IndipendenteMente 5#. Il sangue di San Francesco: il prodigio della liquefazione nel libro di Massimo Santilli | di Ilaria Perbani

immagine per Massimo SantilliMassimo Santilli inizia la sua proficua attività di ricerca in ambito storico e antropologico con particolare riguardo alla Valle Subequana e all’Abruzzo montano.

Il suo è un appassionante viaggio nell’Italia delle reliquie francescane, dal Santuario della Verna ad Assisi, da Padova a Bologna e Castel Bolognese, da Ascoli Piceno a Castelvecchio Subequo in provincia dell’Aquila, passando per Piedimonte Matese in provincia di Caserta e, quindi, da Napoli a Roma.

Un itinerario che consente, così, di ammirare veri capolavori d’arte in cui trova sede la memoria e la potenza spirituale del Poverello di Assisi, e di cogliere la percezione che si è avuta dei sacri resti dai secoli passati fino ai giorni nostri.

Il sangue di Francesco [Edizioni: ATS – Archivio Tradizioni Subequane] racconta un percorso che, da Nord a Sud, ha colmato un vuoto di ricerca e  permesso di raccogliere materiali, anche inediti, sulla reliquia più importante del Santo Patrono d’Italia: il suo sangue stimmatizzato.

Tra gli episodi principali, quello di Castelvecchio Subequo (è il capitolo più lungo), dove nel 2013 i resti ematici di una delle reliquie più preziose del patrimonio francescano si sarebbero liquefatti.

La storia della teca risale agli anni tra il 1216 e il 1222, quando San Francesco si fermò a Castelvecchio, prima di proseguire verso la Marsica.

Il Santo fu ospitato dai Conti di Celano nel castello di Gagliano i quali, più tardi, donarono la reliquia al convento di Castelvecchio. La costruzione dell’edificio fu avviata tra il 1221 e il 1261, consolidando la devozione francescana della comunità locale.

Il volume di Santilli è un’indagine sulla teologia e sulla geografia dei cimeli del Santo da un punto di vista storico-religioso e antropologico degno d’interesse.

Il culto del sangue del Poverello d’Assisi non può considerarsi un’usanza folkloristica tipico di certi culti popolari, ma strumento che ridisegna l’identità delle comunità e le unisce.

Lo studio dell’autore è, dunque, stimolante perché offre un approccio multidisciplinare al fenomeno e mostra come la storia può rivelarsi ricca e complessa.

 

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