a Valhalla, New York. A partire dal 2010 questa martona commemorativa ha assunto cadenza annuale. Altro tipo di sforzo è quello dell’artista giapponese Takahiro Suzuki il quale, a partire dall’aprile del 1996, ha deciso che scrivere “Ikiro- BE ALIVE” sarebbe diventata l’operazione che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Per Insitu l’artista ha scritto “Ikiro-BE ALIVE” con il succo di limone su un foglio di carta (n. d. R.: creando un cosiddetto “inchiostro simpatico” che scompare alla vista e si può leggere solo in particolari condizioni) e la scritta è diventata visibile durante il tragitto dell’opera fino a Berlino. È lo stesso artista, del resto, a sottolineare l’inutilità del suo impegno affermando, nel quindicesimo anniversario del suo progetto, che più scriveva la frase e più si accorgeva che non aveva nessun motivo per farlo.

La performance realizzata durante il vernissage da Moritz Frei, prevedeva la riorganizzazione di una scatola di müsli attraverso la divisione geometrica di frutta e cereali. L’artista ha impiegato cinque ore per realizzare questa tassonomia del consumo. Con i loro video, il duo giapponese Mai Yamashita & Naoto Kobayashi mette in luce la presenza concreta della ripetitività. Attraverso i loro gesti, quali quello dello sfregare ossessivamente le gobbe di un cammello souvenir fino a fargli perdere il colore originario Rubbing a Camel, oppure quella di correre in cerchio fino a formare nella terra il simbolo dell’infinito Infinty in Berlin, pongono il quesito riguardo alla validità della presenza dell’artista, non solo all’interno della società attuale bensì, durante tutta la sua storia. Artista come divulgatore/portatore ossessivo di un messaggio di cambiamento, incurante dello sforzo da sopportare e dell’inutilità che negli altri tale “missione”può suscitare.

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Info mostra

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Emanuele Rinaldo Meschini (Roma 1984). Storico dell'arte e curatore, laureato presso l'Università La Sapienza di Roma con una tesi sulla comunicazione culturale tra futurismo e pragmatismo. Dottore Specialista in Beni Storico Artistici presso l'Università di Siena con il Professor Enrico Crispolti con una tesi sull'attivismo e pratiche sociali. Vincitore della borsa di studio per il perfezionamento all'estero indetta dalla Sapienza (2013) conduce ricerche sulle nuove pratiche sociali ed autogestione nel mondo dell'arte presso la Freie Universitat di Berlino. Attualmente curatore in residenza presso il Node Center di Berlino. Collabora con il Centro Luigi Di Sarro (Roma) ed è membro di UpperArt, collettivo artistico attento alle tematiche sociali ed alternative (Bergamo).

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