IndipendenteMente #1. Ordo Mortis: una voce narrante che trascina il lettore

immagine per Salvatore Conaci
Ordo mortis del giovane scrittore calabrese Salvatore Conaci

«[…] Guardò fuori dal finestrino. Tutti gli elementi di quel paesaggio rurale arrivavano e sparivano in un lampo. Gli alberi, i colori caldi sfumati e confusi, i casolari, sembravano violentare quel dannato vetro: arrivavano, imponevano la loro immagine su di esso, violando la sua trasparente natura e scappavano via, come per non essere riconosciuti, per non essere raggiunti da chi avrebbe potuto chiedere giustizia».

Il romanzo Ordo mortis (WritersEditor) del giovane scrittore calabrese Salvatore Conaci è una azzeccata mistura alchemica in cui vengono mescolate le fosche tinte del thriller psicologico, le speculative trame di un racconto esoterico e la suspense del genere horror.

La storia coinvolge il lettore trascinandolo per le viuzze di un paese calabro in cui tutto è celato da un omertoso, tacito mistero. La tensione che si percepisce, immersi nella lettura, è palpabile: ci si lascia piacevolmente affascinare dalla scrittura di Salvatore Conaci, che porta alla luce ed evidenzia tutte le potenzialità dell’autore.

Conaci usa un linguaggio a tratti poetico, a tratti forbito, ma mai inopportuno in quanto funzionale alla narrazione, ed è questo uno dei motivi per il quale il libro risulta essere al contempo piacevole e scorrevole.

Lo scrittore non utilizza la crudezza di descrizioni splatter tipiche del genere horror per catturare il lettore, ma predilige costruire la narrazione attraverso piccoli particolari descrittivi e disturbanti che, come i tasselli di un puzzle, si incastrano perfettamente amplificando l’effetto suspense.

Seppure il romanzo risulti essere di primo acchito breve con le sue centocinquanta pagine, nel leggerlo ci si rende conto che la struttura narrativa è stata ben architettata e che nulla è stato lasciato al caso, dalla psicologia dei personaggi, alla scelta dell’ambientazione calabra, fino all’utilizzo di un particolare registro di linguaggio, e tutto ciò conferisce spessore e densità alla storia.

Le citazioni latine, ad esempio, non arrecano inciampi nella lettura, e non solo vengono tradotte con dovizia, ma anche spiegate, e diventano delle chiavi di volta che permettono di svelare, pagina dopo pagina, gli abominevoli misteri che si celano dietro le porte serrate del borgo montano.

Ad esempio il motto latino memento mori invece di essere d’ispirazione a vivere con rettitudine la vita, in quanto breve, assume i connotati di una maledizione, e nel romanzo essa grava sul protagonista come una spada di Damocle, e riesce nell’intento di inquietare e angosciare.

La voce narrante trascina il lettore negli aberranti deliri di ancestrali rituali campestri che lordano, peccaminosi e delittuosi, lo sperso paesino di montagna sul quale un’antica e oscura congrega, vocata al male, domina incontrastata.

Ordo mortis di Salvatore Conaci è un romanzo da leggere tutto d’un fiato al crepuscolo, magari in una vecchia casa di campagna isolata durante una nevicata, seduti su di una vecchia e cigolante sedia a dondolo.

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