Finestre sul mondo di Matteo Pericoli. Sguardi sul tempo.

Finestre sul mondo, Cover
Finestre sul mondo, Cover

Alle 16.30 di una domenica uggiosa, tra poco pioverà, il Festival della letteratura di Viaggio a Villa Celimontana ci sorprende ancora. Stavolta con Matteo Pericoli, scrittore e disegnatore, che lievemente, racconta di un libro Finestre sul Mondo EDT edizioni, fatto di suoi disegni e di racconti di 50 scrittori nel mondo su ciò che vedono, percepiscono, sentono guardando dalla propria finestra.

Tutto inizia da una situazione comune, un trasloco; dovendo abbandonare la stanza (e la finestra) dove ha vissuto per sette anni a New York, l’autore è preso da uno smarrimento.
Come portare con sé tutte le cose viste da quella finestra? Quel pezzo di città mai eguale, che cambia a seconda di come mi sento, se sono alla scrivania o in piedi, se muovo qualche passo? Non parla della prospettiva fisica, c’è in quel vedere inavvertito e costante qualcosa di più. Cosa perderò del mio vissuto andando via, si chiede.

E allora prova a fotografare la vista da quella finestra, molte foto che però non funzionano per lui, gli restituiscono le immagini, ma non il sentire, la percezione, la contemplazione quasi meditativa di ciò che vede. Il passo successivo è disegnare la vista su un enorme rotolo di carta da pacchi. E poi continuare per anni a disegnare viste di New York dalle finestre, un rapporto che ci rimanda a un mondo interiore complesso e che lo riguarda anche come scrittore, fermo per giorni alla scrivania, in una stanza.

Chiede allora a 50 scrittori di raccontare le loro “viste”, quello che gli scrittori vedono – o chiudono – fuori dalla finestra del loro studio, quando sollevano la faccia dal computer e affianca ai loro racconti i suoi disegni, realizzandoli con penna e inchiostro e lavorando su decine di istantanee per ogni finestra.

Pericoli ha creato così le sue e le loro “visioni”, poiché da quelle finestre si vede una realtà e però nel disegno e nel racconto si produce una finzione, un punto di vista che non è mai lo stesso e non è certo oggettivo.

Da questa intuizione nasce nel 2010 una rubrica sul New York Times e poi sul Paris Rewiew Daily, dal titolo Windows on the world, che era anche il nome del ristorante sopra le Torri gemelle, ci ricorda Tommaso Giartosi come se, a poca distanza dal decennale del lutto, servissero per elaborarlo le immagini di un’altra New York.

Nel libro trovate testi di Pamuk, Murakami, Gordimer, Ala Al Aswani e tanti altri e le immagini di ciò che vedono dai loro studi, un punto di vista più intimo e insieme più spazioso.
Colpisce la sintesi netta di Pericoli “le finestre nei contesti urbani sono buchi dentro scatole che ci aprono – e separano – dalla città e da chi la abita”. Offrono infinite sfumature urbane che nessuna pianta in scala o modello architettonico può fornire: è una città non da cartolina, ri/nasce da quello che noi siamo capaci di vedere se ci fermiamo, se ci lasciamo andare al flusso delle infinite cose che non sappiamo di aver visto, ma che abbiamo guardato per anni. In qualche modo l’arte di raccontare della nostra finestra è anche parlare di come viviamo, dei tempi veloci e lenti, dell’attenzione verso ciò che accade, del non dare per scontato (dunque inutile) ciò che avviene. Non sarà casuale che questo “cosa vedi dalla tua finestra” fatto nelle scuole elementari, abbia prodotto commoventi e imprevedibili racconti sulla vita dei bambini.

Ci sarebbero molte altre suggestioni, l’oggetto osservato e chi osserva produce qualcosa che non è solo una somma, ma è di più, che il tempo in cui ci fermiamo a guardare cambia le immagini e forse ciò che siamo.
Oppure si potrebbero notare le assonanze, la più semplice quella del non citato film capolavoro La Finestra sul Cortile.

Avevo previsto di scrivere di un altro autore, ma sono rimasta catturata da questo incontro. Così mentre andavo via da Villa Celimontana, con una pioggerellina cortese come questo Festival, pensavo che dieci anni fa ho cambiato casa solo per passare dal primo all’ottavo piano, per guardare il cielo più vicino la notte, e avere una “vista” da un piccolo balcone, che continuo a guadare senza mai ritrovarla eguale, dove continuo a perdermi e ritrovarmi, come succede a molti.

Sì, gli incontri nella letteratura non sono mai causali.

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Maria Giordano, romanissima, adolescente innamorata della politica - il primo amore non si scorda mai, ma non si sposa- Fino al 2003 ho diretto, ideato, organizzato eventi e servizi culturali e informativi e mi sono a lungo occupata di comunicazione pubblica, diritti di cittadinanza e trasparenza. Ora dirigo il portale web di un azienda pubblica. Medito per resistere.  Accanita (complusiva) lettrice, m'incanto ancora per un film, uno spettacolo, un quadro. Penso che le arti siano, come la meditazione e la solidarietà verso l'altro, formidabili ganci per ritrovare un senso. O almeno provarci.

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