Claudio Cantelmi. Di padre e in figlio. Fabio Mauri gli fu maestro. Contributo di Marcella Cossu 

Museum Piece - L'inganno dei sensi 2013 - (foto Pierangelo Francia)

Collaborare, un anno dopo l’altro, condividendone le poliedriche esperienze artistiche, con un personaggio cardine della nostra cultura contemporanea multiforme quale Fabio Mauri, non è cosa semplice; spaziare dal teatro alla letteratura, alla performance, all’amour fou per il cinema, declinato dagli schermi degli anni sessanta alle successive proiezioni su qualunque cosa, animata o meno, dal secchio di latte alla camicia di Pasolini fatta indossare dalla spalliera della sedia, financo all’impiego postduchampiano di frammenti di un vissuto individuale a significare il vissuto collettivo nel nome della storia e della coscienza europea, e quindi mondiale: questo, e molto altro, ha potuto osservare e assimilare nel lungo apprentissage Claudio Cantelmi, che Mauri ha, ogni volta, riproposto e riprodotto in scala ridotta in una serie di impressionanti e prodigiosi modellini pensati sulla base di quelli realizzati in legno in periodo rinascimentale, vedi appunto il caso della serie rappresentativa delle singole sale della Galleria nazionale d’arte moderna, come mai sature, nel lontano 1994, di quel fantasmagorico universo evocato da Fabio, in cui arte e poesia traevano vita da un’analisi esatta e scientifica, e nondimeno partecipata, della storia e dei suoi interpreti.

L’arte complessa, fiamminga e lenticolare, di miniaturizzare in scala era svolta da Claudio-giovane all’epoca, come tutta la nostra generazione-con facilità prodigiosa, rivelando il dono di s-comporre e ricomporre spazi e oggetti, rispettandone caratteristiche di sintesi e di analisi, al massimo grado in quella sorprendente proposta di una mostra-bonsai, per giunta in un periodo in cui le tecniche di riproduzione informatizzata in 3d non erano assolutamente operative. Lui e Mauri, in questo modus operandi, un team indissolubile.
Versatile come il maestro, l’allievo (tra l’altro, un virtuoso dell’andar per trampoli), insieme con gli altri assistenti dello Studio Mauri, nel tempo aveva anche assemblato una discreta pratica nel campo della nautica – la Barca segata in due del Muro d’Europa – dei muri di valige, degli allunaggi, delle piazze Tien-An-Men e di molto altro, arrivando, per gradi, alla definizione di una propria verità artistica di notevole spessore, maturata ed esplosa negli ultimi anni.
Sono, queste in mostra, lastre fotografiche, sia a parete che installazioni, evanescenti, dal colore-non colore perlato e cangiante, come del tempo, e che infatti ci parlano del trasmutare di segni e immagini nel tempo stesso. Si tratti di un “Giano bifronte”, uomo da una parte, donna dall’altra, androgino nel trascolorare e trasmutarsi dei lineamenti, o della serie di singolari installazioni a clessidra, in cui le immagini-ritratto si scompongono e si ricompongono al fluire delle polveri attraverso la strozzatura del metaforico collo, tutte queste ambigue e fluttuanti visioni risultano, ad onta delle loro brume, indistintamente sostenute da una ferrea regula, uno schema dal rigore geometrico perfetto, che scandisce il tempo e lo spazio come un prisma di cristallo. Introspezione, sogno, simbolo, ma gestiti dall’occhio e dalla mano dell’autore di quei precedenti piccoli miracoli plastico-architettonici… “festina lente”, accelera lentamente, motto della latinità classica, mi sembra particolarmente adattabile al personaggio di questo artista, nuovo ma in realtà no, capace di opere di profondo impatto emozionale, e che rivelano tuttavia la solidità e la forza di una tecnica rigorosa.
Di particolare intensità, il volto della madre, icona di un passato recente che si affaccia alla memoria in un vedo-non vedo dalle trasparenze e consistenze di ologramma da un campo di papaveri trasvolato dal galoppo di un cavallo, quello sì colore del tempo; quel che Mauri proiettava hic et nunc, nero su bianco – fosse il bianco la superficie bidimensionale della tela- schermo, o il pelo del latte all’interno del secchio – Cantelmi, trattenendolo nella mente e nel cuore per giorni, mesi ed anni, restituisce oggi in visioni di sospesa e struggente bellezza.

  • Memorie o L’inganno dei sensi | Claudio Cantelmi
  • a cura di Fabio D’Achille
  • 14-31 marzo 2015
  • Mad Museo D’Arte Diffusa – Raccolta Manzù GNAM
  • Ardea (RM) Via Laurentina km 32
  • www.madarte.it info: 3933242424 – www.museomanzu.beniculturali.it
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