Nemmeno Houdini di Alessio Mussinelli. La riscossa dei personaggi di Sarnico e delle loro storie

716RXaP7shL
Nemmeno Houdini, Alessio Mussinelli – Cover
La mattina del 17 agosto 1938, in una grande villa che affaccia sul lago d’Iseo, uno scottish terrier debole di vescica fa pipì sulla tappezzeria. Sembrerebbe una banalità, eppure mette in moto una serie di eventi che lasceranno il segno a Sarnico, paesino lacustre in provincia di Bergamo.

La conseguenza più diretta è l’urlo della padrona, Marta Lucia Moranti, alla scoperta dell’ennesimo incidente urinario. Un piano sotto, il maggiordomo fraintende. Da anni ruba l’argenteria di casa Moranti e pensa di essere stato scoperto. Riempie una valigia in fretta e furia e se la svigna.

La signora Moranti coglie la palla al balzo. È vedova da dieci anni, e per altri venti in precedenza era stata trascurata dal marito. È anziana, ma certi appetiti non si sono spenti, per cui il nuovo maggiordomo dovrà essere soprattutto bello e disponibile ad accontentare la vedova in tutto e per tutto.

Alla villa sul lago arriva così Esperanto Barnelli, ciuffo nero e spalle larghe, che conquista all’istante il cuore dell’arcigna Moranti.

Ritroviamo il duo otto anni più tardi, nel 1946. Della guerra si dice solo che “aveva mutato il volto dell’intera penisola sconvolgendone confini e animo, ma le acque del lago erano sempre le stesse e i paesi che su di esse si affacciavano anche. Immutati.
Scopriamo così che Barnelli è molto più furfante del precedente ladro di argento. Il nuovo maggiordomo si fa riempire di regali e manco si concede. Con la scusa di fare colpo su D’Annunzio – in realtà già morto al momento del loro primo incontro – e portarlo nel letto della vedova, Barnelli convince la Moranti a comprare una villa sul lago di Garda, un negozio di abbigliamento, una moto e un motoscafo di lusso. Quando comincia a consigliare l’acquisto di un’automobile da ventimila lire, sempre per attirare il Vate, la vedova punta i piedi: o il fustacchione fa il suo dovere pseudo-coniugale, oppure nisba.

Intanto Metello Patelli, detto il Bruttezza, sogna da una vita di diventare l’organista della chiesa locale. Proprio quando pare esserci riuscito, arriva il nuovo parroco, don Fulvio Martinelli, che detesta il lago d’Iseo quasi quanto la musica. “Roba da bordelli”, dice in faccia al Bruttezza.

Don Fulvio vorrebbe farsi assegnare una parrocchia in Val Seriana, dove ha parenti. Tenta quindi di farsi cacciare. Come primo atto ufficiale scioglie il coro e chiude a chiave l’organo, dopodiché si mette a insultare i fedeli dal pulpito. Arriva a insinuare che Giuda fosse originario di Sarnico.

Deluso e arrabbiato per l’occasione sfumata, Patelli fonda un gruppo musicale, I Singhiài, ovvero i Cinghiali, e comincia a suonare nella locanda del paese. Oltre a se stesso, gli altri componenti sono un ex-fascista, un comunista e un tifoso sfegatato dell’Atalanta.

Poco a poco entrano in scena altri personaggi di Sarnico, ognuno con la propria storia.

Il direttore dell’unica banca, con un orecchio sporgente che arrossisce nei momenti di nervosismo, tenta di mettere in guardia la vedova Moranti sulle reali intenzioni di Barnelli, ma ottiene soltanto insulti.

Don Fulvio finisce in ospedale per uno strano incidente (o un attentato?). Un tizio conosciuto come Paternoster vede l’occasione della vita: cacciato dal seminario perché troppo sensibile al fascino femminile, gli è sempre rimasto il voglino di fare il prete. Indossa l’abito talare e si presenta all’altare. È appassionato, e soprattutto riapre l’organo, e tutto sommato ai compaesani pare meglio di niente.

Via via si aggiungono un vescovo che viaggia in borghese, un misterioso suonatore d’organo che non si lascia vedere, un costruttore di motoscafi costretto a fabbricare un’auto.

Nemmeno Houdini di Alessio Mussinelli (Fazi Editore) è un romanzo piacevole, ben riuscito, forse adatto più a lettori navigati, ma che non taglia fuori i neofiti. Divertente, con qualche tocco di commozione qua e là. Per niente banale, pesca da molte parti – da Guareschi a Fogazzaro, da Camilleri a Verga – senza scimmiottare nessuno.

L’autore lavora molto sui personaggi, ce ne mostra l’animo. I principali acquisiscono spessore con il procedere della vicenda, hanno fisionomie precise e rimangono coerenti, anche nelle evoluzioni. Alcuni dei secondari sono quasi delle macchiette, ma è plausibile.

Alla fine non ci sono buoni o cattivi, ma individui molto umani, ognuno con pregi e difetti. Quasi di sicuro conosciamo qualcuno che somiglia all’uno o all’altro.

L’andirivieni degli attori è gestito con mano ferma, le varie storie e sotto-storie che si incrociano sono chiare.

La trama è articolata e ben congegnata, si complica via via con eleganza, ma rimane sotto il controllo dell’autore. I colpi di scena, alcuni del tutto inattesi, sono piazzati nei punti giusti. Ne risulta un racconto scoppiettante e ben calibrato. I vari pezzi si vanno a incastrare con modi e tempi giusti. I punti che rimangono in sospeso sono chiaramente voluti e non lasciano smarrito il lettore.

L’ambientazione è ricostruita con bravura, uno dei punti forti del romanzo. Forse qualche insistenza di troppo sulla “gente di lago”, ma non si nota più di tanto.

I dialoghi sono ottimi, frizzanti e mai didascalici. L’espediente di riportarne una parte in maniera indiretta è un’ottima scelta per non correre nemmeno lontanamente il rischio di annoiare.

Il ritmo è veloce e dosato, condotto con attenzione. La tensione viene creata a ragion veduta, le cadute nei punti di discesa sono funzionali al racconto.

Lo stile dell’autore è personale, in bilico tra l’antiquato e il gergale, senza mai scadere nel manierato né sull’uno, né sull’altro versante. Il registro che ne risulta è insolito e scorrevole; incuriosisce e tiene agganciati. Peccato alcune sviste non da poco. A pag. 116 l’autista della vedova dice: “Allacciatevi le cinture”. Su una Balilla anteguerra non c’erano le cinture, men che meno dietro.
Per due volte si parla di animalista, termine che nasce negli anni ’80.
Verso la fine c’è una battuta sul punto G. Idem come sopra: viene teorizzato quasi quarant’anni più tardi.

A parte queste disattenzioni, Nemmeno Houdini merita di sicuro il nostro tempo.

+ ARTICOLI

Nasco a Bologna nel '68 e ci vivo ancora, mi sono solo spostato in campagna. Dopo una folgorante sfilza di in-successi in svariati mestieri, mi sono arreso: farò lo scrittore, o morirò nel tentativo.
Ho pubblicato un romanzo e un centinaio di racconti. Per ora.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.