La fotografia di una volta misurava il tempo della sua consunzione non solo nelle mutazioni intervenute frattanto nel paesaggio o nell’atteggiamento e nell’abbigliamento delle persone effigiate. Era la carta su cui erano stampate le immagini a decretare, nell’ingiallimento progressivo dei toni o in qualche erosione, la difficoltà di conservare e documentare ai posteri l’incorruttibilità di un attimo.
Ai dagherrotipi, ai successivi scatti in bianco e nero e a certe iniziali applicazioni del colore poteva toccare in sorte ( se non si prendevano le opportune precauzioni ) il medesimo degrado. Ma il rammarico può essere mutato in interessante opportunità di lettura e di rinascita di quelle folgorazioni, private della freschezza iniziale, attribuendo a loro una nuova vita, una interessante rinascita, una soluzione percettiva che ci possa riguardare da vicino. Tutto questo per merito di Karlos Pérez che riesce a recuperare certe preziosità legate a vecchie fotografie per proiettarle nell’oggi sottolineando l’ineguagliabile pregio e valore della memoria, troppo spesso trascurata da una società che si nutre preferibilmente di un oggi in perenne fuga da sé e da noi che lo viviamo sovente con superficiale frenesia.
Infatti l’artista cubano prende come pretesto quelle icone (ovvero il loro spirito di intrigante reliquia ) e interviene su di esse pittoricamente per recuperarne e per rinnovarne il valore espressivo. (…) Pérez trasforma dunque l’immagine scandita da un passato più o meno remoto in un evento percettivamente (direi quasi tattilmente ) attuale nella sua perenne fragilità o precarietà emozionale. Si tratta di un qualcosa che ci appartiene ma che sembra perennemente sulla via dell’evanescenza, di una progressiva sparizione in avanti ovvero in quella modulata delicatezza del colore che nel frattempo l’immagine ha conquistato.
Ne deriva una specie di ectoplasma o di ombra che ci appartiene e ci segue, che possiamo afferrare ( nonostante la concreta, emergente sovrapposizione dei pigmenti ) solo attraverso lo sguardo del desiderio. Per chi osserva si erge, tra lui e l’immagine, un limbo di magica sospensione. Infatti queste figure lievitano dall’impasto della materia, da una sorta di fioritura di sostanza che parrebbe l’anticamera della definitiva scomparsa. Invece si impongono in un galleggiamento spaziale che evidenzia certe sottolineature pittoriche decretate dall’artista che in tal modo inserisce un ulteriore motivo di curiosità alla primitiva interpretazione. (…)
D’altronde la memoria, quando viene sollecitata da certi paralleli momenti della contemporaneità, riesce a trovare sorprendenti punti di comunione o di allusione. Nella memoria ripetuta si assapora un personale profumo di eternità. E questo è il seme che Karlos Pérez inserisce nel terreno fertile di un continuo recupero emozionale che contraddistingue il suo coinvolgente impegno pittorico.
Info mostra
- Karlos Pérez. La seduzione della memoria
- A cura di Eriberto Bettini
- Testo critico Luciano Caprile
- Palazzo della Cancelleria
- Piazza della Cancelleria, Roma
- 8 – 24 ottobre 2017 -orario: dal lunedì alla domenica dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 15:00 alle 18:00 -ingresso libero
- L’esposizione gode del patrocinio dell’Ambasciata di Cuba presso la Santa Sede e del Pontificio Consiglio della Cultura
- Sponsor dell’evento sono: Bettini & Co Gallery, Banca Mediolanum, Medi.ca
La cultura della contemporaneità nelle sue molteplici declinazioni
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