Le dame dei Pollaiolo. Quattro, anzi cinque e migliaia di dame contemporanee

Logo Salvatore Gregorietti

Una, nessuna, centomila dame. Chi si reca a Milano in questo periodo, avrà subito notato tanti cartelloni che pubblicizzano una mostra con quattro profili femminili sovrapposti l’uno all’altro. Si tratta dell’ultima mostra in corso (fino al 16/2/2015) al Museo Poldi Pezzoli, che grazie ad un’idea originale ha fatto davvero centro.

Seguendo una ormai consolidata abitudine, il museo valorizza le sue collezioni attraverso mostre-dossier sulle sue opere più celebri. E così, dopo le rassegne sul polittico di Piero della Francesca (1999), sul Cavaliere nero del Moroni (2005) e sul fondatore stesso del museo, il conte Gian Giacomo Poldi Pezzoli (2011), a partire da novembre viene celebrata un’altra opera emblematica: il Ritratto di Dama di Piero del Pollaiolo (1442-1496 ca), finora attribuito al fratello maggiore Antonio (1431-1498), protagonisti della mostra Le dame dei Pollaiolo. Una bottega fiorentina del Rinascimento (www.museopoldipezzoli.it)

La rassegna è davvero raffinata: il motivo principale per vederla è che con l’occasione sono stati portati a Milano altri tre ritratti di Dame dello stesso autore, conservate in altrettanti musei prestigiosi quali gli Uffizi di Firenze, la Gemäldegalerie di Berlino e il Metropolitan di New York. Oltre al “poker di dame” – questo sì che sarebbe stato il titolo ideale – si possono ammirare altre opere dei due celebri fratelli fiorentini, i cui nomi sono noti perlopiù ad un pubblico di specialisti. Ecco così esposti una colossale Croce d’argento proveniente dal Battistero di Firenze, un Crocifisso in sughero (materiale resistente soprattutto alle intemperie, dato che doveva essere portato in processione), un busto di un giovane cavaliere in terracotta e ancora, dipinti di piccole (le celebri tavolette Ercole che uccide l’Idra e Apollo e Dafne) e grandi dimensioni (San Michele arcangelo e il drago), ricami e disegni (la Battaglia dei dieci nudi) per un totale di una ventina di opere, scelte apposta per mostrare la straordinaria abilità dei fratelli Antonio e Piero nel saper lavorare qualsiasi materiale, in qualunque tecnica: scultura, oreficeria, ceramica o pittura.

Oltre alla mostra, il museo insieme al Comune di Milano ha organizzato un’iniziativa collaterale sul tema della bellezza femminile. Dopo le quattro dame, è stata la volta dei ritratti a migliaia di donne, famose e non, italiane, straniere, di qualsiasi età, che hanno posato di profilo – conditio sine qua non imposta dal Poldi Pezzoli – davanti all’obiettivo di cinque noti fotografi: Giovanni Gastel, Maria Mulas, Massimo Zingardini, Maki Galimberti e Neige de Benedetti. Alcune decine di scatti sono ora esposte nella sala convegni del museo al primo piano, a rotazione; fino al 19 gennaio le foto dei primi tre, poi fino al 16, in concomitanza con la chiusura della mostra principale, sarà la volta degli scatti di Galimberti e De Benedetti. La serie completa, realizzata dagli ex allievi del corso per fotografi di scena dell’Accademia Teatro alla Scala e dei corsi di fotografia del Cfp Bauer Afol (Agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro della Provincia di Milano) in questi giorni è proiettata sulle pareti dell’Urban Center della Galleria Vittorio Emanuele, a poche centinaia di metri dal museo. Gli artisti hanno accettato di sfidare i Pollaiolo con grande soddisfazione.

A tal proposito, ha dichiarato Gastel:

“Per me, milanese, il Poldi è la casa della cultura e un luogo dell’anima”

Mulas ha riferito un ricordo che ha del proustiano: proprio alcuni anni fa dedicò alla Dama del Poldi Pezzoli un lavoro, ritraendo sua figlia di profilo:

“Questa immagine mi ha accompagnato in questi anni come fosse un jolly. E in tutte le mostre che ho fatto e che hanno riguardato i ritratti non è mai mancato. Perciò, quando mi è stato richiesto di partecipare in questa occasione, ho accettato subito con piacere”.

