L’arte come paradigma. Sandro Mele da AlbumArte. Contributo

immagine per Sandro Mele
Sandro Mele da AlbumArte

Ho riflettuto parecchio su come iniziare questo breve testo che cercherà di raccontarvi le ragioni e, almeno in parte, il senso delle immagini e degli oggetti che vedete.

Il trauma prodotto dal Covid-19 e dal confinamento conseguente che abbiamo vissuto, lavora ancora dentro noi, instancabile nella sua capacità di fondersi alle molecole esistenziali del nostro quotidiano interiore ed esteriore, e questo al di là dei dati altalenanti sull’espandersi e contrarsi del contagio.

Il trauma ha tracciato una separazione tra quello che eravamo e quello che siamo, ma forse ancora di più nei confronti di quello che saremo.

Quindi, a proposito di come dare inizio a questo testo, l’invito che rivolgo tanto a voi quanto a me, è quello di non fare finta di nulla, di non cercare di neutralizzare il trauma relegandolo al passato, perché quello non è, e non è mai stato, il suo posto, dato che i processi inconsci sono in sé atemporali, come già sosteneva Freud nel 1920 (Al di là del principio del piacere), in questo mai davvero smentito dai suoi prosecutori e antagonisti.

Il trauma che abbiamo vissuto continua dunque ad accompagnarci in un presente che trova così nuove ragioni al suo attuale configurarsi come continuo ed espanso su passato e futuro.

Paradigma è innanzitutto questo: una mostra (di Sandro Mele. n.d.R.) sul presente nel quale siamo, ma soprattutto su ciò che di significativo permane in esso del passato e di quanto di contro è già futuro.

Pensata, progettata e iniziata a realizzare alla fine del 2019, Paradigma è stata inesorabilmente assorbita dagli accadimenti, acquisendo un’appartenenza di senso rispetto ad essi tanto immediata quanto imprevedibile.

L’idea di un modello al quale fare riferimento per quello che s’immaginava come una ricostruzione post, che sin da subito più di qualcuno definì come simile al dopoguerra, ha creato un cortocircuito fulminante tra i ritratti dei 75 componenti della Commissione per la scrittura della Costituzione e appunto la necessità di trovare una reminiscenza salvifica per superare quello che ci stava capitando.

I loro ritratti disposti ad occupare l’intera superficie di tutte le pareti, diventano la nostra platea, impediti nello sguardo da fasce bianche che se da una parte sono il segno di un disagio verso il nostro presente, dall’altra hanno l’effetto di attenuare il carattere dei singoli trasformandoli in una comunità tesa al raggiungimento di un unico obiettivo.

Noi guardiamo loro, mentre loro stessi non possono vederci, invitandoci al riascolto del discorso sulla Costituzione che Piero Calamandrei, membro della Commissione, tenne agli studenti della Cattolica di Milano il 26 gennaio del 1955. È un discorso che ha molta attinenza con l’oggi e che proprio nelle prime battute esprime un concetto ancora decisivo per il nostro presente:

“Nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti. Esso dice: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che, limitando di fatta la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese».”

Cos’altro ci dobbiamo aspettare oggi? cos’altro dobbiamo pretendere oggi? dopo che il contagio ha dimostrato che la “normalità” di prima poggiava su diseguaglianze non più accettabili, non più sostenibili per la vita e lo sviluppo della nostra comunità. Se ci pensate, aver votato proprio due giorni fa su una modifica della Costituzione, immedesima istantaneamente questa platea e questo sonoro a noi, al nostro adesso.

Un presente al quale si rivolge questa stessa platea dipinta in un bianco e nero aspro, sofferente della fatica del quotidiano, e che da una parte ha davanti il pavimento dello spazio, sul quale si dispone l’installazione intitolata Piazza, formata da una costellazione di caschi da motociclista, ipotesi e simbolo dell’autodifesa nelle manifestazioni, trasformati in fioriere con vegetali da coltivare, proprio come la speranza; mentre dall’altra ha il video Certosa 2020, che mostra come l’azione politica della comunità del quartiere Villa Certosa di Roma, nei pressi di Torpignattara, si faccia carico dei bisogni delle persone, sopperendo all’assenza delle istituzioni. Ma soprattutto di come i margini siano espressione oggi di una reale centralità politica, divenendo il vero spartiacque tra prima e adesso, ma ancora di più con quello che immaginiamo sarà il dopo.

“L’arte che è politica”, l’arte che realizza Sandro Mele, non è semplice testimonianza, rappresentazione, ma è elemento costituente di una realtà che si dispiega in un presente che è oggi un deposito attivo e praticabile del passato come del futuro.

“L’arte che è politica” non cambia le cose, ma di-mostra quanto e come sia necessario cambiarle, divenendo essa stessa un modello, un paradigma, del cambiamento necessario.

Sandro Mele è nato a Melendugno (Lecce) nel 1970. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, vive e lavora a Roma, dove ha collaborato con l’artista Fabio Mauri. Il lavoro di Mele è incentrato sulla riflessione delle attuali dinamiche politiche e sociali. Tra le sue principali mostre personali ricordiamo “Spunti per l’avvenire”, Galleria Art Forum di Bologna nel 2016, “A qui todo bien” alla Galleria Canal|05 di Bruxelles nel 2015, “The American Brothers” alla galleria Michela Rizzo di Venezia nel 2013, “Lucha” alla Fondazione Volume di Roma nel 2010. Tra le sue principali pubblicazioni ricordiamo “Far (west) Away”, Maretti Editore, 2015, “GASNERO”, Maretti Editore, 2018.

Info mostra

  • Paradigma | Mostra personale di Sandro Mele
  • a cura di Raffaele Gavarro
  • Inaugurazione mercoledì 23 settembre: ingresso contigentato su prenotazione* dalle 18.30 alle 21.30
  • Apertura al pubblico: 23 settembre – 31 ottobre 2020 | ingresso gratuito contingentato
    Tutte le attività pubbliche saranno svolte nel rispetto del divieto di assembramento di cui all’articolo 1, comma 8, primo periodo, del decreto-legge 16 maggio 2020, n°33, e alla distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, uso di mascherina obbligatorio, misurazione temperatura corporea e igienizzazione delle mani. Obbligo di rintracciabilità.
  • Orari: dal martedì al sabato, ore 15.00 – 19.00
  • AlbumArte | via Flaminia 122, Roma
  • +39 06 24402941 |  info@albumarte.org  |  www.albumarte.org
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