Un piccolo giallo riguarda invece un dipinto assente dalla mostra. Ed è un peccato. Pochi sanno che esiste un quinto ritratto di dama, realizzato – pare – sempre da Piero del Pollaiolo. E che è rimasto nel museo americano dove si trova da metà ’800, l’Isabella Stewart Gardner di Boston.

Spiega Aldo Galli, curatore della mostra con Andrea Di Lorenzo:

 “Non l’abbiamo selezionato, perché è completamente diverso dagli altri quattro”.

E in effetti basta una rapida occhiata: se le altre sono tutte dame bionde e aristocratiche, questa donna sembra una domestica, o comunque indossa un abito semplice, con un turbante a fermarle i capelli, che sono peraltro scuri. Una “sanculotta, spettinata e scollatissima”, la definisce lo studioso, priva peraltro degli orecchini e delle gemme indossate dalle altre; anche perché non può essere certo stato realizzato per un accordo matrimoniale, come potrebbe apparire probabile per gli altri quattro del poker. L’età peraltro è anche più matura, e il mento sporgente le conferisce un’espressione diversa, più aggressiva, che accentua il realismo dell’immagine, ma che piacque molto ad un occhio attento come quello di Bernard Berenson, il quale per primo la attribuì ad Antonio del Pollaiolo.

Tutte e cinque le dame hanno una storia abbastanza recente: la bionda berlinese compare a Parigi nel 1815; la dama milanese, la meglio conservata, si trovava in città già dall’inizio del secolo. Verso il 1860 compaiono i documenti che citano le altre due: quella newyorkese, proveniente dalla raccolta dello scozzese lord Elcho, e quella fiorentina (che era a Palazzo Pitti), la più rimaneggiata dai restauri che l’hanno fatta apparire come una damina settecentesca. Nel frattempo, purtroppo, si è smarrita per sempre l’identità di queste donne, anche se c’è chi sostiene che si tratti di ritratti idealizzati; è vero invece che queste immagini erano veri e propri ritratti di persone esistite, come dimostrano i casi di quello di Bianca Maria Sforza di Bonifacio Bembo a Brera, o quello di Giovanni Francesco Brivio di Vincenzo Foppa conservato proprio al Poldi Pezzoli (per fare due esempi di altri ritratti tardo quattrocenteschi).

Ma chi era la quinta dama? Anche sulla  sua identità è mistero. Ma non è questo che conta. In ogni caso, conclude Galli, non possiamo pretendere di più:

“ciò che conosciamo di loro sono solo i lineamenti, il vestito della festa e i gioielli più belli: della loro psicologia tutto ci è negato, per il fatto che non ci guardano”.

Non ci guardano, come guardano lontano le centinaia di scatti fotografici delle dame contemporanee; ma proprio questo particolare, dopotutto, è la vera calamita che ci porta ad osservarle intensamente per lunghi minuti, immaginando magari che ad un certo punto, finalmente, si voltino.

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Andrea D’Agostino (Roma, 1978), si è laureato in Lettere all’Università Roma Tre con una tesi in Museologia sull’Ara Pacis Augustae e sul contestato museo di Richard Meier, argomenti su cui è tornato più volte con articoli e ricerche. Ha frequentato master in Management pubblico e comunicazione di pubblica utilità e in Beni culturali e ha svolto svolto stage negli uffici stampa di enti pubblici (Cnr, Ministero della Funzione pubblica), agenzie di comunicazione (Argon Media), associazioni onlus (Smile Train Italia onlus, Il Telefono d’Argento) e nella Soprintendenza del Comune di Roma. Giornalista professionista, dal 2007 lavora nella redazione di Avvenire occupandosi di cronaca. Dal 2008 al 2009 ha curato l’ufficio stampa del concorso Premio Claudio Accardi. Collabora con riviste e siti web di arte e spettacolo. Ha collaborato all’allestimento della mostra La Trinité-des-Monts redécouverte - Trinità dei Monti riscoperta, 1502 – 2002. Dal 2009 si occupa di arte contemporanea, curando le mostre Piero Boni. Mondi partecipativi e Carlo Previtali. Vizi capitali (galleria della Biblioteca Angelica, Roma) e collaborando alla personale di Salvatore Scafiti, Corpi riscritti (spazio AB23, Vicenza). Vive e lavora tra Roma e Milano.

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